OLTRE AL RATING, IN SPAGNA SI DECLASSA PURE LA CORONA - DOPO L’ENNESIMO SCANDALO CHE HA COLPITO RE JUAN CARLOS, GLI SPAGNOLI (E I MERCATI) NON HANNO PIÙ FIDUCIA NELLA MONARCHIA - SE CROLLA IL RE CROLLA L’ECONOMIA: OLTRE A METTERE LE MANI SULLE BELLE SIGNORE, IL SOVRANO HA LE MANI IN PASTA NEGLI AFFARI ECONOMICI DEL PAESE GRAZIE AL SUO RUOLO DI MEDIATORE INTERNAZIONALE - DOPO L’INCIDENTE DI CACCIA, IL RE SI LUSSA DI NUOVO L’ANCA (ALTRA OPERAZIONE)…

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1- JUAN CARLOS OPERATO PER NUOVA LUSSAZIONE ANCA
(ANSA)
- Il re Juan Carlos è stato operato nella notte per una nuova lussazione all'anca destra, dove lo scorso 14 aprile gli era stata applicata una protesi, a seguito della caduta sofferta durante un viaggio per una battuta di caccia all'elefante in Botswana. Ne danno notizia fonti della Casa Reale citate dai media. Proprio ieri il sovrano aveva ripreso la sua agenda ufficiale, con due udienze al palazzo della Zaruela del direttore dell'Istituto Cervantes, Victor de la Concha, e del ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Abdullah bin Zayed al Nahyan.

Secondo le fonti, Juan Carlos ha fatto un movimento brusco e si è provocato una nuova lussazione dell'anca. Trasferito all'ospedale San José, il re è stato riportato in sala operatoria e, dopo l'intervento e la notte trascorsa in rianimazione, questa mattina è stato trasferito in reparto. All'indomani della seconda operazione, sono tornati a farsi insistenti i commenti, da parte di molti mezzi di comunicazione, sull'opportunità per Juan Carlos di abdicare a favore dell'erede al trono, Felipe.

2- RE DI DONNE E DI DENARI
Federica Bianchi per "l'Espresso"

È stato l'elefante che ha fatto traboccare il vaso. Così nei circoli del potere spagnolo si commenta sarcasticamente la recente battuta di caccia agli elefanti in Botswana del settantaquattrenne re Juan Carlos. Il sovrano non ha dimostrato certo una grande sensibilità istituzionale nel partire in gran segreto con la sua aristocratica amante tedesca Corinna Sayn-Wittgenstein per una vacanza extra lusso da 45 mila euro incentrata sull'uccisione di un animale protetto, lui presidente onorario del Wwf spagnolo, proprio nei giorni in cui la Spagna sta affrontando la crisi economica più grave del Dopoguerra.

Ma - e gli spagnoli lo sanno bene - non è stata la prima volta. Sono trent'anni che il re sparisce per dedicarsi a battute di caccia all'elefante in Africa come all'orso bruno in Romania. Che entra e esce nei letti di centinaia di donne, facendo della regina Sofia la sovrana più tradita d'Europa.

Che si accompagna a imprenditori più o meno raccomandabili, tanto da avere accumulato una fortuna personale da oltre 2 miliardi di euro. Il problema oggi è che la società spagnola è cambiata e non è più disposta a concedere al suo sovrano carta bianca nella gestione delle finanze pubbliche a lui assegnate e nei comportamenti reali, che con il tempo sono passati da esemplari a imbarazzanti.

Juan Carlos non era destinato al trono fin dalla nascita. Il regno dei borboni era finito nel 1931 con la fuga a Roma di Alfonso XIII dopo la vittoria dei repubblicani alle elezioni municipali. Fu il dittatore Franco a indicarlo nel 1969 come erede dopo una formazione sotto la sua sorveglianza.

Avrebbe dovuto essere il sostenitore di un potere assoluto e invece alla morte di Franco nel 1976 agevolò prima Adolfo Suarez e poi il socialista Felipe Gonzales nella delicata transizione democratica, decidendo di cedere i suoi poteri in cambio del mantenimento dei privilegi: un patto informale ma di ferro tra lui e i cittadini - rinsaldato dal discorso televisivo che fece il 24 febbraio 1981 in difesa della democrazia durante un tentativo di colpo di Stato - che ha garantito al Paese quasi quarant'anni di pace e prosperità.

"Siamo ancora grati al re per il ruolo che ebbe alla morte di Franco quando architettò la transizione dalla dittatura alla democrazia evitando un'altra guerra civile", spiega Jose Garcia Abad, editore del "Siglo de Europa" e autore del libro "La solitudine del re": "In questo senso il re si è guadagnato la corona".

È diventato per la Spagna al contempo il garante dell'unità nazionale e il suo ambasciatore nel mondo, abilissimo per carattere, inclinazione e relazioni personali nel facilitarne i rapporti economici e politici con l'estero: "Qui sono scarso", confessò una volta a un politico toccandosi la testa, "ma qui", e si toccò il naso, "sono imbattibile". "Non ha mai letto un libro in vita sua, ma è maestro in ciò che non si apprende a scuola: come trattare con la gente e come sedurla", Abad racconta ne "El principe y el rey".

In cambio di questo suo prezioso ruolo di power-broker, Juan Carlos ha ricevuto dagli spagnoli non solo l'immunità ma anche il permesso di ricevere regali senza limiti, di iscriverne solo una parte a patrimonio dello Stato e la possibilità di mantenere il riserbo sulla modalità di gestione del budget di oltre 8,4 milioni di euro che ogni anno è assegnato alla casa reale.

