
DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL…
1. RENZI PUNZECCHIA LA LETARGOCRAZIA DI MERKEL. SUI RISULTATI, SI VEDRÀ
Marco Valerio Lo Prete per ''il Foglio''
“Che io abbia attaccato la Germania è un’opinione, non un fatto – ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al termine del vertice dell’Unione europea – Sono intervenuto ponendo delle domande alla Merkel, cui mi lega un rapporto di amicizia e di stima”. Nessun attacco, insomma, durante la riunione dei capi di governo che si è tenuta a Bruxelles giovedì e venerdì, ma solo domande.
Così sintetizzavano le agenzie. Domandare è lecito, ma rispondere rimane pur sempre una cortesia che al momento è appannaggio della cancelliera tedesca. E ad oggi di risposte non se ne intravvedono troppe nel comunicato finale del Consiglio dell’Ue su immigrazione, lotta al terrorismo, unione economica e monetaria, mercato interno, politica energetica, relazioni con il Regno Unito e la Russia.
Partendo dalla fine, venerdì l’Italia ha incassato una vittoria d’immagine sulla questione Nord Stream 2. Negli scorsi giorni Roma aveva fatto trapelare il fastidio per un’apparente contraddizione: Berlino si attende che tutti gli stati Ue prolunghino le sanzioni economiche alla Russia senza fiatare, salvo procedere essa stessa al raddoppio del gasdotto Nord Stream dalla Russia. E nonostante su Roma aleggi da tempo il sospetto di uno storico filo-putinismo, Renzi ha rivendicato di avere con sé una maggioranza di paesi scettici sul tubo della discordia (che da vicenda per addetti ai lavori è diventato tema di pubblico dominio).
Merkel all’uscita ha tentato di minimizzare, dicendo che “Italia e Bulgaria” hanno sollevato il problema; nel frattempo però il presidente del Consiglio Ue, il polacco Donald Tusk, dichiarava anche lui la sua contrarietà al progetto. Risultato: nella dichiarazione finale dei leader si dice che “tutte le nuove infrastrutture” dovranno rispettare la legislazione Ue sulla concorrenza e sull’ambiente.
Sul dossier immigrazione i toni di Renzi sono stati altrettanto baldanzosi, dopo che negli scorsi giorni la Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione per la supposta incapacità delle autorità di identificare tutti i nuovi arrivati (con le impronte digitali). “In agosto – ha detto Renzi – un capo di governo ha dichiarato: ‘Prima la solidarietà, poi la burocrazia’. Sono parole che ha detto Merkel: non so se hanno aperto una procedura di infrazione anche per la Germania perché non ha preso le impronte”.
GASDOTTI NABUCCO NORTH E SOUTH STREAM
Qui però, fuor di retorica, per il Viminale restano tutti i problemi della vigilia. Con i controlli alle frontiere rafforzati (Schengen in coma) e i ricollocamenti negli altri paesi che non decollano, quali sarebbero le misure da adottare in Italia “per contrastare il rifiuto di registrazione”? Si riaprono i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) per detenere nel frattempo i più riottosi? Quale la capienza massima possibile? E quali le risorse finanziarie?
Secondo vari osservatori europei, perfino la polemica su Nord Stream 2 sarebbe stata infine strumentale al vero obiettivo di Renzi: quello di strappare a Bruxelles un altro po’ della solita “flessibilità” sui conti pubblici. E di rafforzare la ripresa anche ristabilendo la fiducia scalfita dal recente crac delle quattro banche popolari. Perciò il premier durante la riunione ha preso di petto il “nein” tedesco alla garanzia comune sui depositi e quindi al completamento dell’Unione bancaria. Ironie a parte (“la Germania non è il donatore di sangue dell’Europa”), però, Merkel sul punto è rimasta una sfinge. Con buona pace anche del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi.
“Non era il vertice delle decisioni – rassicura una fonte dell’esecutivo italiano – Ma è stato il vertice che sancisce una nuova dinamica politica con Berlino. Non solo per l’Italia”. Già in primavera, però, si valuteranno i risultati della nuova arrembante strategia di Renzi. Dall’altra parte c’è sempre la “letargocrazia” di Merkel, come l’ha definita su Handelsblatt uno dei più famosi filosofi tedeschi viventi, Peter Sloterdijk. “Un insieme di pragmatismo, indolenza e politica palliativa”. Da 10 anni, per Berlino, una garanzia di successo.
