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Vittorio Ravazzini per "Corriere.it"
Qualche settimana fa Roberto Calderoli l'aveva paragonata a un «orango» ma, evidentemente, non è bastato. Umberto Bossi domenica sera, dal palco della festa della Lega Nord di Cividate al Piano, l'ha definita «diversamente bianca». Non c'è tregua tra il Carroccio e il ministro Cécile Kyenge. Poco importa se qualche ora prima, a Verona, il sindaco e vice segretario federale della Lega Nord Flavio Tosi l'aveva accolta in città con parole concilianti, dopo gli insulti a lei diretti da alcuni esponenti leghisti.
«Le porgo le mie scuse se qualcuno della mia parte politica l'ha offesa - le ha detto Tosi, maroniano duro e puro, guardandola negli occhi prima di farsi scattare una foto in cui si stringono la mano -. In democrazia si possono avere idee diverse, ma il rispetto come ministro e soprattutto come persona e come donna è una cosa dovuta».
Parole che stonano con quelle pronunciate dal Senatur, domenica sera, alla cosiddetta «Seedà t fest» di Cividate al Piano. La sua comparsa nel piccolo parco fa immediatamente troncare, nel bel mezzo di una mazurca, la musica dell'orchestra di liscio. «Ora parla Bossi», annuncia emozionato un militante, ma sotto al palco ci vanno solo una ventina di ammiratori affezionati in un'atmosfera decadente.
Il comizio parte subito fortissimo, Bossi parla d'immigrazione e delle prostitute che ha intravisto dal finestrino mentre arrivava a destinazione. Dopo nove minuti appena ecco il punto culminante, sul ministro Cecilia Kyenge.
«Attenzione all'immigrazione. La ministra è stata insultata, sbagliando - dice Bossi, ma mentre prende fiato e sembra aprire alle scuse aggiunge subito:- è anche una donna, al di là che sia diversamente bianca», scatenando subito gli applausi accompagnati da parecchie risate dei pochi presenti. Non sembrano parole al vento, scivolate via per sbaglio nel tentativo di caricare un po' la folla, ma quasi studiate ad hoc per giocare con le battute e il colore della pelle.
«Io non avrei mai invitato, come ha fatto Maroni, la Kyenge a parlare in una nostra festa - aggiunge mentre si sprecano i battimani -. A noi interessa solo proteggere la "Bossi-Fini" contro i clandestini senza un posto di lavoro e un permesso di soggiorno. La Kyenge può dire quello che vuole ma solo il ministro dell'Interno Angelino Alfano può opporsi, quindi era inutile invitarla».
Il comizio pubblico continua fra crisi economica, quote latte, ius soli, indipendenza della Padania e la condanna di Silvio Berlusconi su cui la stragrande maggioranza dei militanti presenti, però, la pensa diversamente da Bossi. «Sono riusciti a condannarlo superficialmente per aver saltato cinque lire di tasse sul mezzo miliardo di euro che paga ogni anno», spiega, raccogliendo solo mugugni.
Diventa un comizio intimo, i militanti sono a due metri di distanza appena, non servirebbe nemmeno il microfono per parlare, qualcuno alza la voce cercando di interrompere. «Sono senza lavoro da due anni con tre figli da mantenere e l'affitto da pagare - urla un operaio leghista sotto il palco - mi volete aiutare o state bene solo voi politici?». «Tu hai la faccia di uno che ha votato Pd», ribatte seccato Bossi.
Per calmare gli animi deve scendere dal palco l'ex consigliere regionale Daniele Belotti. Tre manifestanti gridano incessantemente a squarciagola «Bossi», «Bossi», «Bossi» per spegnere le polemiche, soffocate definitivamente dal «Va, pensiero» a tutto volume. L'operaio se ne va arrabbiato, con un'espressione molto diversa rispetto a quando applaudiva e si esaltava sull'espressione «diversamente bianca» di Bossi.
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