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LA LETTERA DEI RIFORMISTI DEM SUL REFERENDUM SPACCA LA MINORANZA E APRE UNA "RESA DEI CONTI PREVENTIVA NEL PD” – SORGI AFFONDA IL COLPO SULLA SCHLEIN: “L'UNICA REAZIONE DI ELLY AL DISSENSO È DIRE CHE IN DIREZIONE SUI REFERENDUM SI È DISCUSSO E SI È VOTATO. DATO CHE ANCHE NELLE DIREZIONI DEI PARTITI PIÙ SERI, COME CERTO È IL PD, SUCCEDE CHE SI PRENDA UNA DECISIONE ANCHE PER MANDARE A SBATTERE UNA SEGRETARIA, SCHLEIN AVREBBE IL DOVERE DI ACCORGERSENE PRIMA" - LA DIVISIONE NELLA MINORANZA DEM TRA IL PRESIDENTE PD BONACCINI E PICIERNO-GORI...

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Marcello Sorgi per “La Stampa” - Estratti

 

ELLY SCHLEIN E STEFANO BONACCINI

 La lettera a "Repubblica" dei riformisti del Pd che annunciano di voler votare al referendum per la cittadinanza degli immigrati ma non a quello sul lavoro, apre una resa dei conti preventiva, nel senso che avviene prima dell'appuntamento alle urne dell'8 giugno, quando ci si poteva aspettare che arrivasse dopo i risultati. Che segneranno, molto probabilmente, il fallimento della consultazione per mancato raggiungimento del quorum richiesto del 50% più uno degli elettori aventi diritto, come vuole la Costituzione.

 

schlein landini

(...) Ma fatte tutte le somme e considerato che gli elettori di centrodestra non andranno a votare o andranno in minima parte, perché considerano la vittoria dell'astensione il risultato più facile da conseguire e quello politicamente più conveniente – lo giustificano dichiarando "perché aprirà un congresso a sinistra" –, ai promotori mancano tra 7 e 8 milioni di elettori.

 

Che non sarà così facile spingere verso i seggi, se già adesso affiorano divisioni sulle indicazioni di voto. E se l'unica reazione di Schlein al dissenso è che in direzione sui referendum si è discusso e si è votato. Dato che anche nelle direzioni dei partiti più seri, come certo è il Pd, succede che si prenda una decisione anche per mandare a sbattere una segretaria, che avrebbe il dovere di accorgersene prima.

pina picierno elly schlein

 

 

I DEM LITIGANO SUL JOBS ACT

Daniela Preziosi per “Domani” - Estratti

 

 

È una doppia mossa quella dei sei dem della minoranza riformista che martedì 13, con una lettera a Repubblica, hanno messo in chiaro la loro posizione sui referendum. La prima, la più evidente, è la formalizzazione del dissenso con la linea che Elly Schlein ha impresso al Pd in vista dell’8 e 9 giugno.

 

 

 

maurizio landini angelo bonelli elly schlein assemblea europa verde foto lapresse

Gli eurodeputati e deputati Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Marianna Madia, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Filippo Sensi scrivono che voteranno sì al quesito sulla cittadinanza e sulle imprese appaltanti, «ma non voteremo gli altri tre perché la condizione del lavoro in Italia passa dal futuro, non da una sterile resa dei conti con il passato». Il riferimento è al quesito che cancella il Jobs act, legge-simbolo del riformismo renziano, di cui i sei sono stati sostenitori, come quasi tutto il Pd del 2015.

 

 

giorgio gori al parlamento europeo

 

Il Pd vota cinque sì, linea approvata nell’ultima direzione. «All’unanimità», dice Schlein. In realtà la minoranza a quel voto non ha partecipato, regalandole la possibilità di vantare un «partito unito». Per di più in queste ore il Pd attacca alzo zero l’appello all’astensione della destra. Ora i sei, pur ammettendo che «votare è un diritto/dovere costituzionale» e che «la partecipazione è il cuore di una democrazia», annunciano che non ritireranno tre schede: cos’è se non il tentativo di non far raggiungere il quorum?

