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“FACCIAMO TURNI DI DODICI ORE E SIAMO POVERI. PUÒ ESSERE NORMALE?” - PRIMA DI INVEIRE CONTRO LO SCIOPERO GENERALE DELLA CGIL, LEGGETE LE STORIE DI CHI SCENDE IN PIAZZA: “CI SONO COLLEGHI CHE LAVORANO A 4 EURO ALL'ORA, COME POSSIAMO ACCETTARE CHE GLI SGRAVI FISCALI VADANO A CHI NE GUADAGNA 1.600 AL MESE? PER NOI QUELLI SONO RICCHI. NESSUNO PUÒ METTERE IN DUBBIO LA COMPETENZA E L'AUTOREVOLEZZA DI DRAGHI, MA SUI TEMI SOCIALI CI ASPETTIAMO MOLTO DI PIÙ. SERVE SUBITO IL SALARIO MINIMO…”

Gabriele De Stefani per “la Stampa”

 

«Tagliano le tasse a gente che guadagna bene, 1.500-1.6000 euro al mese. Dovevano dare tutto a noi» dice Emanuel Sammartino, precario all'aeroporto di Catania. Negli occhi di chi oggi andrà in piazza per protestare contro la manovra, gli aiuti al ceto medio impoverito sono uno schiaffo alla miseria. Toccava prima a loro. A questo porta la grande ferita delle diseguaglianze che continuano ad allargarsi: 1.500 euro al mese considerati un privilegio, i poveri contro chi sta appena un po' meglio.

 

mario draghi e maurizio landini

«Noi a mille euro, i fatturati delle aziende migliorano e gli sconti vanno a chi guadagna di più» sbotta Camillo Vincenzo Crivello, 40 anni, addetto alle vendite in un supermercato della collina torinese. Le spaccature Non sarà una piazza facile da etichettare, perché metterà in scena spaccature diverse, fronti vecchi e nuovi. I precari contro i garantiti, le tensioni nelle fabbriche tra vaccinati e non vaccinati, chi è ancora in smart working e chi ha dovuto rinunciarci, gli operai in cassa integrazione perché mancano le materie prime e quelli licenziati da una multinazionale scappata nottetempo. Ciascuno con una buona ragione per vedere nel vicino un privilegiato. E tutti ormai talmente lontani da chi è ricco davvero da non sognare neppure così in grande.

 

«Abbiamo capito che non cambia niente se Draghi mette un miliardo in più o in meno sull'Irpef - dice Loris Scarpa, che per la Fiom-Cgil ha seguito il caso di caporalato delle Grafiche Venete di Padova -, qui bisogna impegnarsi tutti per far crescere la consapevolezza che così non si può andare avanti. Nel Paese e nei luoghi di lavoro ci sono solo spaccature».

operaio 5

 

Ricevere la cassa integrazione può diventare un lusso: Antonio Palma, 50 anni e un figlio di 19, lavora a singhiozzo perché i subappalti all'ex Ilva di Taranto scarseggiano. Riesce a sorridere perché la sua azienda anticipa il pagamento della cassa e non è costretto ad aspettare i tempi lunghi dell'Inps: «Facciamo turni di dodici ore e siamo poveri. Può essere normale? Andrò in piazza perché il governo deve pensare a noi. E non deve guardare al futuro, ma al presente: abbiamo bisogno di portare a casa lo stipendio oggi, non domani».

 

Anche l'oggi di Davide Nettis, 55 anni, è appeso alla riconversione dell'acciaieria. Fa il manutentore per una ditta esterna: «Rischiamo di non prendere la tredicesima perché Acciaierie d'Italia paga a singhiozzo, noi dell'indotto facciamo da banca a Mittal coprendo il materiale di consumo. Servono bulloni, travi: compriamo noi e incassiamo a babbo morto, se incassiamo».

 

maurizio landini a l'aria che tira 1

Pagare per lavorare: «La materia prima che ci manca è lo stipendio. Vogliono fare in modo che il ricco diventi sempre più ricco e noi rimaniamo indietro». Senza garanzie Una realtà, quella di essere lasciati indietro, da cui proteggono sempre meno anche le competenze. Imparare un mestiere non garantisce più. Aniello Montella, 45 anni, fa l'operaio alla Avio Areo di Rivalta nel Torinese: «Il settore dell'aerospazio è ultra specializzato, eppure abbiamo gli stipendi tra i più bassi d'Europa. Perché? Noi lavoriamo soprattutto sull'aviazione civile, travolta dalla pandemia. L'azienda ha dichiarato centinaia di esuberi, per reggere abbiamo dovuto accettare contratto di solidarietà e cassa integrazione».

 

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E poi c'è il fronte dei sottorappresentati per eccellenza: i giovani. Quelli che spesso non hanno conosciuto altro che il precariato. «A noi restano i lavoretti, sfruttati, pagati poco e male e in futuro saremo noi a doverci fare carico dell'indebitamento di oggi. In Draghi abbiamo fiducia, ma deve farci vedere investimenti veri nella scuola e nell'università» dice Talem Parigi, studente universitario a Firenze.

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Lui è il primo sindacalista dei rider, frontiera estrema delle diseguaglianze: «Ci sono colleghi che lavorano a 4 euro all'ora, come possiamo accettare che gli sgravi fiscali vadano a chi ne guadagna 1.600 al mese? Per noi quelli sono ricchi. Nessuno può mettere in dubbio la competenza e l'autorevolezza di Draghi, ma sui temi sociali ci aspettiamo molto di più. Serve subito il salario minimo. Chiediamo solo dignità. Cosa stanno aspettando a garantircela?». - (hanno collaborato Valeria D'Autilia e Leonardo Di Paco)