TENDENZA/PENDENZA MATTEO – LA SFIDA DI RENZI A BERSANI RIDISEGNA ALLEANZE E CORRENTI ALL’INTERNO DEL PD –

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ALLEANZA E CORRENTI DEI DEMOCRATICI - COSÌ LA "TENDENZA MATTEO" CAMBIA TUTTO

Giovanna Casadio per "La Repubblica"

«Se c'era Renzi, Berlusconi si ritrovava con i capelli di Casaleggio... ». Il tormentone online "secerarenzi" continua da qualche giorno con battute paradossali. Scherzi a parte, sono stati tanti a invocare il "rottamatore" dopo che le elezioni hanno terremotato il centrosinistra. E in tv, sabato, Renzi ha detto proprio questo: «Sto scaldando i motori: io ci sono, ci sarò».

In un Pd disarticolato dallo tsunami del voto, la sfida renziana a Bersani scoppia con incredibile tempismo. Rende felici i renziani di lungo corso (quelli che alle primarie per la premiership si erano già schierati con lui), raccoglie nuove adesioni (tra gli altri il sindaco di Bologna, Virginio Merola, e Massimo Cacciari) e miete, a sorpresa, simpatie tra lettiani e franceschiniani.

Il sindaco "rottamatore" - battuto da Bersani alle primarie di dicembre - si ricandiderà premier? Il suo portavoce, Marco Agnoletti cinque giorni fa ha dovuto precisare: «Matteo si candiderà di nuovo sindaco di Firenze nel 2014». Visto come si stanno mettendo le cose, non ci crede più nemmeno Renzi.

Sta cambiando tutto. Del vecchio schema per correnti nel Pd - è la facile previsione - resterà assai poco. Non solo perché un rinnovamento dei quadri del partito c'è stato davvero, ma anche perché Bersani non ha vinto.

Quindi, con il segretario c'è formalmente ancora tutta la nomenklatura - a sostenere il tentativo di governo con i grillini - però a "blindarlo" davvero oltre ai fedelissimi (Errani, Migliavacca), sono solo i "giovani turchi", la gauche del Pd, antirenziani nel dna. Vasco Errani ieri derubrica a «schermaglie» le uscite «di Matteo» sullo scilipotismo che affliggerebbe i Democratici propensi a trattare con i 5Stelle, o l'abolizione subito e totale del finanziamento pubblico ai partiti. Però lo scontro è sotto gli occhi.

Matteo Orfini - bersaniano, uno che dopo Bersani vedrebbe bene Barca - gli dà del «Gian Burrasca»: «La sua uscita è stata dannosa in un momento così delicato - giudica Orfini - . Dal voto è uscito sconfitto anche lui, la sua linea "liberale", il modo in cui ha liquidato la sinistra». Apprezzamenti ancora più duri dagli altri "giovani turchi", come Stefano Fassina. Lo staff di Bersani ha chiesto di mordersi la lingua prima di parlare; di evitare «tafazzismi»; di non mettere in scena divisioni, quando il problema vero è dare un governo al paese.

Ma la partita per la leadership democratica è parallela al rebusgoverno. Non la fermerà nessuno, perché si è già messa in moto. Qualche giorno fa, Dario Franceschini aveva detto in una riunione di Areadem che, se ci fosse stata la malaugurata ipotesi di elezioni a breve, in campo - of course - ci sarebbe stato Renzi. In sintonia con quest'analisi anche Enrico Letta, che in un'intervista al Foglio l'ha dichiarato: «Renzi sarà la carta del futuro».

I renziani doc, con una certa perfidia, parlano di «smottamenti» una volta venuto meno il collante della vittoria. A parte Rosy Bindi (che al "rottamatore" non perdona gli attacchi personali e la "poca sinistra" della sua proposta politica), i cattolicodemocratici scoprono le sintonie con Renzi. Ripreso poi, il dialogo tra il sindaco di Firenze e Walter Veltroni.

I due hanno avuto un lungo colloquio, dopo il gelo preelettorale. «Matteo è stato molto
corretto - giudica Paolo Gentiloni, renziano - è stato leale, ha dato sostegno al Pd durante tutta la campagna elettorale e a Bersani. Ma è evidente che ora ha dovuto cambiare programmi e attitudini: si era messo l'anima in pace immaginando i tempi lunghi
o medi della nuova legislatura, la situazione che si è venuta a creare cambia, credo, il gioco».

In pratica, il "rottamatore" si trova a dovere bruciare le tappe, se non vuole perdere il prossimo treno. Tifano per lui il sindaco di Bologna, Virginio Merola che all'indomani del voto, ha avvertito: «Così non sfondiamo, serve Renzi per rinnovare». Il dibattito sui nuovi renziani è stato bloccato sul nascere. Matteo Richetti - pro Renzi da quel dì - ha bacchettato: «In un momento così drammatico, non mi pare sia il caso di dividersi». La velocità con cui tutto precipita, il rischio concreto di un ritorno alle urne, bruciano però le cautele, e riscrivono la mappa interna del Pd.

 

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