
DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI…
Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per Il Fatto Quotidiano
à accigliato, scuro in viso. Scende velocemente dalla sua blindata e si dirige verso l'aula bunker, ignorando gli striscioni delle Agende Rosse e schivando un microfono: "Non ho dichiarazioni da fare". Sul banco degli imputati, all'apertura dell'udienza preliminare del processo sulla trattativa, ieri a Palermo, l'unico volto dello Stato è quello dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza. Contro di lui il governo non si è costituito parte civile. Alla fine dell'udienza gli chiedono: rifarebbe quelle telefonate con Napolitano?
Mancino si volta e ignora la domanda. Lo Stato è dunque in imbarazzo a processare se stesso? "Non devo rispondere io - replica stavolta Mancino - io in questo processo sono parte lesa". Non c'erano i senatori Calogero Mannino e Marcello Dell'Utri, i cosiddetti "uomini-cerniera" del negoziato tra i boss e le istituzioni. Con loro hanno disertato l'aula bunker di Pagliarelli anche gli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, quest'ultimo autore della richiesta di ricusazione nei confronti del gup Piergiorgio Morosini, che sarà esaminata dalla Corte d'appello il prossimo 9 novembre .
Tutti presenti, invece, in videoconferenza gli uomini di Cosa Nostra: Totò Riina, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Antonino Cinà . Tranne uno: il boss Bernardo Provenzano, che ha rinunciato ad assistere alla prima udienza. Per loro, così come per gli uomini in divisa e per i due senatori, l'accusa è la stessa: violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Trattando sotterraneamente, durante la stagione delle bombe, avrebbero contribuito a realizzare il grande ricatto di Cosa Nostra alle istituzioni, con il risultato di provocare il cedimento dei ministeri alle richieste dei boss stragisti. Circondato dai fotografi, è comparso in aula anche Massimo Ciancimino, il testimone della trattativa.
Lo Stato dunque processa se stesso. E lo fa in un'aula semideserta, nell'indifferenza della città assorbita dai risultati delle elezioni regionali, dove l'unica presenza massiccia è quella dei cronisti. à forse l'ultima udienza per il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, prima della partenza per il Guatemala: "Provo una grande emozione'', ha detto entrando in aula, "ma anche da lontano darò il mio contributo affinché cresca un movimento per la ricerca della giustizia e della verità ".
Al suo fianco, nel bunker di Pagliarelli, i pm Nino Di Matteo e Lia Sava, tre dei cinque sostituti (gli altri due sono Francesco del Bene e Roberto Tartaglia) del pool che in questi mesi - tra mille polemiche - ha indagato sul patto sotterraneo tra mafia e Stato.
Fuori dall'aula, invece, fin dalle prime ore della mattina, qualche bandiera di Rifondazione comunista e il presidio delle Agende Rosse, un centinaio di persone, con un enorme striscione: "I magistrati di Palermo non sono soli".
L'udienza si è aperta con la costituzione delle parti processuali e quindi con le richieste di parte civile, prima fra tutte quella dell'avvocato dello Stato Beppe Dell'Aira per conto della Presidenza del Consiglio. A ruota, la richiesta di costituzione di parte civile del Comune di Palermo, rappresentato da Leoluca Orlando , l'unico politico in aula, oltre all'imputato Mancino. "Io so, ma non ho le prove - ha detto Orlando, citando Pier Paolo Pasolini, al suo ingresso nel bunker - che c'è stata una trattativa tra Stato e mafia, e che Paolo Borsellino è stato ucciso perché si sarebbe opposto a quell'ignobile patto. Ma sono i magistrati che devono trovare le prove ed è per questo che chiedo ai magistrati di accertare la verità ".
E la ricerca della verità su quanto è accaduto tra il '92 e il '94, è la ragione che ha spinto anche Salvatore Borsellino a chiedere di potersi costituire parte civile, sia per conto del movimento Agende Rosse, sia come fratello del giudice ucciso. A seguire, hanno fatto istanza il Prc, il Centro Pio La Torre, il sindacato di polizia Coisp, i familiari dell'eurodeputato Salvo Lima e l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro, vittima della calunnia contestata a Massimo Ciancimino, che lo aveva indicato come il "signor Franco".
Su tutte le istanze, il gup Morosini si è riservato di decidere. Uscendo dall'aula, tra i fischi delle Agende Rosse, Mancino (che nei giorni scorsi ha chiesto di essere processato dal Tribunale dei ministri) ha ribadito la sua speranza: "Questo è un processo - ha detto - che può essere frazionato in più parti". Si torna in aula il 15 novembre.
DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI…
FLASH – DONALD TRUMP CANTA VITTORIA SUI DAZI ALL’EUROPA OSTENTANDO OTTIMISMO (“ANDRÀ TUTTO BENE CON…
FLASH! - QUESTA SERA ALLA VERSILIANA DI MARINA DI PIETRASANTA, IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA CARLO…
COME STA IN SALUTE DONALD TRUMP? DOPO LE FOTO HORROR DELLE CAVIGLIE FORMATO ZAMPOGNA DEL…
JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA…
“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN…