PRIMA ‘DEPORTATA’ E OGGI ‘’PRIGIONIERA’’: LA SHALABAYEVA SPIATA E VIDEOSORVEGLIATA DAI SERVIZI KAZAKI

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Fabrizio Dragosei per "Il Corriere della Sera"

Alma Shalabayeva è formalmente libera, in una situazione di «obbligo di dimora» in base alla quale non può lasciare Almaty, la ex capitale del Kazakistan. Ma in realtà è sotto continua osservazione, sotto controllo da parte delle autorità e si sente messa in un angolo. È anche convinta di non essere stata arrestata all'arrivo nel Paese unicamente perché aveva con sé la figlioletta Alua, di sei anni, circostanza di cui gli agenti che l'attendevano all'aeroporto non erano a conoscenza.

È questo il quadro che è stato fatto al «Corriere» dal deputato polacco Tomasz Makowski che ha incontrato nei giorni scorsi la moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov. «Per essere precisi, non ho mai visto una persona più spaventata in vita mia», racconta, serio, Makowski.

Da quando è stata espulsa dall'Italia alla fine di maggio, Alma Shalabayeva vive nella casa dei genitori ad Almaty e può muoversi liberamente per la città. Ma non può lasciarla. Questo è stato spiegato nelle risposte alle domande che abbiamo rivolto al primo ministro Serik Akhmetov e che sono state pubblicate sul giornale di ieri. Ma è proprio così?

«In teoria sì, ma nella pratica la situazione è un po' diversa», spiega Makowski. «Lo si vede dopo qualche ora di conversazione con la signora. Ci sono reporter dei media kazaki nascosti dappertutto. Le tv locali hanno mostrato materiale che Alma mi ha fatto vedere. Erano riprese registrate dalle telecamere di sorveglia del sistema televisivo a circuito chiuso della stessa casa.

Riprese fatte all'interno della proprietà privata. È costantemente sotto la vigilanza delle autorità. Tutto si concentra sulla sua abitazione. Per questo mi sembra difficile poter dire che viva una vita libera». Sulle immagini diffuse c'è stata polemica in Kazakistan, anche perché la tv interessata, la Ktk, ha ammesso di aver ricevuto le immagini e che non sono stati suoi giornalisti a girarle (http://www.youtube.com/watch?v=WPanojmk3Zg ).

Le autorità sostengono che l'irruzione nella villa di Casal Palocco avvenne nella notte del 28 maggio per fermare il marito, inserito nelle liste dell'Interpol. E che durante l'operazione venne fuori la posizione «irregolare» della signora. Posizione che poi irregolare non era, come si è visto dai documenti presentati successivamente dai suoi avvocati. Ma ora che è tornata in Kazakistan, la signora è al centro di una inchiesta per falsi passaporti che alcuni funzionari della città di Atyrau avrebbero rilasciato a vari membri della famiglia di Ablyazov, compresa la moglie e la figlia.

Subito dopo che in Italia è scoppiato il caso (il primo articolo sul «Corriere» uscì il 2 giugno, due giorni dopo l'espulsione) il tribunale della cittadina sul Mar Caspio ha processato e condannato (anche in questo caso con estrema rapidità) i funzionari sotto accusa che sono stati condannati a pene detentive che arrivano fino a nove anni. Uno di questi, Assylbek Saifullin, ha invece confessato e se l'è cavata con due anni di pena sospesa per la condizionale.

È possibile che ora che ci sono i «falsari» le autorità contino di arrivare in breve tempo ai «committenti», cioè, secondo loro, alla famiglia Ablyazov. Sembra che solo la continua attenzione internazionale possa far sì che non vengano imboccate scorciatoie. «La signora Shalabayeva - dice però Makowski - respinge decisamente tutte le accuse. Mi ha raccontato di aver avuto i passaporti kazaki attraverso le vie ufficiali. Esattamente come il passaporto diplomatico di un paese africano che ha ricevuto tramite canali diplomatici».

Dagli atti emerge effettivamente che Alma ha un passaporto kazako emesso anni addietro e che è ancora valido. Non si capisce quindi perché dovrebbe aver chiesto un passaporto kazako falso o contraffatto tra il 2009 e il 2011, come si afferma nei documenti di accusa del processo di Atyrau.

Ma ora, di fronte alle accuse e a quello che è capitato, come sta Alma?
«Nei suoi occhi si può leggere la paura per ciò che potrà accadere», risponde deciso il parlamentare polacco. «È in uno stato di profonda depressione. E lo è da quando quegli uomini armati sono piombati a casa sua. Credo veramente che avrebbe bisogno di un sostegno psicologico professionale».

Uomini armati. Cosa ha raccontato di quelle ore?
«Ha fatto il resoconto minuto per minuto. Sembrava un film. Tutto è avvenuto nella notte, con questi uomini in abiti civili che sono piombati nella casa. Le puntavano le armi e la chiamavano criminale e terrorista. Alma ha detto che il marito della sorella è stato picchiato sugli occhi e ammanettato. I bambini sono stati messi un una stanza separata».

Anche ai deputati polacchi la Shalabayeva ha raccontato di aver detto di essere una rifugiata.
«L'ha ripetuto più volte alla polizia. Ha detto che aveva dovuto lasciare il Kazakistan perché era in pericolo e che questo era anche il motivo per il quale aveva il passaporto diplomatico africano».

E all'aeroporto di Roma?
«Volevano che lei lasciasse la figlia, ma si è rifiutata. Alla fine, dopo una lunga discussione, hanno consentito che partisse anche la bambina. Quando poi l'aereo è arrivato ad Astana, le autorità sono rimaste sorprese nel vedere la piccola Alua.

In quelle circostanze non hanno potuto trasferire la madre direttamente in prigione. L'hanno comunque lasciata lì senza soldi e documenti e le hanno ordinato di raggiungere Almaty. All'aeroporto c'era una macchina che l'ha portata a casa».

Nella città kazaka Alma Shalabayeva può comunque andare dove vuole?
«Mi ha detto che deve comparire al Knb, il Comitato per la sicurezza nazionale». Si tratta del successore del Kgb del Kazakistan.

Le autorità dicono che lei comunque non si lamenta: non ha presentato alcun reclamo alla Procura e al Tribunale. «Veramente durante la nostra conversazione Alma ha detto il contrario: che ha presentato un documento sul comportamento degli inquirenti sia alla Procura che al Tribunale».

 

 

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