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Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
L'indagine sul reclutamento delle ragazze che dietro compenso venivano spedite nelle residenze dell'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi fu ostacolata dal procuratore di Bari Antonio Laudati nell'estate del 2009, prima ancora che prendesse servizio. Per questo il magistrato è indagato di «favoreggiamento personale» nei confronti di Giampaolo Tarantini (l'imprenditore che pagava le donne, ora imputato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione) nonché dello stesso Berlusconi, «coinvolto quale fruitore delle prestazioni sessuali».
Nel capo d'imputazione notificato ieri dal procuratore di Lecce Cataldo Motta (titolare delle inchieste sui colleghi baresi), è scritto che Laudati s'è adoperato «al fine di favorire indirettamente» l'ex premier «preservandone l'immagine istituzionale», e l'ha «aiutato ad eludere le indagini dirette ad accertare anche l'eventuale suo concorso» nei reati contestati a Tarantini.
Tutto questo sarebbe avvenuto attraverso le disposizioni impartite dal procuratore (nominato dal Csm ma non ancora entrato nell'esercizio delle sue funzioni) in una riunione con il pm all'epoca titolare dell'inchiesta, Giuseppe Scelsi, avvenuta in un locale della Guardia di Finanza il 26 giugno 2009.
Lo scandalo sollevato dalle dichiarazioni di Patrizia D'Addario, la prima escort ad aver raccontato le sue notti a palazzo Grazioli, riempiva in quei giorni le cronache dei quotidiani, e Laudati avrebbe «disposto arbitrariamente che le indagini venissero sospese e non si adottasse alcuna iniziativa» fino al suo arrivo, previsto per settembre. Una decisione che provocò, secondo l'atto d'accusa, «ritardo e intralcio nello svolgimento delle investigazioni» e «l'impossibilità di acquisire tempestivamente elementi sulle condotte degli indagati e delle stesso presidente del Consiglio».
Non solo. Laudati è anche inquisito per abuso d'ufficio, per aver disposto indagini illecite a carico di due sostituti procuratori - lo stesso Scelsi e Desiré Di Geronimo, titolari dei fascicoli su presunti abusi nel settore della Sanità - affidate a un gruppo ristretto di ufficiali della Finanza che rispondeva solo a lui.
Per questa vicenda l'ex pm Scelsi è parte lesa, ma nello stesso atto firmato da Cataldo Motta risulta pure lui inquisito per abuso d'ufficio: avrebbe ordinato delle intercettazioni «non per esercizio della giurisdizione bensì solo per ripicca» nei confronti della collega Di Geronimo, che in un procedimento a lei assegnato conservava alcune intercettazioni di suo fratello. Un intreccio di posizioni e fatti che rispecchia il clima di sospetti e accuse incrociate che ha gravato sugli uffici giudiziari del capoluogo pugliese.
Il doppio ruolo di indagato e parte lesa, peraltro, tocca anche a Laudati, giacché il procuratore di Lecce ha «avvisato» alcuni giornalisti che l'avrebbero diffamato in diversi articoli. Alcuni dei quali riferivano gli episodi che ora sono contestati al procuratore di Bari.
Il quale, sapendo da un anno di essere sotto inchiesta, ha chiesto più volte al suo collega Motta di essere interrogato per spiegare le sue ragioni (come ha fatto davanti al Csm, dove la pratica para-disciplinare a suo carico è stata archiviata). Nessuno l'ha mai convocato, mentre nei giorni scorsi una decina di magistrati baresi sono stati ascoltati uno dopo l'altro, come ultimo atto dell'inchiesta. Di solito l'avviso di chiusura prelude la richiesta di rinvio a giudizio, ma visto il groviglio di posizioni e la possibilità degli indagati di fornire nuovi elementi, non sono da escludere altri esiti.
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