DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Alessandro Barbera Marco Bresolin per "la Stampa"
sergey razov ambasciatore russo
Ora che al caos-consegne di AstraZeneca si aggiunge anche il caos legato alla sicurezza, il vaccino Sputnik V non è più un tabù per l' Europa. Certo, ci sono ancora forti resistenze da parte di alcuni governi che vedono nel farmaco russo una «trappola». Ma il fronte dei Paesi aperturisti si sta rafforzando e una spinta in questo senso potrebbe arrivare proprio dall' esecutivo guidato da Mario Draghi. Che ha sì un' agenda filo-atlantica, ma anche un atteggiamento molto pragmatico: se ci fosse a disposizione un vaccino in più - questo il suo ragionamento - perché dovremmo rinunciarvi?
Mercoledì scorso si è riunito il Coreper, l' organo che raduna i 27 ambasciatori Ue.
E più di un presente fa notare che non sono passate inosservate le parole del rappresentante italiano: nel suo intervento l' ambasciatore ha sottolineato con favore la notizia relativa all' avvio della «rolling review» di Sputnik da parte dell' Ema, vale a dire il processo di revisione accelerata che in un futuro non troppo lontano potrebbe portare all' approvazione del vaccino. Leggerci un «pressing italiano» per l' acquisto del farmaco russo è eccessivo. Ma chi è abituato a dare il giusto peso alle parole nel linguaggio diplomatico ci ha visto una significativa presa di posizione da parte di Roma.
Fonti italiane minimizzano e spiegano che la linea del governo è chiara: sui vaccini Roma si muove nella cornice europea. E dunque, se Sputnik V dovesse passare l' esame da parte dell' Agenzia europea del farmaco, bisogna essere pronti ad avviare i negoziati anche con i russi per un acquisto a livello comunitario. Senza pregiudizi. Un' eventualità che fino a qualche settimana fa veniva esclusa dalla Commissione europea con almeno tre argomenti.
Primo: l' Ue si è già assicurata un numero sufficiente di dosi (2,6 miliardi) e dunque non è necessario un ulteriore contratto. Due: nella migliore delle ipotesi, Sputnik V non sarà disponibile in Europa prima della fine dell' anno e a quella data l' industria Ue avrà già prodotto 2-3 miliardi di dosi.
ursula von der leyen e vladimir putin
Tre: per quale motivo, ha sottolineato la stessa Ursula von der Leyen in più occasioni, la Russia vuole vendere in Europa il suo vaccino se non ne ha abbastanza nemmeno per i propri cittadini, viso il ridotto tasso di vaccinazione? La risposta gliel' ha data una settimana fa Charles Michel, che ha denunciato un' azione di propaganda: «Non dovremmo lasciarci ingannare da Russia e Cina - ha avvertito il presidente del Consiglio europeo, molto vicino a Emmanuel Macron -, che organizzano operazioni molto limitate, ma ampiamente pubblicizzate, per fornire vaccini ad altri».
Ora dall' esecutivo Ue precisano che «non ci sono discussioni in corso con la società» che produce Sputnik V, «ma la Commissione e gli Stati membri possono in ogni momento decidere di estendere il loro portafoglio di vaccini». Il che sembra già un passo in avanti.
Certo l' Unione pone come precondizione non solo l' approvazione da parte dell' Ema (secondo l' Agenzia l' ok potrebbe arrivare a maggio), ma anche la produzione sul suolo europeo. Su quest' ultimo fronte il fondo sovrano che produce il farmaco si sta già muovendo: ieri ha annunciato che sono stati raggiunti accordi con aziende in Spagna, Francia e Germania, oltre che in Italia. Secondo l' agenzia di stampa Reuters, il governo potrebbe utilizzare gli impianti di ReiThera per la produzione.
A oggi soltanto Ungheria e Slovacchia hanno approvato l' utilizzo di Sputnik tramite le rispettive autorità nazionali, mentre in Repubblica Ceca è in corso un duro scontro politico proprio sul vaccino russo (il governo non lo vuole, il presidente invece sì). Secondo i sostenitori dell' acquisto congiunto, un' azione coordinata a livello Ue potrebbe servire anche ad appianare le differenze tra gli Stati membri, limitando così l' effetto-disgregazione. Ma il problema è che a oggi non tutti i governi sono d' accordo e certamente la mossa rischia di creare qualche problema con gli Stati Uniti.
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