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La speranza è che la buriana passi presto, fondamentalmente grazie a san Mario Draghi. A Palazzo Chigi non c’è un comitato di crisi sul default greco. Non si partecipa alle consultazioni telefoniche tra leader per cercare di disarmare il referendum indetto da Alexis Tsipras per domenica. Non si lavora a ipotesi di mediazione tra i falchi di Bruxelles e le cicale di Atene. Niente di niente.
Eppure l’Italia è uno dei maggiori creditori di Atene, anche se ieri il ministro Pier Carlo Padoan ha ridimensionato le cifre (36 miliardi). Ma il nostro governo non è stato coinvolto nei tavoli ristretti sulla crisi greca, dove Francia e Germania l’hanno fatta da padroni, e ieri quando Obama ha deciso di alzare il telefono per sentire in presa diretta che sta succedendo, ha scelto di chiamare Francois Hollande e persino David Cameron, la cui Inghilterra con questa partita non c’entra proprio nulla. Ma a Renzi neppure uno squillo.
E del resto forse è meglio che nessuno ci abbia chiamato perché non abbiamo una linea ben definita, se non una generica fiducia in qualche miracolo della Merkel. Ieri il premier ha twittato in inglese sulla Grecia, senza prendere posizione veramente, ma dicendo che il referendum è un derby tra dracma ed euro.
In realtà, secondo quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, il nostro governo spera che da qui a domenica l’Europa faccia una nuova proposta alla Grecia più blanda e favorevole, in modo da disinnescare il referendum e renderlo una consultazione su un’ipotesi superata. Ma ovviamente che l’Italia possa avere un qualche ruolo in questa proposta “migliorativa” è escluso praticamente da tutti.
Stamattina “Il Sole 24 Ore” riporta un modesto virgolettato del nostro premier, in cui sostiene che siamo fuori dalla linea di fuoco dei rischi di un eventuale default greco perchè “abbiamo iniziato un percorso coraggioso di riforme strutturali, l’economia sta tornando alla crescita e l’ombrello della Bce ci mette al riparo”. Al di là della solita propaganda sulle riforme e sulla crescita, c’è l’indicazione chiara del nostro Stellone: Mario Draghi da Francoforte. Se questa è la solfa, tanto vale affidargli anche Palazzo Chigi
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