UNA TALPA IN PROCURA? - DOPO LA GAFFE DI SCIABOLETTA SCAJOLA SUI DOSSIER DEI “SERVIZIETTI”, UN’INCHIESTA SULLA ’NDRANGHETA SCUOTE LA LIGURIA - ALLE COSCHE CALABRESI APPALTI IN CAMBIO DI VOTI, E SPUNTA UNA INTERCETTAZIONE CHOC - IL BOSS MARCIANO’ CONFIDA A UN AMICO: “UN MAGISTRATO DI GENOVA PER 10MILA EURO È DISPOSTO A VENDERE I PROPRI SERVIGI” - IL MINISTRO A SUA INSAPUTA (NON INDAGATO) A CENA NEL LOCALE DEL BOSS?...

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1-GIUSEPPE MARCIANÃ’, ARRESTATO PER MAFIA A VENTIMIGLIA, PARLA DELL'EX MINISTRO
Lucio Musolino e Ferruccio Sansa per "Il Fatto Quotidiano"

Non so se mi capite, quando ha fatto il pranzo Boscetto (il senatore Boscetto, ndr) quando è venuto Scajola, quando è venuto Saso (Alessio, consigliere regionale Pdl), quando.. avete capito quella, la Barabino (assessore alla provincia di Imperia) c'erano anche loro".
Parola di Giuseppe Marcianò, l'anziano boss di Ventimiglia legato alla cosca Piromalli di Gioia Tauro e finito in manette due giorni fa per associazione mafiosa, nell'ambito dell'inchiesta "La Svolta", coordinata dalla Dda di Genova. A sentire Marcianò l'ex ministro dell'Interno e capo del Copasir, Claudio Scajola, sarebbe andato a cena nel locale del boss della 'ndrangheta. Niente di illegale, certo un "dettaglio" imbarazzante contenuto in un'intercettazione ambientale del 23 dicembre 2010 e riportata nelle carte dell'inchiesta

"La Svolta" condotta dal pm Giovanni Arena.
Sono le 8 e 30 della mattina quando la microspia piazzata dai militari dell'Arma all'interno del ristorante "Le Volte" di Ventimiglia registra la chiacchierata tra il titolare del locale, l'anziano boss calabrese appunto, e un «uomo non identificato".

È a questo punto che spunta il nome di Scajola, il signore della politica nel Ponente ligure (non indagato). Dopo le inchieste antimafia nel Ponente ligure che hanno portato allo scioglimento dei comuni di Bordighera e Ventimiglia, Scajola e gli altri big locali non avrebbero più frequentato il ristorante del capo cosca Marcianò fino ad allora un ritrovo per i pranzi elettorali degli esponenti del Pdl locali e nazionali. Scrive, infatti, il gip Massimo Cusatti: «Marcianò si lamenta del fatto che" dopo la pubblicazione sui giornali di articoli sulle inchieste di mafia nel Ponente, "molti esponenti politici che frequentano il suo locale sono praticamente scomparsi, al chiaro fine di non vedere accostato il proprio nome al suo".

Il mammasantissima di Ventimiglia commenta: "Sono cose brutte per tutta la Calabria... Avete capito voi e la gente non sono venute più".

Tra questi, quindi, anche Alessio Saso, ex vicesindaco di Imperia e consigliere regionale della Liguria in contatto con "il capo del locale Domenico Gangemi" al quale si sarebbe rivolto non solo per "rastrellare voti" a Genova ma anche "per ottenere sostegno elettorale nell'estremo Ponente ligure", territorio di don "Peppino" Marcianò.

Inquietante la premessa del gip secondo cui, "dalle indagini, sono emersi numerosi contatti e riferimenti a uomini politici risultanti, in ottica accusatoria , più o meno vicini al gruppo degli indagati, a riprova di come il sodalizio capeggiato da Marcianò si sia realmente infiltrato nel contesto sociale del Ponente ligure, al punto da esercitare indebite influenze sia sulle competizioni elettorali che si svolgono, sia sulle determinazioni delle amministrazioni locali che ne siano scaturite.

È del tutto comprensibile che le organizzazioni criminali di stampo mafioso si prodighino per procurarsi il futuro avallo burocratico delle proprie iniziative ad opera di amministratori dei quali abbiano favorito l'elezione, convogliando sul loro nome flussi importanti di voti e alterando così, in favore degli stessi , il regolare svolgimento delle competizioni elettorali".

Un colpo dietro l'altro per il centro-destra ligure: prima, appunto, gli scioglimenti di due comuni che amministrava, Bordighera e di Ventimiglia. Poi, ieri, l'inchiesta "La svolta" che vede indagati l'ex sindaco di Ventimiglia, Gaetano Scullino, e il suo braccio destro e city manager Marco Prestileo per concorso esterno in associazione mafiosa. Mentre l'ex sindaco di Bordighera , Giovanni Bosio, e il primo cittadino di Vallecrosia, Armando Biasi, sono indagati per voto di scambio sempre nella stessa inchiesta.

