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Amedeo La Mattina per "La Stampa"
L'occasione di un caffè a piazza Colonna serve a Renzi per capire le preoccupazioni del «popolo amico». «Attento Matteo, non farti infinocchiare da Berlusconi», gli gridano. Il premier replica: «Messaggio ricevuto, state tranquilli». Ma è difficile a Palazzo Chigi dormire sonni sereni con una maggioranza in fibrillazione perenne sulla riforma costituzionale.
à questo il terreno del confronto con l'ex Cavaliere. Che nelle ultime ore ha persino ventilato l'ipotesi di una nuova maggioranza congiunta. Parole che hanno fatto tremare i polsi a molti esponenti del Pd. «Non siamo né pronti né disponibili al matrimonio», ha chiarito per tutti D'Alema. Ma resta evidente che equilibri e collaborazioni future saranno condizionate dall'esito del voto del 25 maggio.
à lo stesso sottosegretario Delrio, vero alter ego di Renzi, ad ammettere che il governo avrà grossi problemi se il Pd resterà inchiodato al 25% e Alfano non riuscirà a superare il 4. Ipotesi improbabile. Non impossibile. In attesa del voto la riforma del Senato viene congelata. Solo se l'esito delle europee sarà confortante il patto con Berlusconi reggerà .
Ieri Palazzo Madama sembrava un campo di battaglia dopo la prima tregua. Feriti ovunque.
La pressione di Verdini sull'ex Cavaliere e le telefonate di quest'ultimo con il premier hanno portato all'approvazione in commissione Affari costituzionali del testo del governo con i voti di Forza Italia. «Se ci fossimo tirati indietro - ha spiegato Berlusconi - ci avrebbero accusato di essere dei sabotatori e di essere venuti meno ai patti».
Il soccorso azzurro ha dunque salvato Renzi al quale sono mancati i voti di alcuni senatori della sua maggioranza (i più oltranzisti Corradino Mineo e Mario Mauro), ma non ha risolto l'ambiguità dello strano rapporto con l'ex Cavaliere, che non ha mai fatto della coerenza il suo segno distintivo. L'intesa con l'ex Cavaliere giova al Pd o lo soffoca? «Non abbiamo salvato il governo», dice Paolo Romani. Che aggiunge.
«Adesso c'è spazio per gli emendamenti fino al 23 maggio. Dopo le elezioni il tema uscirà dal teatrino della campagna elettorale». Perciò le riforme entrano nel congelatore. Questo renderà impossibile l'approvazione in prima lettura entro il 10 giugno, la data indicata in maniera perentoria dal premier. Berlusconi, con questo balletto di concessioni e ritirate improvvise, non ha dato a Renzi la possibilità di utilizzare come bandiera per la campagna elettorale la nuova configurazione del Senato.
Renzi però si è preso la soddisfazione di incardinare il percorso delle riforme stesse partendo dal testo del governo. Il risultato è arrivato dopo una serie di telefonate tra il premier, Verdini e Berlusconi, il quale alla fine ha chiamato in commissione il ministro Maria Elena Boschi per il via libera che ha evitato la crisi di governo. A quel punto il ministro si è avvicinata al capogruppo di Fi Romani passandogli il cellulare: «Ti vuole parlare il presidente Berlusconi». Così il primo tempo della partita si è chiuso con un pareggio.
Ma che cosa succederà quando riprenderanno le danze? «Voglio vedere cosa resterà del patto Renzi -Berlusconi, quando si voterà emendamento per emendamento. Cosa faranno i senatori di Fi, staranno sempre al telefono con Berlusconi e Verdini? Vedrete che alla fine il Pd l'accordo dovrà farlo con noi della Lega», dice caustico Calderoli. Corradino Mineo, del Pd, ha una visione meno divertita: «La verità è che è stato celebrato il funerale della riforma Renzi con il serpente di Berlusconi dentro la bara». Giova fare accordi con l'ex Cavaliere?
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