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Veneto, la speranza di Zaia leader Su Bobo c'è il sì ma condizionato
Gobbo frena su Maroni e lancia il governatore, che però si chiama fuori
Marco Cremonesi per "Corriere della Sera"
La variabile Veneto. Nel giorno del dolore, quello delle dimissioni di Bossi, la deputata vicentina Paola Goisis lo aveva sibilato rabbiosa: «I veneti non accetteranno un altro segretario federale lombardo». E, giusto sul Corriere del Veneto di oggi, il segretario Gian Paolo Gobbo osserva che «l'uomo giusto per il dopo Bossi è Luca Zaia». Anche se l'interessato continua a ripetere di non essere in partita e di preferire l'attuale mestiere di governatore.
Al momento, anche nelle terre della Serenissima, soltanto i meno realisti ritengono che ci possa essere un futuro segretario più ampiamente rappresentativo di Roberto Maroni. Al di là delle divisioni interne al movimento, anche i non fan ritengono che l'ex ministro rappresenti, come dice un dirigente importante, «la sintesi migliore tra la storia della Lega e il suo possibile futuro. Senza i fatti emersi negli ultimi giorni, la questione sarebbe stata apertissima. Ma in queste condizioni, c'è poco da fare gli schizzinosi: una figura come quella di Maroni diventa davvero un salvagente».
E pazienza per le pulsioni venetiste. Lo dice un sostenitore di prestigio come il sindaco di Verona Flavio Tosi: «Il segretario federale non è territoriale. Il requisito è che sia bravo. Se venisse fuori un fenomeno dall'Emilia Romagna, andrebbe benissimo». Eppure, è certamente vero che in Veneto sono in parecchi a manifestare insofferenza nei confronti dell'«egemonia varesin-bergamasca» sul movimento. E un sondaggio effettuato tra i lettori del Corriere del Veneto, sia pure via web e dunque senza valore scientifico, ieri sera vedeva i favorevoli al ritorno della Liga veneta all'82,2%.
Il dato dei congressi provinciali fin qui svolti (tutti, tranne Padova) dovrebbe far dormire Maroni tra due guanciali in vista del congresso federale fissato per ottobre: i candidati riconducibili all'ex ministro dell'Interno o all'area di Flavio Tosi hanno spopolato ovunque, anche se in Veneto - a differenza della Lombardia - i congressi non eleggono delegati e dunque i rapporti di forza sono meno nitidamente definiti. Ma ci sono segnali comunque importanti.
Primo fra tutti, il rovesciamento che si è verificato nel trevisano. Da sempre bastione inespugnabile dell'area bossiana, presidiato dal sindaco-segretario «nazionale» (regionale) Gian Paolo Gobbo, oggi la Marca ha cambiato segno in modo significativo. Simpatizzano infatti per Maroni il presidente della Provincia Leonardo Muraro e il neoeletto segretario provinciale Giorgio Granello. Resta però da capire, qui come nel resto del Veneto, come sarebbe presa un'eventuale ricandidatura in ottobre del fondatore del Carroccio, ipotesi che ieri in via Bellerio veniva giudicata in ascesa.
In Veneto, però, l'idea non convince. Il prosindaco di Treviso, il tuttora popolarissimo Giancarlo Gentilini ritiene che Bossi abbia «fatto bene ad andarsene, ogni politico deve sapere quando è il momento giusto in cui abbandonare». Affondando il coltello: «Purtroppo con la malattia fisica non era più in grado di controllare tutto e tutti. E quando non c'è il gatto, i topi ballano».
Più in generale, l'uomo nuovo Giorgio Granello - famoso per le sue dichiarazioni di apprezzamento del Tricolore - osserva che con l'identità in Veneto non si scherza affatto: «Noi ci crediamo davvero, sicuramente nella futura segreteria vorremo contare». Tuttavia, anche per Granello «non è indispensabile che il nuovo segretario sia veneto. Ma certo con le nostre terre dovrà avere un rapporto vero».
Non sono pochi a ritenere che, in ogni caso, il futuro segretario non potrà guidare il movimento con l'imperio monocratico di Umberto Bossi: l'idea è quella di un segretario che sia primus inter pares. Lo dice, per esempio, Leonardo Muraro: «La Lega è composta da nazioni. E io credo che nella Lega di domani questo aspetto debba essere valorizzato, sia pure con il coordinamento di una segreteria unica».
Le recenti vicende suggeriscono a Muraro anche una «maggiore autonomia amministrativa. Per i soldi, proprio loro. Nel senso che devono essere divisi tra le nazioni sulla base dei rispettivi voti». Quanto a Bossi, «ha dato la vita per il movimento, ma ora credo debba avere un ruolo super partes più che la guida diretta». Ancora più franco: «Una sua ricandidatura non sarebbe capita».
Considerazioni simili anche da Flavio Tosi: «Le dimissioni di Bossi dimostrano quanto siamo diversi dagli altri partiti. E dunque, troverei improbabile che lui si candidi, dal momento che, come presidente, resta il padre del partito». Ma il sindaco di Verona è più padano che veneto: «Per quanto riguarda le scelte strategiche e le candidature, il Veneto ha sempre avuto una buona autonomia, sbaglia chi sostiene che decide tutto Milano».
luca Zaia DSC roberto maroniFLAVIO TOSIRENZO BOSSI - TROTAVINCINO SU MARONI E BOSSI
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