2. MERKEL INDISPETTITA PER LA FORMA MA LA PAURA È UN FRONTE ORIENTALE DOMINATO DA ORBAN E KACZYNSKI - LA POLONIA, SPALLA INDISPENSABILE, SI ALLONTANA DA BERLINO
Tonia Mastrobuon e Francesca Sforza per ''La Stampa''
Sorprendente, e parecchio seccante. Questi gli aggettivi circolati tra la diplomazia tedesca a proposito dell' ultima sortita del governo italiano su un' Europa troppo sbilanciata dalla parte della Germania.
merkel orban migranti profughi
Le prime irritazioni sono nate nelle scorse settimane quando è stata sollevata la questione delle sanzioni alla Russia, un punto non in agenda al vertice di Bruxelles, su cui però l' Italia ha avuto da eccepire con una motivazione risultata ai tedeschi particolarmente antipatica. Si è voluto infatti ribadire un primato della politica sulle technicalities: no agli automatismi sulle sanzioni - questa la posizione degli italiani - lasciando intendere che ci sono cose su cui l' argomentazione del rinnovo automatico è debole, per non dire in malafede, visto che gli stessi tedeschi continuano a fare affari con i russi nel consorzio Nord Stream.
I tedeschi però non amano le lezioni di politica, soprattutto perché sono abituati a una modalità di lavoro che è uguale e contraria a quella italiana: laddove in Italia la politica è la condizione di partenza per affrontare i dettagli, in Germania sono i dettagli il luogo da cui si irraggia la politica. Quindi il fatto di aver contestato il rinnovo automatico è suonato come una sorta di violazione dello spazio e delle regole comunitarie. I malumori si sono placati solo alla vigilia del summit, quando gli italiani hanno rassicurato la Germania che avrebbero appoggiato le sanzioni.
I dubbi sul rinnovo degli investimenti nel gasdotto che garantisce gli approvvigionamenti di «oro blu» direttamente dalla Russia alla Germania sono planati invece sul tavolo del vertice, sollevati da Matteo Renzi e appoggiati dal fronte ormai sempre più compatto dei Paesi dell' Est Europa. I frondisti di là della Oder non sono più capeggiati - ecco una delle novità più inquietanti delle ultime settimane - dall' Ungheria e dal suo «impresentabile» Orban, ma dalla Polonia.
Dunque, al di là del momento di tensione tra Italia e Germania sul Nord Stream e sul fondo di garanzia per le banche («su cui la discussione - al di là della propaganda - è stata brevissima, più breve che all' Ecofin» racconta una fonte diplomatica tedesca) che ha messo in luce un isolamento crescente di Berlino nel consesso europeo, il motivo di angoscia principale per Merkel è tornata ad essere Varsavia.
Tanto è vero che una delle questioni centrali, per la cancelliera, il rafforzamento di Frontex e dei controlli ai confini esterni europei - in teoria un obiettivo che dovrebbe interessare tutti, Est Europa compreso - è slittato causa sabotaggio esteuropeo e in particolare polacco. In prospettiva, è il «dossier Kaczynski», il nuovo baratro tra Berlino e il più grande e ricco Paese dell' Est, la più grande bomba ad orologeria dell' Ue.
Sino ad adesso, a sostegno delle questioni formali - spesso anche sostanziali, per la verità - i tedeschi pensavano di avere al loro fianco i Paesi dell' Est. «Una Russia eccessivamente presenzialista sulla scena internazionale non è rassicurante, in particolare per i Paesi dell' Est Europa, l' Italia dovrebbe rendersene conto» - spiegava una fonte diplomatica poco prima del vertice. E invece sono stati proprio loro i primi a mettere da parte le argomentazioni da Guerra Fredda e a sparare a zero su Nord Stream e la linea tedesca.
Un secondo dossier spinoso, rimandato per volontà tedesca, è quello del fondo di garanzia per le banche, su cui i tedeschi confermano da sempre la loro linea totalmente isolazionista sin dal famoso G2 di Parigi del 2008, quando Merkel disse a Sarkozy, citando Goethe, «ognuno spazzi davanti alla propria porta», ossia «a ciascuno il suo». Da allora Berlino ha investito oltre 230 miliardi per salvare le proprie banche e ha sempre difeso il principio che non vuole rischiare un centesimo per le banche altrui. Difficile cambi idea ora.
Neanche se si tratta di tradire il fondo di garanzia comune, ossia il terzo pilastro di un progetto europeo che ha contribuito nel 2012 a scongiurare la fine dell' euro: l' Unione bancaria.
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