SE IL BANANA TACE, IL PARTITO AFFONDA: IL PDL ORA GOVERNA SOLO CAMPOBASSO E AOSTA

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Ugo Magri per "la Stampa"

Da ieri, i sindaci berlusconiani sono tra le specie in via d'estinzione. Non c'è una sola metropoli italiana ancora governata dal centrodestra. Persa in malo modo anche Roma, il più importante capoluogo regionale dove sventola la bandiera del Pdl è Catanzaro, in Calabria. Risalendo la Penisola, il Cavaliere regna a Campobasso (Molise) e ad Aosta.

Senza voler essere spietati, a questo punto la roccaforte più popolosa è Prato, 184mila abitanti, diciottesimo posto nella classifica degli abitanti secondo l'ultimo censimento. Delle prime 17 città italiane, solo Verona appartiene alla Lega. Le altre 16 stanno tutte a sinistra. Proprio tutte: Milano, Torino, Venezia, Genova, Firenze, Napoli... Idem per la bellezza di 91 dei 118 capoluoghi di provincia.

Politicamente, è come se un'onda si ritirasse lasciando qualche alga sparsa sul bagnasciuga. Eppure c'era stato un momento, non tanto lontano, dove quella stessa onda si era spinta impetuosa a lambire le capitali del potere «rosso». Qualcuna era effettivamente caduta nelle mani del centrodestra: in Emilia, nientemeno che Bologna insieme con le «ducali» Parma e Piacenza.

In Toscana, s'era arresa Arezzo al pari di Lucca e di Massa. Forza Italia (quando si chiamava ancora così) aveva preso saldo controllo di Verona, Vicenza e Padova. Non temeva rivali in Sicilia, dove nel 2001 realizzò il celebre en plein (61 a zero), per non parlare della Puglia, di Bari, di Lecce...

«Altri tempi», sospirano tristi dalle parti di Arcore, dove tra ricordi e rimpianti la débacle di questa tornata non è giunta del tutto inattesa. Specie la cacciata di Alemanno dal Campidoglio: Berlusconi se la sentiva dentro, per mesi aveva tentato di cambiare cavallo. Fosse ancora il duce di una volta, lui avrebbe puntato sul «piacione» Marchini. Non più tardi di venerdì scorso i sondaggi riservati di Alessandra Ghisleri gli avevano tolto ogni speranza.

Per cui ieri ad Arcore non si è udito alcuno sfogo iroso del leader, né si annunciano gesti inconsulti tipo rovesciare il tavolo del governo. L'equilibrio politico, con le vacanze dei politici che si avvicinano, non corre il minimo rischio.

È vero che in una conversazione con il direttore del «Foglio» Ferrara, Alfano si mostra stamane critico verso il premier. In qualche passaggio Angelino lancia una sorta di «avviso ai naviganti»: non tuttavia per reagire alla batosta ma per colpa di un'intervista a «Repubblica» dove Letta cestina il concetto caro a destra della «pacificazione». Unico ad additare le larghe intese come causa di un generale rammollimento, che a sua volta ha sparso il seme della sconfitta, rimane l'irriducibile Minzolini.

Tutti gli altri (senza distinzione tra «falchi» e «colombe») si rendono conto che l'alta politica stavolta c'entra poco. Il Pdl non è più in grado di eleggere sindaci perché, come da mesi denuncia inascoltato Cicchitto, manca di radici sul territorio. Da «partito di plastica», specie al Nord si è trasformato in partito-fantasma. Le rare volte in cui mostra il suo vero volto, offre un tale show di faide interne e di orrori (vedi Fiorito) da provocare disgusto.

«Siamo poco berlusconiani e molto imborghesiti», stila una diagnosi l'amazzone Biancofiore. «Berlusconi ci ha viziati», ammette quale responsabile dell'organizzazione la Santanché, «per noi i voti li ha sempre presi lui», col risultato che nessuno si sacrifica più. Servirebbe, spiega, ripartire da zero: ne parlerà stamane a Villa San Martino. Bondi, che nell'ammirazione del Capo non è secondo a nessuna, taglia corto: «Il Pdl vince se c'è il carisma di Berlusconi», ma stavolta mancava perché Silvio non può certo candidarsi in tutti i comuni d'Italia.

Al massimo può tenere qualche comizio. Senonché, in particolare a Roma, gliene hanno fatto passare la voglia. Racconta il seguente aneddoto un personaggio a lui vicino: Berlusconi impallidì quando Alemanno, venti giorni fa, fece salire sul palco della kermesse al Colosseo i candidati per la presidenza dei Municipi capitolini: «Sembrava di assistere a un telefilm americano, quando il colpevole viene riconosciuto in mezzo a una sfilata di facce patibolari...». Il paragone con Alcatraz suona 'altro eccessivo, ma da quel momento il contributo di Berlusconi si è limitato a qualche intervista con le tivù locali. Con un partito del genere, nemmeno lui ci mette la faccia.

 

 

Gianni Alemanno Abbraccia Berlusconi BERLUSCONI CANTA ALLA CENA DI ALEMANNO ALESSANDRA GHISLERI ALFIO MARCHINI CON LA REGINA ELISABETTAAUGUSTO MINZOLINIdaniela-santanchegianni alemanno