DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
1- IL PM DI PALERMO RISPONDE ALL'EDITORIALE IN DIFESA DI NAPOLITANO: "SCALFARI NON CONOSCE LE LEGGI"
Da "Radio 24"
"Eugenio Scalfari? Dispiace che un padre del giornalismo italiano sia incorso in questo grave infortunio dimostrando di non conoscere le più elementari regole della procedura. Lui ci accusa di non rispettare la Costituzione. Si informi, ma non è laureato in giurisprudenza e glielo possiamo perdonare". Così Antonio Ingroia, sostituto procuratore a Palermo, alla Zanzara su Radio24, dopo le critiche ricevute dal fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari per le intercettazioni a Nicola Mancino che hanno coinvolto anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Ma Napolitano gode di una protezione speciale, in quanto presidente, chiedono i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo? "Un giudice non può decidere a capocchia di fare quello che vuole delle intercettazioni - dice Ingroia - ma c'è una procedura che è stata rispettata. Quelle sono intercettazioni legittime e il Presidente della Repubblica ha le stesse garanzie dei parlamentari per le intercettazioni indirette".
Poi Ingroia parla della vicenda De Gennaro-G8. "La legge va applicata anche nei confronti degli uomini migliori - dice Ingroia - ma la solidarietà dell'ex capo della polizia De Gennaro nei confronti dei poliziotti condannati è normale, comprensibile. Non la trovo inopportuna. Gli uomini condannati sono persone valide, alcuni li ho conosciuti anch'io".
2- IL PROCURATORE E LE INTERCETTAZIONI DI NAPOLITANO
Eugenio Scalfari per "la Repubblica"
Il procuratore di Palermo Francesco Messineo replica all´editoriale di Eugenio Scalfari che definisce «un illecito» le intercettazioni delle telefonate tra Nicola Mancino, indagato per la trattativa Stato-mafia, e il presidente Napolitano. Per Scalfari, l´intercettazione andava interrotta e la trascrizione distrutta. «Nell´ordinamento attuale - ribatte Messineo - nessuna norma prescrive o anche soltanto autorizza l´immediata cessazione dell´ascolto e della registrazione. Alla distruzione si procede esclusivamente previa valutazione della irrilevanza e con la autorizzazione del gip, sentite le parti».
«Dispiace - commenta il procuratore aggiunto Antonio Ingroia che un padre del giornalismo italiano sia incorso in questo grave infortunio, ma non essendo laureato in giurisprudenza glielo possiamo perdonare».
Neanche io, come il procuratore capo di Palermo, dottor Messineo, ho intenti polemici. Nella materia in questione suppongo che il dottor Messineo ne sappia molto più di me vista la professione e il ruolo che ricopre. E pertanto chiedo a lui.
1. L´articolo 90 della Costituzione parla con molta chiarezza delle prerogative del capo dello Stato. O c´è invece un margine di incertezza e di discrezionalità in proposito da parte delle procure della Repubblica?
2. Il capo 2° della legge 5 giugno 1989 n° 219 è intitolato "Norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall´articolo 90 della Costituzione".
3. Il secondo e terzo comma dell´articolo 7 della suddetta legge concernono i reati ministeriali e i provvedimenti di intercettazioni telefoniche e perquisizioni personali o domiciliari. Per i reati ministeriali il comma 2 del suddetto articolo prescrive che quei provvedimenti debbono essere deliberati dal comitato previsto dalla legge ma il comma 3 recita testualmente: «Nei confronti del presidente della Repubblica non possono essere adottati i provvedimenti adottati nel comma 2 se non dopo che la Corte Costituzionale ne abbia disposto la sospensione dalla carica». Forse questa legge è stata nel frattempo abolita? O è tuttora in vigore? Messineo ne sa più di me e dunque ce lo dica.
4. La Corte Costituzionale, con sentenza del 24 aprile 2002 n° 135 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell´articolo 266 del Codice di procedura penale che si riferisce agli articoli 3 e 14 della Costituzione.
5. Infine il dottor Messineo afferma che quando una conversazione intercettata è irrilevante agli effetti processuali, di essa si dispone la distruzione con decisione del gip e sentite le parti. Poiché in una recente intervista il sostituto procuratore Ingroia ha dichiarato l´irrilevanza della conversazione Napolitano-Mancino ai fini processuali, chiedo al capo della procura di Palermo se la procedura di distruzione di quell´intercettazione sia stata avviata oppure no e in questo secondo caso perché.
