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Roberto Giovannini per "La Stampa"
Mario Monti lancia un aut-aut: o si fa un «contratto di coalizione» tra i partiti che stabilisca per filo e per segno cosa deve fare il governo, oppure Scelta Civica potrebbe «alla lunga» abbandonare il sostegno a un governo che vivacchia tra scelte poco coraggiose e veti incrociati tra le forze politiche che fanno in realtà già campagna elettorale.
In una nota ufficiale dal tono decisamente minaccioso - anche se bisognerà vedere se in caso l'aggregazione un po' malferma di Scelta Civica saprà passare dalle parole ai fatti - Monti spiega infatti che «il governo Letta ha iniziato bene, ma la sua missione, trasformare l'Italia in un Paese competitivo e capace di crescere richiede riforme radicali.
Queste non potranno essere decise e realizzate senza una grande e genuina unità di intenti, non solo all'interno del governo ma anche fra i partiti che hanno dato vita alla grande coalizione». E «con chiarezza» l'ex-premier dice che «senza un cambio di marcia, non riteniamo di poter contribuire a lungo a sostenere una coalizione affetta da crescente ambiguità ».
La colpa principale va vista in «questioni di linee politiche e di leadership» che travagliano Pd e Pdl, ma anche la stessa aggregazione centrista. Ma i due partiti maggiori creano di fatto gravi ostacoli all'azione di governo, e quotidianamente «si posizionano nella sostanza e nella comunicazione come se fossero già in campagna elettorale». Un sistema per superare questa paralisi c'è: imitare l'esempio della Germania, dove le grandi coalizioni «nascono sulla base di un "Koalitionsvertrag", un vero e proprio contratto, scritto e molto dettagliato, che i partiti devono rispettare».
L'alleanza Pd-Pdl-Sc «ha come sola base le brevi dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio alle Camere del 29 aprile. Troppo poco. Superato, con risultati apprezzabili, il Consiglio Europeo, Enrico Letta dovrebbe ora proporsi di dare solidità e slancio riformatore al suo governo, e di metterlo al riparo da possibili insidie provenienti dai travagli dei partiti, proponendo presto un testo di "contratto di coalizione"». Il «Contratto», oltre a indicare i provvedimenti, dovrebbe anche contenere un «codice di condotta», per obbligare i partiti e i loro rappresentati a «fare uno sforzo comune per risollevare il Paese, dimenticando per qualche tempo gli interessi elettorali».
Intanto, nei prossimi giorni un ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni rafforzato dall'elogio del presidente Giorgio Napolitano ricomincerà a tessere le fila del pacchetto di provvedimenti economici. C'è il problema delle coperture finanziarie sul decreto Iva-lavoro, e c'è bisogno di creare adeguate riserve per ulteriori interventi.
Saccomanni interverrà mercoledì in Parlamento, e chiarirà meglio le sue intenzioni, in particolare per il capitolo dei tagli alla spesa. Ieri, intervenendo a «l'Intervista» di Maria Latella su Sky, il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin ha ribadito la sua totale indisponibilità a imporre al Sistema sanitario nazionale una nuova fase di «tagli lineari». Il Tesoro vorrebbe «aggredire» alcune voci di spesa, come gli incentivi alle imprese, e mettere le mani nelle agevolazioni fiscali.
Altre entrate potrebbero arrivare dalla revisione dei valori catastali e delle accise. Certo è che in Parlamento e nei partiti si moltiplicano le richieste: l'Iva dopo ottobre, l'Imu, i rinnovi dei contratti pubblici, l'allargamento della platea per le assunzioni detassate, ma anche correttivi alla riforma previdenziale Fornero per renderla più flessibile e risolvere definitivamente il problema degli esodati.
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