DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giacomo Galeazzi per "La Stampa"
Vatileaks continua ed emergono nuove piste. Intanto, il 5 novembre ci sarà la prima udienza del secondo processo nel caso della fuga di documenti riservati della Santa Sede, quello a carico di Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della segreteria di Stato, accusato di favoreggiamento. La posizione di Sciarpelletti era stata stralciata dal primo processo, quello a carico del maggiordomo del Papa Paolo Gabriele.
La grazia papale al maggiordomo del Papa è "possibile" ma "nessuno sa, né io ho da dire, quando, come, se e perché", ha precisato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, presentando la motivazione della sentenza di condanna a Paolo Gabriele. "à una possibilità , però non dico più di questo, aspettiamo e vediamo", ha aggiunto.
In ogni caso il direttore della Stampa Vaticana ha detto che: "La carcerazione di Gabriele sarebbe in Vaticano e non in Italia in quanto non c'è nessuna iniziativa in tal senso e credo non ci sia convenzione per attuare quanto pure è previsto dai Patti Lateranensi in base ai quali c'è la possibilità di far scontare in Italia le pene comminate da un Tribunale Vaticano".
Interpellato dai cronisti durante un briefing, il portavoce vaticano ha peraltro spiegato che - a differenza di quanto era stato prospettato dalla Santa Sede nei mesi scorsi - "se adesso avviene una carcerazione è da prevedere che avvenga in Vaticano" e non in Italia. La carcerazione scatterebbe qualora, scaduti i tempi per l'appello, la sentenza divenga definitiva. Quindi se ci sarà carcere per Paolo Gabriele sarà in Vaticano e non in Italia. Nessun richiesta è stata fatta all'Italia.
Per ora l'ex maggiordomo del Papa è ancora agli arresti domiciliari. Padre Lombardi ha anche spiegato che si è ancora in attesa della decisione se presentare appello da parte del procuratore di giustizia della Corte di appello vaticana, professor Giacobbe. Nel caso non ci sia appello la sentenza diventerà esecutiva. Dunque si proseguirà nell'opera di "purificazione" dopo lo scandalo-Vatileaks. La pena all'ex maggiordomo papale non è stata sospesa, i beni sequestrati in casa sua non sono stati rubati bensì "non restituiti" e nell'inchiesta, oltre ad Angelo Comastri e Paolo Sardi, figurano i nomi di altri due cardinali di Curia: l'indiano Ivan Dias e lo svizzero Georges Cottier. «à stato fissato il processo a Claudio Sciarpelletti per il 5 novembre alle ore 9», ha annunciato oggi il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi.
Ma l'attenzione è tutta per l'ex aiutante di camera di Benedetto XVI condannato per aver sottratto documenti segreti dall'appartamento papale. Alcune contraddizioni emergono dalle dichiarazioni di Paolo Gabriele circa il numero delle copie fatte dei documenti trafugati. à questo uno dei particolari che emerge dalle motivazioni della sentenza con la quale il tribunale vaticano ha condannato l'ex maggiordomo del Papa Paolo Gabriele per il furto di documenti riservati dall'appartamento del Papa.
«Le dichiarazioni dell'imputato - si legge nel dispositivo - presentano qualche contraddizione, per esempio laddove afferma di aver fatto solo due copie (quella data al Nuzzi e quella data al confessore), quando invece di molti documenti si è trovata anche una terza copia, reperita nel corso della perquisizione dell'abitazione vaticana e sequestrata; o laddove afferma di avere effettuato le fotocopie durante l'orario di ufficio, mentre, sempre in dibattimento, dichiara: "preciso che non c'era un orario prestabilito"».
«L'imputato invece - prosegue il testo - non nega di aver fatto le fotocopie anche in momenti nei quali, non essendo presenti entrambi i segretari del Pontefice, rimaneva solo in ufficio: difatti nelle ricordate dichiarazioni rese in dibattimento ha affermato che le fotocopie sono state effettuate "a volte anche in presenza di altre persone"». In ogni caso, si spiega nelle motivazioni della sentenza, «la sostanza dei fatti per i quali il Gabriele è sottoposto a giudizio trova conferma nelle deposizioni dei testi ascoltati nel corso del dibattimento.
A cominciare da quella di monsignor Georg Ganswein, segretario particolare Benedetto XVI, che confermando quanto già dichiarato avanti al giudice istruttore a domanda del Promotore di Giustizia risponde: "Ho rilevato nel libro di Nuzzi dei documenti che non erano circolati nei dicasteri della Santa Sede e sui quali avevo solo riferito verbalmente al Santo Padre. In particolare, si trattava di una lettera del giornalista Vespa, di una lettera del Direttore di una banca del nord e della stampa di una email inviatami dal padre Lombardi relativa al caso Orlandi. La scoperta nel libro di questi documenti, che non poteva conoscere nessun altro, mi ha insospettito"».
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