DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Francesco Verderami per il "Corriere della Sera”
Per quanto possa apparire paradossale, le sorti della coalizione gialloverde e della legislatura non sono legate all' ormai logoro rapporto tra Di Maio e Salvini, ma alla forza politica residuale di Berlusconi. Se il leader della Lega voleva un' ulteriore prova, ieri il capo del Movimento gliel' ha data, sostenendo che «le Europee non incideranno sul governo».
È stato un modo per far capire che - anche in caso di sconfitta nelle urne - i grillini non si lasceranno andare a gesti di reazione, non staccheranno la spina a Conte, non faranno un favore al Carroccio, su cui invece scaricano fin da oggi la responsabilità futura della scelta. Toccherà quindi a Salvini decidere se prolungare il «contratto» oppure stracciarlo. Ed è vero che il titolare dell' Interno continua a smentire l' ipotesi della rottura, ma è anche vero che i ripetuti voti regionali evidenziano un progressivo e rapido cambiamento dei rapporti di forza nel Paese.
E qui entra in ballo Berlusconi. Sebbene un autorevole dirigente azzurro dica che «il partito viene ormai vissuto come una forza senza futuro», e sul territorio si assista a «un quotidiano smottamento di classe dirigente», l' ex premier resiste. Anche in Basilicata, nonostante il netto successo della Lega e l' avanzata di Fratelli d' Italia, le percentuali testimoniano la sua resilienza. Niente di più, certo.
Ma agli occhi di Salvini, il Cavaliere si è ormai trasformato in una sorta di torre di Pisa della politica, che rimanendo in bilico senza cadere gli impedisce di assestare l' ultimo colpo di piccone all' antica struttura. Perciò, vista la situazione, il segretario leghista sta tenendo in piedi l' attuale quadro di governo, se non fosse che - come gli ha spiegato la Meloni - «questo gioco non potrà durare all' infinito».
È chiaro allora che i giochi alle Europee si faranno su Berlusconi, ma non è ancora chiaro se Berlusconi sarà della partita. La sua candidatura infatti - per quanto annunciata - non è scontata, e in famiglia come nel partito si discute in queste ore sull' opportunità di farlo avventurare in una campagna elettorale fisicamente impegnativa, resa ancor più faticosa dal meccanismo delle preferenze. Le riserve sono legate soprattutto allo stato di salute dell' ex premier: perdura la convalescenza dopo l' ultimo ricovero. È in questo contesto che Forza Italia si prepara al voto di maggio, dove sosterrà lo stress-test decisivo: sotto la soglia del 10% ciò che resta del vecchio edificio cederebbe.
I ripetuti attacchi del governatore ligure Toti nei riguardi di un partito che «sta scivolando verso l' irrilevanza» danno l' idea che si stia lavorando ad un cambio radicale della coalizione e dei suoi attori protagonisti. Bisognerà attendere il risultato per sapere se il capo del Carroccio avrà avuto ragione. In tal caso - secondo il diccì Rotondi - lo schema del leader leghista prevederebbe per gli alleati «solo posti in piedi, assicurati a pochi, assoggettati al suo simbolo e senza la concessione di apparentamenti»: l' alleanza servirebbe insomma come uno schermo dietro cui strutturare il partito unico salviniano.
Berlusconi resiste a questa deriva, non a caso ieri - per festeggiare la vittoria in Basilicata - ha rivendicato il ruolo «moderato» di Forza Italia nella coalizione. Anche se alla parola «centrodestra» ormai ogni leader dell' alleanza attribuisce un significato diverso, che cela una diversa prospettiva. E non c' è dubbio che Salvini abbia un vantaggio di posizionamento: persino il tira e molla sul candidato governatore in Piemonte fa parte del suo gioco. I successi regionali del centrodestra vincolano infatti gli altri partiti al rapporto con il Carroccio e tolgono opzioni alternative: anche solo in linea teorica, sarebbe infatti complicato rompere sul piano nazionale con la Lega, se sul territorio i propri dirigenti sono coinvolti con l' alleato maggiore nella gestione degli enti locali.
Ma finché il Cavaliere continua ad essere la torre di Pisa della politica, il disegno di Salvini non può dispiegarsi. E la permanenza ai banchi del governo potrebbe alla lunga danneggiarlo. Finora le tensioni nel partito sono state gestite senza scosse esterne, ma per la prima volta ieri il leader del Carroccio le ha rese manifeste. Negandole: «Nella Lega sono tutti d' accordo con me. Vediamo chi si lamenta».
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