E pensare che, appena un paio di anni fa, Scajola aveva sparato a zero contro "chi dipinge la Riviera come dominio della ‘Ndrangheta".
Intanto Christian Abbondanza, una delle poche voci che denunciano da anni le infiltrazioni mafiose in Liguria, è lasciato solo: chiede protezione, ma dalle istituzioni arriva un silenzio assordante.


2-LA NDRANGHETA NON RISPARMIA IL PONENTE LIGURE
Luca Rinaldi per Linkiesta.it


«So tutto di voi, per gli incarichi istituzionali che rivestivo, ho guidato i servizi, conosco i vostri segreti». Mentre il ras del Pdl ligure, l'ex ministro Claudio Scajola, avvertiva i vertici regionali del suo partito, con piglio risentito, nelle stesse ore la Direzione Distrettuale Antimafia di Genova portava a termine una importante operazione antimafia contro la ‘ndrangheta nell'estremo ponente ligure.

Quindici arresti e tredici indagati a piede libero, tra cui l'ex sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino e l'ex sindaco di Bordighera Giovanni Bosio, primi cittadini dei due comuni liguri sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata a cavallo tra il 2011 e il 2012.

Ed è proprio nelle pagine redatte dalle commissioni di accesso ai Comuni e poi firmate dal ministero dell'Interno che si trovano informazioni preziose per comprendere fino a dove si spinge la criminalità organizzata in un territorio come quello ligure. È infatti, ancora una volta, il rapporto perverso tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata, il filo conduttore delle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova guidata da Michele di Lecce.

Dalle carte dell'operazione ribattezzata "La Svolta" emerge infatti la volontà da parte dei sodalizi della ‘ndrangheta di procurarsi una "amministrazione gradita", per poi lavorare con imprese e servizi sul territorio. Non è un caso infatti che siano indagati gli ex sindaci di Ventimiglia e Bordighera, sciolti per infiltrazione della criminalità organizzata, e con loro, l'ex city Manager di Ventimiglia Marco Prestileo e il sindaco di Vallecrosia (Imperia), Armando Biasi. Per Scullino e Prestileo avevano già parlato anche gli atti dei commissari del comune di Ventimiglia «Gaetano Scullino, «ha contatti con i membri della famiglia Marcianò, in particolare con il capofamiglia Giuseppe, con il quale si è incontrato personalmente». Così scrivevano anche per Prestileo.

L'inchiesta è partita due anni fa e ha permesso di individuare una "locale" (cellula criminale strutturata) di ‘ndrangheta nella provincia di Imperia, indipendente rispetto a quella calabrese dei Piromalli, che rimaneva comunque il punto di riferimento di Giuseppe Marcianò e Antonio Palamara, ritenuti dagli inquirenti i capicosca della cellula imperiese.
Uomini della ‘ndrangheta in grado di spostare pacchetti di voti, così, dicono gli investigatori, la politica si rivolgeva a loro, soprattutto in periodo di campagna elettorale tanto che, oltre a organizzare cene e incontri, Marcianò e i suoi provvedevano anche alla formazione delle liste inserendo i propri uomini.

Stando attenti però, si legge in una intercettazione, a non inserire troppi calabresi «perchè altrimenti poi se ne accorgono». Tanto è che gli stessi inquirenti riferiscono che in questo caso, il reato di voto di scambio «non esiste di fatto. In questo caso è stata operata una costante ingerenza nel mondo della politica che ha portato gli indagati a "costruire" amministrazioni "amiche». Non è un caso che proprio nel vecchio ristorante di Giuseppe Marcianò gli investigatori impegnati nell'indagine abbiano documentato incontri e cene elettorali. Occasioni in cui soggetti identificati come esponenti dei clan entravano in contatto con gli uomini della politica locale e in alcuni casi anche regionale della Liguria, alcuni dei quali già implicati in altre indagini, come l'ex sindaco di Ventimiglia Vincenzo Moio, esplicitamente citato in un rapporto della Direzione Nazionale Antimafia.

Amministrazioni amiche che avrebbero, e in alcuni casi hanno, favorito la gestione di alcuni segmenti di grandi appalti. Nell'ordinanza emessa dal Gip Massimo Cusatti emergono infatti le opere dei porticcioli di Ventimiglia e Ospedaletti. Così tra aziende e cooperative gestite da teste di legno, un grande classico per le cosche che colonizzano e delocalizzano al nord, spunta il nome della Cooperativa sociale Marvon, finita nel mirino proprio quando venne sciolta l'amministrazione comunale di Ventimiglia guidata dall'ex sindaco Gaetano Scullino, che non contento della relazione del ministro Cancellieri, fece pure ricorso al Tar, ancora ignaro delle indagini su di lui.

