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Giovanna Casadio per “la Repubblica”
D Alema regala a Renzi la maglietta di Totti
Non è un Pd in caduta libera, con un calo di 100 mila iscritti, porta girevole di esodi a sinistra e arrivi indesiderati da destra, come denuncia Massimo D’Alema. Il Pd oggi è il partito che ha ottenuto il 42%, non più quello dei «nostalgici del 25% e della sinistra masochista». Renzi replica alle contestazioni della sinistra dem e della vecchia guardia. Il premier critica piuttosto la strategia di Ed Miliband che in Gran Bretagna ha portato alla sconfitta il Labour: «Quando la sinistra sceglie di non giocare il profilo riformista ma la carta estremista, può vincere i congressi ma non le elezioni ». I dissidenti e la minoranza del partito lo tengano a mente.
Matteo Renzi e Massimo D Alema
Commentando i risultati delle elezioni inglesi, il premier trae una lezione anche per il Pd. Tra David e Ed, i due fratelli Miliband, sarebbe stato il primo, su una posizione più filo Blair, ad avere probabilmente vere chance di vittoria nel paese, ma fu sconfitto al congresso. Insomma una sinistra che abbandona le posizioni riformiste perde. A Genova per sostenere Raffaella Paita alla guida della Regione, Renzi affronta il garbuglio che ha portato alle dimissioni dal partito di Sergio Cofferati e alla sfida a sinistra tra Paita e il civatiano Luca Pastorino.
«Quando ho perso le primarie - ricorda - mi hanno detto: “scappa dal Pd”. Ma io sono rimasto, il Pd è la mia casa quando perdo e quando vinco. Quelli che scappano quando perdono, non sono degni di stare all’interno di una comunità con delle regole». L’affondo è rivolto sia a Cofferati, che ha dato l’addio al partito dopo la sconfitta alle primarie, sia alla sinistra dem.
«Bisogna mandare in ferie i professionisti del “non ce la faremo mai”, che hanno l’egemonia culturale da vent’anni. ... per loro il paese è finito, per me è infinito», commenta. E sono appunto quelli del 25%, «quelli che hanno avuto la loro occasione e l’hanno persa, quelli che stavano bene quando si perdeva e che vogliono perdere da soli invece di vincere insieme».
Però malumori e dissensi non si fermano. D’Alema parla di «arroganza » di Renzi. Dopo l’addio di Pippo Civati, lo sfidante alle primarie del 2013, lascia il Pd la civatiana, Elly Schlein, europarlamentare. «Me ne vado anch’io, insieme a Civati. Basta calci in faccia, restituisco la tessera», ha scritto in un post su Facebook, esemplificando: «L’altro giorno è uscito il nuovo album dei Mumford&Sons. E in molti, me compresa, sono rimasti un po’ delusi, perché è senz’altro un buon disco, ma non è il loro sound».
Ecco il Pd di Renzi non è più la “musica” di alcuni dem. Michela Marzano, filosofa morale, eletta a Montecitorio nel 2013 racconta la sua «delusione » e la tentazione di mollare: «Devo riflettere, ma anche io lascio. La delusione più grande per me è stato il Pd».
Renzi va avanti. Minimizza. Bacchetta. Ribadisce che l’ok all’Italicum è stata una grande vittoria. Dà l’altolà a Brunetta, il capogruppo forzista che aveva definito la legge elettorale un «ritorno al fascismo »: «Utilizzare il riferimento del fascismo significa profanare la memoria di chi è morto. Su queste cose non si scherza».
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