‘SCARICATO’ DAL PD DI BETTINI, IL MARZIANO MARINO S’ATTACCA AL SUO RENZI PER SALVARSI LE CHIAPPE E FAR FUORI GOFFREDONE…

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Ernesto Menicucci per "Il Corriere della Sera - Roma"

Si scrive Ignazio Marino, si legge Goffredo Bettini. Come dire: il «convitato di pietra» nel regolamento di conti tra «renziani» e «resto del mondo» all'interno del Pd romano. Perché l'obiettivo, gira che ti rigira, è quello lì: colpire la «primazia» (e forse la candidatura alle europee), la leadership politica e di scelte, che il king maker per antonomasia, l'inventore prima del «modello Roma» rutellian/veltroniano e poi del «marziano» Marino (sua ultima «creatura»), ha sempre esercitato all'interno della classe dirigente della Capitale.

Adesso, secondo i renziani, «si cambia verso anche qui», per usare lo slogan adottato dal sindaco di Firenze nella battaglia per le primarie. «Marino, adesso, dovrà ragionare con noi: confrontarsi, prendere le decisioni, stabilire l'agenda di governo», insistono i fedelissimi del «rottamatore». Il concetto è chiaro, e va anche oltre un eventuale rimpasto di giunta. Marino, che pure ha dichiarato di votare Renzi alle primarie, finora ha fatto riferimento (più in campagna elettorale e ad inizio mandato che dopo) ai vari Bettini, Zingaretti, Meta.

Ora, è l'idea dei renziani romani (Paolo Gentiloni e Lorenza Bonaccorsi sono i capifila), «bisogna spostare il baricentro, tenendo conto del risultato delle primarie». Se l'operazione andasse in porto, a farne le spese non sarebbe solo Bettini (aveva chiesto due posti in lista ai renziani, ma glieli hanno rifiutati), ma l'intero Pd romano. E la strategia di Marino, in questo momento, pare muoversi proprio in questa direzione. Puntando, anzi, ad andare anche oltre: bypassare tutti i livelli intermedi, i dirigenti locali, i segretari, i parlamentari ed avere un'interlocuzione diretta con Matteo Renzi.

Il primo contatto c'è stato domenica sera, subito dopo l'affermazione del «ciclone» fiorentino. Marino ha chiamato il sindaco di Firenze al telefono: «Ciao Matteo, congratulazioni. Ti aspetto a Roma, così parliamo un po'». La risposta? «Grazie, ci vediamo presto». Tra i due primi cittadini, del resto, esiste già un rapporto. Renzi venne a Roma in campagna elettorale, con un tour per la Garbatella. Ed è tornato ai primi di settembre, per una passeggiata sui Fori che si è trasformata in un caos organizzativo (e quella volta Renzi andò via piuttosto perplesso...).

Nell'immediato, quindi, la schiacciante vittoria del «rottamatore», fornisce a Marino la possibilità di smarcarsi ulteriormente dal partito. Anche perché, in questo momento, gli esponenti che gli chiedono di mettere mano alla giunta con un «rimpasto radicale» fanno quasi tutti riferimento all'area Cuperlo, uscita a pezzi dai gazebo. Nel medio periodo, però, le «rivendicazioni» dei renziani potrebbero aumentare. E la pressione sul sindaco farsi sentire maggiormente.

Per ora, c'è il tema delle segreterie. Cosentino deve ancora farsi la «sua» squadra per il Pd Roma (l'assemblea è convocata per il 20 dicembre): il vicesegretario sarà un renziano, ma con ballottaggio tra Tobia Zevi e Luciano Nobili. Poi si aprirà la partita per la segreteria regionale: a marzo si vota ed Enrico Gasbarra (anche lui ha scelto Cuperlo) sta ancora decidendo se ricandidarsi. «Tocca a noi», dicono i renziani. Due i nomi: Bruno Astorre o la stessa Bonaccorsi.

 

 

 

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