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Fabio Martini per “La Stampa”
FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE
In cuor suo il presidente del Consiglio è straconvinto che davanti al «Truman Show» in corso al Senato, il pubblico degli elettori simpatizzi prevalentemente per lui e per il suo governo e tuttavia in queste ore a Matteo Renzi deve esser venuto un dubbio, che lui stesso ha squadernato nella sua newsletter: «Prevengo la critica di alcune email: non si mangia con le riforme».
In parole povere Matteo Renzi intuisce che il superamento del Senato gli porterà bene, ma che si tratta pur sempre di una battaglia politicista, tutta dentro il Palazzo, che può far scattare prima o poi un refrain del tipo: le cose che contano solo altre.
matteo renzi maria elena boschi
Ecco perché, ieri mattina mentre a palazzo Madama erano in corso riunioni febbrili sul destino della riforma del Senato, il presidente del Consiglio - interloquendo stavolta con i lettori di E-News - ha rilanciato su temi più palpabili, riversando per iscritto una nuova raffica di provvedimenti approvati, impegni, promesse. Con un processo retorico a lui caro - assorbire una critica o un argomento degli avversari, facendoli in parte propri - Renzi attacca così: «Con le riforme non si mangia? Frase che condivido, anche se solo fino a un certo punto. Perché le riforme strutturali sono la principale richiesta di tutti gli operatori economici mondiali. Fatte le riforme, l’Italia sarà molto più appetibile».
Dopodiché Renzi chiude l’argomento in modo davvero poco renziano: «Ma accetto la critica». E infatti il presidente del Consiglio, come sempre, rilancia su nuovi fronti: «Ci sono mille giorni davanti a noi dal primo settembre 2014 alla fine di maggio del 2017 dove libereremo l’Italia dai vincoli che non la fanno ripartire». Sostiene Renzi: «Ma non potremo farlo senza una discussione pacata sul vero valore aggiunto del nostro Paese: la cultura».
E qui arriva la promessa: «Cultura in Italia vuol dire musei, musica, arte, ricerca, turismo, innovazione. Ma vuol dire anche Rai che va tolta ai partiti, per ridarla al Paese». Significa che per lui la Rai, ancora oggi, è nelle mani dei «vecchi» partiti, dai quali Renzi promette di liberarla. Un affondo di insolita chiarezza, col quale Renzi attinge a due bacini di cittadini-elettori: quello dei tanti antipatizzanti della Rai e quello dei nemici dei partiti. Ma soprattutto annuncia che è destinato ad intensificarsi in autunno il suo impegno su una delle aziende pubbliche per eccellenza.
MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE
Scrive il presidente del Consiglio: «In questo mesi abbiamo lavorato su settori meno noti», a partire «dal decreto stadi (ci stiamo lavorando)». Questo significa che il governo sta immaginando di superare il provvedimento appena varato sugli impianti sportivi? Oppure si riferisce alla piccola impiantistica? Non è dato capirlo, ma in compenso il presidente del Consiglio rilancia tre aree di intervento, che sintetizza così: «Semplificare i tre settori in cui più forte è l’impatto nella vita quotidiana: pubblica amministrazione, fisco e giustizia», dossier che «sono accomunati da un fil rouge: diverranno punti di forza solo se riusciremo a fare una massiccia iniezione di nuove tecnologie».
Naturalmente Renzi tende a semplificare i messaggi: «Al termine della riforma della pubblica amministrazione nessun cittadino farà più la coda agli sportelli ma riceverà a casa - fisicamente o online - tutto ciò che gli serve: perché un certificato è un diritto, non una concessione».
Promesse o impegni già sventolati in diverse occasioni. In compenso nella newsletter della concretezza, Renzi glissa sull questione più delicata di tutte: con un Pil stagnante, con il bonus da 80 euro da rendere permanente, con una robusta spending review di cui non si conoscono ancora i contorni, servirà o meno una manovra autunnale? Il presidente del Consiglio si limita a ripetere che finora «anziché fare le manovre per chiedere i soldi, si fanno le manovre per dare i soldi».
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