DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Luca De Carolis per il “Fatto quotidiano”
L'ultima volta che è calato a Roma, in un fine settimana di novembre, i tanti malpancisti speravano che il Garante riempisse di scapaccioni Luigi Di Maio, e magari che gli togliesse i gradi di capo politico. "Invece è successo l' opposto, con quell' incontro lo ha rafforzato" sussurra un big dall' aria esausta. Meno di un mese dopo il faccia a faccia con il capo politico, riecco Beppe Grillo nella Capitale a cercare di tenere assieme i Cinque Stelle che perdono pezzi.
E non è un modo di dire, visto che la scorsa settimana tre senatori hanno traslocato nella Lega, e ieri in cinque non hanno votato la manovra a Palazzo Madama.
Numeri e immagini che raccontano la fragilità del Movimento. Anche per questo, oggi il fondatore del M5S sarà a Roma. E proprio i 5Stelle del Senato sperano di averlo in assemblea con loro, nel pomeriggio. Mentre ieri a Palazzo Madama si è manifestato Davide Casaleggio, reduce dalla presentazione di domenica dei facilitatori del Movimento, infarciti di nomi a lui vicinissimi.
Perché l' asse tra Di Maio e l' altro capo di Milano rimane una delle poche certezze del M5S . L' altra è che il Movimento è più o meno incontrollabile proprio lì, in Parlamento, almeno dal Di Maio che pure ha recuperato qualche eletto e risolto per interposto accordo la grana del capogruppo alla Camera.
Ma il capo non ha più presa sul grosso dei parlamentari, sente e subisce un diffuso scoramento che talvolta sconfina nella ribellione. "Noi abbiamo aperto delle crepe" rivendica nella buvette di Palazzo Madama Ugo Grassi, uno dei tre esuli in direzione Matteo Salvini. Duro: "Pochi giorni prima che me ne andassi, Di Maio mi ha scritto: 'Hai mandato la lettera per dire che passi a 'sta Lega?'. E non le dico cosa ha aggiunto poi".
Pochi passi più in là, un senatore al primo mandato: "Si stanno muovendo tante cose, aspetti dopo la manovra e vedrà". In questo scenario, Grillo è ancora invocato da molti. Tanto che a Roma era già riapparso martedì scorso, solo per qualche ora. Una visita tenuta segreta, ma che conferma la sua voglia di tornare a essere più presente, accanto ai "suoi" parlamentari. "Io gli starò più vicino" aveva giurato il fondatore in quel video assieme a Di Maio del novembre scorso. Oggi però non potranno proprio incrociarsi, visto che il ministro degli Esteri sarà a Tripoli.
Però dovrebbe esserci tempo per un nuovo incontro, visto che Grillo si fermerà a Roma più di un giorno. E comunque, stando alle voci di dentro, Di Maio non deve temere nulla dal Garante. "Beppe resta convinto che il M5S si possa riprendere, e che Luigi rimanga l' unico capo possibile allo stato attuale" dicono un paio di veterani che hanno parlato con il fondatore negli ultimi giorni. Rimane sulla posizione che espresse già ad altri dopo l' incontro con Di Maio: "Se tolgo lui chi metto al suo posto?".
E non è un quesito ozioso, per il M5S dove in molti continuano a tifare per un cambio di vertice, magari con un triumvirato o uno schema più largo. E a guidarlo, è la speranza che riaffiora, dovrebbe essere l' attuale ministro allo Sviluppo economico Stefano Patuanelli, popolarissimo tra i parlamentari.
"Non ho mai pensato di fare il capo al posto di Luigi" ha precisato più volte il ministro. Però è un fatto che pochi giorni fa sia servito il suo intervento di ex capogruppo a Palazzo Madama per fermare almeno un altro paio di senatori pronti a lasciare il M5S , e in particolare il molisano Luigi Di Marzio. Difficile trovare un centro di gravità permanente, anche se ieri Casaleggio assicurava ai cronisti: "Il governo mi pare solido". Però non deve esserne così sicuro il Di Maio che ieri sera ha riunito i ministri in Senato, ufficialmente per discutere di come rapportarsi con i nuovi facilitatori, ma di fatto per catechizzarli sul vertice di maggioranza notturno sulle autonomie.
Soprattutto, ci sono quei quattro voti che mancano alla manovra di ieri sera. Partendo dal no di Gianluigi Paragone: "Non sono stato eletto per tenere gli italiani ingabbiati in un bilancio imposto dall' Europa, e la Lega non c' entra nulla: a Salvini andrebbe bene Draghi premier o al Quirinale, a me no".
E il suo voto contrario potrebbe creargli problemi, visto che il regolamento del M5S obbliga a votare i provvedimenti blindati con la fiducia. Però c' è anche il passo di lato di Primo Di Nicola: "Non ho votato la legge di Bilancio, e non è certo un fatto di strapuntini. Chiedevo da mesi di mettere fondi per le scuole a più alto rischio sismico, ho rivolto anche un appello a Conte. Ma nulla. E poi io sono abruzzese, so cos' è il terremoto". Ma la manovra non l' hanno votata neppure Mario Giarrusso, siciliano al secondo mandato, e i pugliesi Cataldo Mininno, membro della commissione Difesa, e Lello Ciampolillo. Oggi toccherà a Grillo (atteso anche alla Camera) provare a rimettere assieme i pezzi. Anzi, i cocci.
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