Inoltre, con una autocensura collettiva, per decenni stampa e cittadini si sono astenuti dal criticare apertamente il re o dal diffondere scomodi dettagli della sua tumultuosa vita quotidiana: dalle oltre 1.500 donne cadute tra le sue braccia all'abituale disprezzo per i limiti di velocità quando sfreccia, a volte in incognito, per le vie della capitale a bordo di una delle sue 72 automobili o della sua amata Harley Davidson;

dalla passione per le armi (con un colpo di pistola, in circostanze mai chiarite, uccise nel 1956 il fratello Alfonso mentre erano in vacanza nella residenza portoghese) ai regali multimilionari ricevuti per le sue intermediazione economiche (celebri gli yacht Fortuna, che re Fahd d' Arabia gli regalò nel 1976, e il Bribon da 18 milioni di euro, con cui è stato omaggiato 25 anni più tardi da una ventina di imprenditori spagnoli).

Ma è proprio sul denaro che rischia oggi di inciampare la monarchia iberica. "Durante il regime di Franco, Juan Carlos era relativamente povero, al punto che una volta mi chiamò per congratularsi con me della mia assunzione al settimanale "Hola!" e, saputo l'ammontare del salario, mi confidò che il suo stipendio era solo un quarto", racconta Jaime Penafiel, un giornalista monarchico, aggiungendo: "Il responsabile delle finanze di Franco gli razionava perfino la Coca Cola".

Da quando è salito al trono però i soldi, e gli escamotage per ottenerli, sono diventati l'occupazione prediletta. Per anni, fino alla sua morte, lo aveva aiutato il fido amministratore personale Manolo Prado y Colon de Carvajal, l'uomo che Juan Carlos aveva inviato negli Usa negli anni Settanta per convincere il presidente della Ford della bontà dell'apertura di una filiale spagnola quando ancora mancava la certezza della fine della dittatura.

Più tardi Prado, che si autodefiniva "il cane del re", aiutò Juan Carlos ad ottenere un prestito (mai restituito) di 100 milioni di euro dal sovrano saudita Fahd; mise a punto un complicato sistema di commissioni reali sui prodotti petroliferi sauditi importati dalla Spagna e, negli anni Novanta, ricevette dal Kuwait 110 milioni di dollari come ricompensa del lavoro svolto dal sovrano nel convincere il governo socialista di Felipe Gonzales ad appoggiare gli Stati Uniti durante la prima guerra del Golfo.

Quest'ultimo affare non filò liscio: la KIO, la filiale spagnola del fondo investimenti del Kuwait tramite cui fu gestita la transazione, andò fallita, e il suo numero uno, Javier de la Rosa, confessò di avere distribuito il denaro a una serie di uomini politici, tra cui il re. Risultato: sia Manolo Prado che De la Rosa finirono in carcere e tra gli spagnoli cominciarono a levarsi le prime richieste di cambiamenti in casa reale.

Da allora è stato sostituito l'amministratore ma sono continuati gli affari del re: Juan Carlos è spesso il fattore determinante per la chiusura di un contratto, come ha dimostrato il caso recente della commessa multimilionaria per il treno ad alta velocità che collegherà Medina alla Mecca affidata alle imprese spagnole.

Ultimamente però gli imprenditori iniziano ad essere preoccupati. Se tra un affare e l'altro, tra un viaggio e una mazzetta, è il prestigio del re ad assottigliarsi, allora a risentirne rischia di essere tutto il sistema di un Paese fondamentalmente repubblicano. "Gli spagnoli non sono monarchici, sono juancarlisti", ripetono gli intellettuali. Rispettano e ammirano da oltre trent'anni questo sovrano poco colto ma simpatico, schierato senza ambiguità dalla parte della democrazia.

Con lui in difficoltà, è la stessa istituzione monarchica ad essere in pericolo. In un recente sondaggio del Centro di indagine sociologica, i cittadini le hanno dato per la prima volta un punteggio basso: 4,89 su dieci. Se nel 1996 il 66 per cento degli spagnoli era a favore della monarchia, nel 2011 la percentuale è scesa al 49, con i giovani al di sotto dei 35 anni che non ne capiscono l'utilità. E il trend è in peggioramento, viste anche le ultime vicende della casa reale: Inaki Urdangarin, il marito della primogenita del re, è a processo per avere intascato circa 6 milioni di euro di fondi pubblici attraverso una sua società.

A Natale il re aveva preso le distanze dal genero, affermando che "le persone con responsabilità pubblica devono osservare un comportamento esemplare". Ma mentre era in Botswana si sono diffuse le voci di un suo possibile ruolo a sostegno degli affari di figlia e genero."Questo è il momento più difficile della recente storia monarchica spagnola", spiega Penafiel: "Se vuole sopravvivere la monarchia deve dare lustro ed esempio al Paese, altrimenti rischia di diventare inutile". Come le scuse pubbliche rese concisamente da un re che non aveva altra scelta.

 

 

JUAN CARLOS E L ELEFANTE UCCISO IN BOTSWANA JUAN CARLOS DI BORBONEJUAN CARLOS CON LA REGINAJUAN CARLOS A CACCIA CORINNA ZU SAYN WITTGENSTEIN E A DESTRA IL RE JUAN CARLOSIL RE JUAN CARLOS CON UN GHEPARDO DA LUI UCCISO IL RE JUAN CARLOS A CACCIA CONIGLI CACCIATI DAL RE JUAN CARLOS JUAN CARLOS E LADY DIANA