3- LEI NON SA CHI ERO IO
Marco Travaglio per il "Fatto quotidiano"
Ogni giorno che passa, da quando s'è scoperto che il presidente Napolitano e il consigliere D'Ambrosio si erano messi in testa di dirigere le indagini sulla trattativa al posto della Procura di Palermo, si spalanca una nuova frontiera del diritto.
Galli della Loggia s'intenerisce perché Mancino, nelle telefonate al Colle, era "per nulla tranquillo", anzi in preda alla "paura di essere incastrato" dal lupo cattivo: ergo vanno riformati "i meccanismi dell'Accusa" e "il modo di essere dei suoi rappresentanti" per restituire a tutti i Mancini un po' di serenità .
Sempre sul Corriere, il prof. Onida spiega che, siccome 20 anni fa Conso e Mancino erano ministri, la Procura "deve trasmettere gli atti entro 15 giorni, âomessa ogni indagine', al tribunale dei ministri" per "l'archiviazione o l'autorizzazione a procedere della Camera competente". E pazienza se i due sono indagati per aver mentito sotto giuramento nel 2011-2012, da pensionati: come il diamante, anche il ministro è per sempre. Il famoso principio costituzionale del "lei non sa chi ero io".
Ora Eugenio Scalfari bacchetta il Fatto per aver invitato Napolitano a render pubbliche le sue telefonate con Mancino intercettate sull'utenza di quest'ultimo; e accusa la Procura di Palermo di delitti gravissimi, subito segnalati al Pg della Cassazione perché li punisca con "eventuali procedimenti disciplinari".
Questi: "Quando Mancino... chiese al centralino del Quirinale di metterlo in comunicazione col Presidente, gli intercettatori avrebbero dovuto interrompere immediatamente il contatto. Non lo fecero" e fu "un gravissimo illecito... ancor più grave quando il nastro fu consegnato ai sostituti procuratori i quali lo lessero, poi dichiararono che la conversazione risultava irrilevante ai fini processuali, ma anziché distruggerlo lo conservarono in cassaforte".
Una "grave infrazione compiuta dalla procura la quale deve sapere che il Capo dello Stato non può essere né indagato né intercettato né soggetto a perquisizione... Si tratta di norme elementari della Costituzione e trovo stupefacente che né i procuratori interessati, né i giudici, né i magistrati preposti al rispetto della legge, né gli opinionisti esperti in diritto costituzionale abbiano detto una sola sillaba".
Purtroppo, almeno finora, le ricerche delle "norme elementari della Costituzione" che impongono all'intercettatore di fermare le macchine appena l'intercettato chiama il Quirinale, si sono rivelate vane. L'ha spiegato a Scalfari uno stupefatto procuratore Messineo. Quando il pm chiede e il gip dispone di intercettare un telefono, non sa chi chiamerà o da chi verrà chiamato. E l'"intercettatore" esiste solo nella "Concessione del telefono" di Camilleri: oggi c'è un'apparecchiatura leggermente più avanzata, che registra in automatico l'intero traffico su una linea telefonica per tutta la durata del decreto (un mese e mezzo).
Per legge, nessuno - né l'agente, né il pm - può distruggere alcunché prima che lo dica il gip, a fine indagine, dopo aver messo a disposizione delle parti interessate tutto il materiale, penalmente rivelante o irrilevante. Questo per evitare che venga distrutta una telefonata utile al pm o alla difesa. D'Ambrosio ha già chiesto a Palermo le trascrizioni delle sue telefonate con Mancino.
E lo stesso può fare, volendo, Napolitano. Va però riconosciuto che anche il Codice Scalfaritano ha il suo fascino: si infila un omino piccolo piccolo armato di registratore nel telefono da intercettare e lo si allena a riconoscere la voce del Presidentissimo, oltreché a vegliare giorno e notte senza mai addormentarsi; così, appena si appalesa la Vox Dei, zac! L'omino scatta sull'attenti, sventola il tricolore, intona l'inno di Mameli, intanto spegne o distrugge l'aggeggio con agile mossa e si strappa le orecchie per non sentire; se non è abbastanza lesto e gli capita di auscultare qualcosa, si mangia il nastro e, per non lasciare testimoni, s'inabissa nel triangolo delle Bermude.
SCALFARI NAPOLITANOSCALFARI E NAPOLITANO ALLA FESTA DEL 2 GIUGNOAntonio Ingroia NICOLA MANCINO DE GENNARO IL PROCURATORE FRANCESCO MESSINEO LORIS D AMBROSIOMARCO TRAVAGLIO ingroiaERNESTO GALLI DELLA LOGGIA Giovanni Conso
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