Soci occulti della Marvon, secondo le indagini, sono Omar Allavena, ex agente di polizia municipale di Vallecrosia, e Annunziato Roldi, il cui nome compare anche nelle indagini riguardanti l'attentato al costruttore di Bordighera, Piergiorgio Parodi. Già dalla relazione dei commissari del Comune di Ventimiglia emerge come la partecipata del Comune Civitas abbia affidato direttamente alla Marvon - riconducibile alla famiglia Marcianò - la realizzazione del 60% dei totale delle opere appaltate dal 2009 al 2011, senza rispettare le procedure.

A mettere una strana pulce nell'orecchio di investigatori e magistrati, tra cui il capo della Dda di Genova Michele Di Lecce, è una intercettazione agli atti in cui Giuseppe Marcianò viene registrato mentre dice che un «magistrato di Genova per 10mila euro è disposto a vendere i propri servigi». Il che può significare una cosa sola, che qualcuno dall'interno possa avvertire di indagini in corso e attenuare misure di sorveglianza. Nell'ordinanza il gip Cusatti scrive che al momento il soggetto in questione non è stato identificato, ma l'intercettazione è stata comunque trasmessa alla procura di Torino, competente per le indagini sui giudici e pm liguri.

Un'uscita, quella di Marcianò, che fa tornare alla mente recenti veleni passati dalla Procura della Repubblica di Genova, con Di Lecce, che neo insediato a capo della struttura si è voluto prendere le deleghe all'antimafia, togliendole al procuratore Vincenzo Scolastico. Ufficialmente "un atto procedurale automatico". Scolastico però nelle scorse settimane ha visto cadere tutto l'impianto accusatorio costruito nell'ambito del processo Maglio 3 sempre sulla ‘ndrangheta in Liguria, istruito da quest'ultimo, ma con prove insufficienti secondo il gip Silvia Carpanini.

Punto debole delle indagini sarebbe stata proprio l'assenza della dimostrazione dei cosiddetti "reati fine" commessi sul territorio. Il nome dello stesso compare in una serie di documenti e intercettazioni di una operazione anti-riciclaggio nei confronti della cosca Piromalli, dove almeno tre persone parlano dell'ex capo della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, il quale però si difende definendo "millanterie, invenzioni e intimidazioni" le voci degli intercettati, intenti a vendicarsi per aver reso loro la vita impossibile.

L'imperiese sotto scacco delle ‘ndrine e con ex sindaci e funzionari che finiscono indagati rischiano anche le manette. Un precedente illustre in regione c'è, ed è proprio quel Claudio Scajola, che sbandiera il suo vecchio ruolo ai servizi segreti. Nel 1983, "sciaboletta", ai tempi sindaco di Imperia, fu arrestato su mandato di Piercamillo Davigo, allora alla procura di Milano, per lo scandalo sui casinò: una vicenda fatta di clan siciliani e case da gioco, precisamente quelle di Sanremo e Campione d'Italia.

Scajola è accusato da carabinieri di essersi incontrato nel maggio del 1983 in Svizzera, insieme al sindaco di Sanremo, con il conte Borletti, interessato al controllo del casino sanremese e di avergli chiesto 50 milioni a titolo di rimborso spese, dovuti per l'impegno dei politici di Imperia e Sanremo. Lui si difende dicendo di aver visto Borletti solo perché nominato tra i saggi del partito per cercare di capire cosa stesse succedendo nella partita dei casinò e non di aver chiesto tangenti, come sosteneva la procura di Milano. Settanta giorni a San Vittore, poi un'assoluzione perché considerato estraneo ai fatti.

Ieri lo stesso Scajola è andato brandendo il drappo dei servizi segreti nei confronti di un altro personaggio che ne sa qualcosa dei rapporti venuti a galla con l'operazione "La Svolta": Eugenio Minasso, che oggi siede tra i banchi del Pdl alla Camera dei Deputati, promuove commissioni di accesso per lo scioglimento dei comuni per mafia, ma che candidamente, in una intervista al Secolo XIX, ammetteva: «D'accordo, m'hanno dato una mano nelle campagne elettorali - dice riferendosi alle accuse di aver ricevuto aiuti dai clan - come molti altri, specie alle Regionali 2005, quando ho ottenuto un grosso successo».

Ma, specificava poi Minasso: «Dai Pellegrino non ho mai ricevuto un centesimo».
Quella mano sarebbe arrivata dai Pellegrino, finiti in carcere nel 2010, con l'accusa, tra le altre, di avere minacciato due assessori di Bordighera per la mancata autorizzazione ad aprire una sala di slot machine. Circostanza richiamata anche nell'operazione "La svolta" che ancora una volta porta a galla il legame tra mafia, politica e imprenditoria, e questa volta, si dice in ambienti investigativi, le prove non sembrano essere insufficienti

 

CLAUDIO SCAJOLA jpegclaudio scajola Claudio Scajola SCAJOLACLAUDIO SCAJOLA CLAUDIO SCAJOLA E MOGLIEClaudio ScajolaCLAUDIO SCAJOLA E MOGLIE CLAUDIO SCAJOLAclaudio scajolaclaudio scajolaCLAUDIO SCAJOLA E SIGNORA - copyright pizzi