DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL…
Alberto Mattioli per “la Stampa”
Sul pratone, il folklore c’è ancora tutto: bandiere e vaffa, salamelle e Soli delle Alpi, cornamuse e cartelli «Salvini da clonare», magliette «+rum -rom» e «BanZaia», vichinghi in verde e Alessandro, 26 anni di Induno Olona, in divisa da combattimento con tanto di elmetto dell’Fsb, l’erede del Kgb, in omaggio a Putin, «figura carismatica».
Quest’anno va molto la ruspa: una vera è parcheggiata sull’erba, molte giocattolo sono brandite dai militanti, moltissime sono riprodotte sulle t-shirt, compresa quella di Matteo Salvini: «La ruspa non la uso per i rom ma per il governo, che è più pericoloso. Prima mandiamo a casa Renzi e poi sgombriamo i campi rom», insomma prima il dovere e poi il piacere.
Ci sono anche tutti i soliti noti, con passerella finale per i due governatori. Roberto Maroni è acclamato quando annuncia che spedirà l’Asl a controllare gli immigrati; Luca Zaia perché in Veneto non ha vinto ma ha stravinto.
E infatti i veneti sono più gasati dei lombardi: dove c’è Zaia c’è gioia. Parla anche Bossi, ormai rottamato ma sempre indomito e pure un po’ iettatorio: «Il futuro è fosco, fra qualche anno sarà guerra civile». La famiglia leghista lo accoglie come un vecchio zio che si ama ma che non si vede l’ora che finisca, perfino con qualche «basta!» nemmeno troppo sottovoce.
E fin qui, tutto come da copione. Le novità sono due. La prima è il debutto di «Noi con Salvini», la Lega 2 che, dalla Toscana in giù, dovrebbe allargare i confini politici e geografici della Lega 1. Ci sono, ma non tantissimi: 300 siciliani, un po’ di pugliesi, una colonna abruzzese.
Però fa effetto sentire sul palco di Pontida l’accento pugliesissimo di Simonetta Alita, 22 anni, neoconsigliera comunale ad Andria, o quello campano di Nicola Marotta, primo sindaco di «Noi con Salvini», eletto a Roccagloriosa, provincia di Salerno. A proposito di palco: lo slogan è «Siamo qui per vincere». Padania e Nord non sono pervenuti. Insomma: i meridionali ieri erano terroni, oggi sono «fratelli», forse perfino d’Italia. E già si parla di una «Pontida del Sud». «Ci sono località che si candidano», giura Salvini.
Già, Salvini. La seconda novità è lui. D’accordo: inveisce contro «Renzi e le sue damigelle», Fedez, l’«Unione sovietica europea», l’«infame» legge Fornero, i «criminali che schierano le truppe Nato ai confini della Russia» del caro Vladimir e perfino Papa Francesco, «mi fa piacere che a Torino incontri i rom, spero trovi tempo anche per i torinesi sfrattati ed esodati». Tutto già sentito. Però è un Salvini meno sbraitante e più dialogante, contenuto, perfino ecumenico.
Chiama sul palco i bambini (uno lo rimprovera perché dice una parolaccia, gag sublime subito cliccatissima sul web), cita San Francesco, assicura che «qui non ci sono né rabbia né rancore». San Matteo ringrazia Celentano e Jovanotti e cita perfino qualche giornalista (Buttafuoco, Feltri senior, Ostellino, Ricolfi, Fini) per lodarlo e non per attaccarlo.
E allora si capisce che per lui è il momento di una Lega più di proposta che di protesta e domani, si spera, di governo e non più di lotta. Il segretario evoca il «Paese normale» di dalemiana memoria: no a studi di settore, legge Fornero, prefetti e Siae, sì all’aliquota unica al 15%, agli asili nido gratuiti, a un anno di servizio civile obbligatorio e all’«ambientalismo serio».
«Morirò con la Lega nel cuore» è la frase ad effetto per rassicurare i militanti di ieri, ma la scommessa di oggi è questa Lega «normale». Certo, per governare ci vorranno degli alleati, e qui Salvini resta sul vago: «Non mi interessano». Però il programma c’è già e, segretario, sembra proprio un programma di governo... «Esatto. La supercazzola la lascio all’altro Matteo».
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