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Marco Respinti per “Libero Quotidiano”
DONALD TRUMP MOSTRA LE MANI E GARANTISCE SUL SUO PISELLO
Voto dopo voto, le primarie del Grand Old Party si ripetono uguali a se stesse. Donald Trump vince sempre più degli altri, ma anche gli altri vincono sempre qualcosa. Trump catalizza circa un terzo dell' elettorato che sinora ha scelto di votare per i Repubblicani (certi elettori storici del Gop e un certo numero di "indipendenti"), ma gli altri si dividono il resto, che è molto di più. Da solo, nessuno può immaginare di battere Trump. Perché il tema del giorno dei Repubblicani è questo: come fermare Trump. Contro di lui si sono schierati moltissimi pezzi grossi del movimento conservatore (che comunque continua a non coincidere con il Gop).
Poi i cattolici di destra. Adesso anche i neoconservatori, il "partito della guerra" contro il terrorismo dell' era George W. Bush Jr.. E pure lo stato maggiore dello stesso Partito Repubblicano. Ma non basta. Trump continua a vincere: non esattamente tutto quello che si aspettava, ma molto, e molto più degli altri. A questo punto il Gop ha a disposizione due strategie.
La prima è quella di spingere Ted Cruz, Marco Rubio e John Kasich (gli altri candidati che in misure diverse continuano a erodere pezzi importanti delle vittore di Trump) a unire le forze. Non semplicemente chiedendo a due di loro di ritirarsi per convergere sul terzo che resta, ma impegnandoli tutti in uno sforzo corale, e proprio questa è la parte difficile, forse la missione impossibile. La seconda chance è puntare su quella che in italiano chiamiamo "Convenzione aperta".
Durante le primarie, il voto popolare elegge i delegati vincolati (bound) ai candidati in lizza che alla Convenzione nazionale di partito designeranno ufficialmente lo sfidante presidenziale. Le primarie eleggono anche un certo numero di delegati non vincolati (unbound), liberi alla Convenzione di scegliere chi vogliono. Con libertà di voto ci sono anche i "superdelegati" (chiamati così impropriamente), cioè i capi del partito nei diversi Stati. Per ottenere la nomination occorre la metà più uno dei delegati totali; a quel punto la Convenzione non fa che ratificare l' esito delle primarie.
chris christie sostiene donald trump
Se però nessuno ottiene il quorum, è la Convenzione che decide. È la cosiddetta contested Convention. Alcuni delegati vengono liberati dal vincolo che li lega ai vari candidati e si vota. Se la paralisi persiste, si apre la brokered Convention (da broker, "agenti", "procacciatori"), un termine passé per alludere agli accordi fra i boss del partito e magari a certi sotterfugi.
Casi rari, ma è già successo: l' ultima volta nel 1976 con Gerald Ford e Ronald Reagan, solo che allora Ford, che nelle primarie era in lieve vantaggio su Reagan, passò al primo scrutinio. La Convenzione nazionale del Gop si svolgerà quest' anno a Cleveland, in Ohio, dal 18 al 21 luglio. I delegati totali saranno 2472. Il numero necessario a ottenere la nomination è fissato a 1237.
Oggi però tutti i Repubblicani in corsa sono lontani da questa cifra. Dopo il voto dell' 8 marzo in Michigan, Mississippi, Hawaii (vinti da Trump) e Idaho (vinto da Cruz), Trump conta 458 delegati, Cruz 359, Rubio 151 e Kasich 54. La somma degli ultimi tre batte nettamente Trump, ma la strategia adottata dal GOP sembra essere un' altra, il logoramento. Nessun ritiro sino alla fine per arrivare appunto alla "Convenzione aperta" e licenziare Trump. Finora ha funzionato perché i delegati sono quasi sempre stati assegnati con sistema proporzionale.
Il punto di svolta potrebbe però venire il 15 marzo: il North Carolina assegnerà 72 delegati proporzionalmente, ma Florida, Illinois, Missouri, Isole Marianne Settentrionali e Ohio 295 in un solo colpo con il criterio "chi vince prende tutto". Trump è dato sempre per favorito. Se ottiene tutti i delegati, compie un balzo enorme anche se ancora non definitivo. Ma se per caso almeno Rubio vincesse la Florida, che è il suo Stato (oppure lo facesse Cruz), e Kasich l' Ohio, dov' è governatore, la prospettiva della "Convenzione aperta" sarebbe palpabile.
A quel punto il GOP nominerebbe tutti tranne che Trump, forse persino un jolly "esterno". Qualcuno ha ripetutamente fatto il nome di Mitt Romney. Sarebbe legittimo, ma sarebbe un guaio. Ignorare Trump (che comunque avrebbe la maggioranza relativa dei delegati) scatenerebbe la bagarre, e un candidato alla Casa Bianca scelto nelle stanze chiuse del partito in barba agli elettori sarebbe una posizione debolissima che contro i Democratici l' 8 novembre già odora di sconfitta.
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