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Gianluca Di Feo per "Espresso.repubblica.it"
Quella della 'ndrangheta è un'ombra che si allunga fino al piano più alto del Pirellone. L'arresto dell'assessore Domenico Zambetti, accusato di avere comprato i voti delle cosche, non ha colto di sorpresa il vertice della Regione. Stando agli atti d'inchiesta, da molto tempo la questione preoccupa il governatore più delle indagini per corruzione che hanno fatto finire in cella i suoi compagni di vacanze.
Nello scorso aprile infatti Roberto Formigoni incontra Mario Mori, l'ex comandante del Ros nominato consulente per la sicurezza dell'Expo. Alla vigilia del colloquio, Mori chiama Giuseppe De Donno, suo braccio destro nei ranghi dell'Arma: i loro telefoni però sono sotto controllo per l'istruttoria sulla trattativa Stato-mafia.
Il generale parla di Formigoni e chiede: «Ha qualche problema particolare? Oltre alle intercettazioni?» De Donno, che adesso si occupa di security privata, replica: «Io l'ho incontrato a Milano la settimana scorsa e chiaramente lui era molto preoccupato, perché oltre a quanto già successo, ci sono notizie di altre cose che stanno per arrivare. Molto pesanti». E precisa: «Tra l'altro adesso cominciano ad uscire fuori, anche implicazioni di contatti molto pesanti con problemi di 'ndrangheta».
Ma i documenti processuali riportano un altro misterioso tentativo, condotto per conto di Formigoni, di ottenere notizie sulle indagini per mafia nei confronti di politici della giunta lombarda. E' stato ricostruito nel corso dell'inchiesta sulla cosiddetta P3, la gang che cercava di pilotare processi e nomine. Pasqualino Lombardi, il giudice tributario irpino dalle mille relazioni, aveva creato un rapporto stretto con il Celeste. I due si sentono al telefono, poi Lombardi incontra l'avvocato di Formigoni e cerca di intervenire su alcune cause che stanno a cuore al leader del centrodestra lombardo.
Più volte Pasqualino Lombardi manifesta al procuratore aggiunto di Milano Nicola Cerrato la possibilità di ottenere un incarico di rilievo nella giunta del Pirellone, attribuendo la proposta al governatore. Poi nel marzo 2010 si presenta da Cerrato, sempre a nome del governatore, chiedendo informazioni «onde evitare di inserire nelle liste persone coinvolte nelle indagini». «Io risposi che non avevo nessun titolo per dare quelle informazioni», dichiara il magistrato nella sua deposizione come testimone, «e Lombardi mi chiese se si poteva contattare a quello scopo la Boccassini. Io esclusi una simile eventualità ».
La ricostruzione del procuratore aggiunto è dettagliata: «Ricordo che Lombardi fece riferimento ad alcuni nomi per sapere se si trattava di persone affidabili o se fossero collegate ad ambienti malavitosi collegati alla 'ndrangheta. Fra i nomi ricordo che vi era un certo Ponzoni, persona già notoriamente coinvolta in vicende giudiziarie sui rifiuti insieme alla moglie di un certo Abelli, personaggio di spicco dell'entourage di Formigoni.
I nomi che Lombardi mi fece erano candidati a consigliere o assessore regionale. L'impressione che io ebbi è che Lombardi volesse davvero interessarsi nell'interesse genuino di Formigoni». La lista comprendeva Ponzoni, Maullo, Buscemi, Giorgio Pozzi, Boni, Abelli. Tutte figure chiave del Pdl lombardo, ma finora non coinvolte in procedimenti per mafia. Da cosa nascevano quelle preoccupazioni?
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