 

 

 

 

lorenzo guerini foto lapresse

Nella lettera a Repubblica non c’è solo la messa a verbale delle distanze con Schlein. In realtà porta alla luce la “spaccatura” nella minoranza. Energia popolare, corrente fin qui capitanata da Stefano Bonaccini, nelle ultime settimane si è riunita due volte. Per discutere, più che dei quesiti, delle tensioni con la segretaria, accusata di tenere in scarsa considerazione la minoranza: dal riarmo in giù.

 

 

 

Da una parte c’è chi, come Picierno e Gori, spinge perché la componente abbandoni la segreteria e l’atteggiamento unitario (abbastanza o moderatamente, a seconda dei gusti); dall’altra chi come Bonaccini punta, nonostante le differenze, a proteggere l’unità del partito, di cui peraltro è presidente. Ma lunedì scorso, all’ultima riunione – dalle otto di sera a notte fonda, molti i collegati da Strasburgo – le posizioni si sono divaricate. «La segretaria sta facendo la sua linea con i nostri voti», ha sbuffato una dirigente: il riferimento è ai voti raccolti dai riformisti che hanno fatto crescere fino al 25 la percentuale alle europee. A questo punto, viene riferito, Bonaccini ha preso atto: «Se volete fare battaglia contro la segretaria, fatevela da soli. Io non ho questa intenzione».

filippo sensi marianna madia foto di bacco

 

 

 

Se non è una scissione, è almeno una separazione di pratiche. E forse destini. Un riformista di rango sparge acqua: «Non siamo una caserma, né una corrente di quelle che si muovono come un monolite. Fra noi ci sono personalità, soggettività – pausa e sospiro – e anche qualche protagonismo. Ma nei territori la stragrande maggioranza ci chiede di stare uniti».

 

 

 

Ma chi ha battuto un colpo – i “Liberi e forti”, per dirla come la dice Picierno – ha intenzione di batterne altri presto: di certo al voto sull’aumento delle spese militare, ma nell’immediato con la richiesta della conferma di Eugenio Giani in Toscana, il presidente in scadenza che Schlein vorrebbe sostituire con un nome più vicino a lei. Giovedì 15 maggio a Milano, alla Cascina Cuccagna, il circolo Matteotti fondato da Quartapelle chiama Picierno, Gori, Guerini e Simona Malpezzi (ma anche Elena Bonetti di Azione, Benedetto Della Vedova di +Europa e Marco Taradash) al confronto «Coraggio, è l’ora di dare». Dare battaglia interna?

 

landini bonelli schlein fratoianni assemblea europa verde foto lapresse

 

 

Dal Nazareno nessuno vuole dare spago alla polemica interna. «Ai referendum la linea del Pd è cinque sì, ma non chiedo abiure a nessuno», ripete Schlein. Un deputato a lei vicino taglia corto: «Il partito è da tempo al lavoro sulla campagna referendaria. Ci sono iniziative ogni giorno. La base è ampiamente favorevole ai referendum. L’avversario è la destra: è scandalosa la campagna astensionistica di La Russa, Tajani e Lollobrigida».

 

 

 

claudio martelli lia quartapelle 44

Martedì 13 infatti il ministro dell’Agricoltura si è unito all’appello per il non voto con una battuta sarcastica: «Non andrò a votare al referendum. Molti quesiti sembrano un congresso del Pd più che un referendum». «Io non partecipo un congresso del Pd», lo aveva preceduto Maurizio Gasparri. Pd, M5s e Avs è arrivata una severa nota congiunta: «L’invito ad astenersi mina la salute della nostra democrazia, già pesantemente provata da politiche liberticide e repressive promosse dal governo Meloni».

 

 

 

Quella di Lollobrigida è una battutaccia. Ma la missiva dei riformisti suona come un «Ci rivedremo a Filippi»: se il referendum va male potrebbero pretendere un «chiarimento». Senza aspettare le regionali, come invece chiedono i riformisti dialoganti. Ma è un rischio: Schlein potrebbe decidere di anticipare il congresso, convinta di stravincere, stavolta anche dentro il partito. 

 

pina picierno (2)

(...)

 

 

elly schlein maurizio landini landini schlein

 

 

 

MAURIZIO LANDINI ELLY SCHLEIN - MANIFESTAZIONE CONTRO IL PATRIARCATO E LA VIOLENZA SULLE DONNE LA GALASSIA DELLE CORRENTI DEL PD