italiani sequestrati in libia -

TANTI, MALEDETTI E SUBITO – I QUATTRO ITALIANI RAPITI IN LIBIA SONO NELLE MANI DI UNA BANDA CRIMINALE COMUNE CHE VUOLE MONETIZZARE AL MASSIMO – MINNITI AL COPASIR ESCLUDE CHE SI TRATTI DI UNA VENDETTA DEGLI SCAFISTI CONTRO L’ITALIA

Francesco Viviano per “la Repubblica

 

I quattro tecnici italiani rapiti domenica notte in Libia sono nelle mani di una banda di criminali, una piccola milizia con poco più di 100 uomini, bene armati, che hanno il controllo di un triangolo di territorio libico tra Zuara e Tripoli e che fanno capo alla Jaish Al Qabail, l’Esercito delle tribù libiche, dedite al traffico di armi, al contrabbando di petrolio e con interessi anche nella gestioni di “carceri” nei quali vengono “custoditi” i migranti che vogliono raggiungere l’ Italia.

italiani sequestrati in libia   la centrale di mellitahitaliani sequestrati in libia la centrale di mellitah

 

Gli italiani non sarebbero stati rapiti per scambiarli con i trafficanti di esseri umani arrestati e detenuti in Italia. Ma per fare soldi con il riscatto. «Tanti e subito» dice una fonte libica, sicura del fatto che i rapitori hanno già contattato la ditta Bonatti e uomini della nostra intelligence per chiedere una grossa somma in cambio della liberazione dei tecnici.

 

I quattro dipendenti della Bonatti, Salvatore Failla, Filippo Calcagno, Fausto Piano e Gino Policardo, sarebbero in buone condizioni. Secondo le fonti, quando sono stati rapiti sarebbero stati “detenuti” in una casa di un piccolo villaggio a una settantina di chilometri a sud di Zuara per poi essere trasferiti in un’altra località non lontana dalla prima “prigionia”.

 

italiani sequestrati in libia   fausto pianoitaliani sequestrati in libia fausto piano

I rapitori hanno portato via soltanto i quattro italiani lasciando libero l’autista libico che era alla guida del pulmino che stava trasferendo dalla Tunisia in Libia i quattro dipendenti della Bonatti ed è stato lui che ha raccontato nei dettagli cosa è accaduto la sera di domenica scorsa quando l’automezzo è stato bloccato dai miliziani libici dell’esercito delle Tribù.

 

Stando al racconto del “tassista” libico, che da tempo lavorava per la Bonatti, il sequestro dei quattro italiani è avvenuto poco dopo le 20 di domenica scorsa. «Per alcune ore tutto è andato tranquillo –ha raccontato ai dirigenti della Bonatti e alle autorità di Tripoli - poi quando eravamo ad un centinaio di chilometri dalla nostra destinazione siamo stati bloccati da un pik-up con quattro uomini armati di mitra che ci hanno costretti a scendere dal nostro automezzo. Ci hanno fatti scendere dal nostro pulmino e ci hanno perquisito. Hanno controllato i nostri documenti e uno di loro si è poi messo alla guida del nostro automezzo mentre il loro pik-up ci ha “scortati” fino al villaggio».

italiani sequestrati in libia   fausto piano  italiani sequestrati in libia fausto piano

 

A quel punto, stando sempre al racconto del tassista libico, i rapitori lo hanno lasciato libero consegnandogli anche l’ automezzo e poi si sarebbero allontanati con i quattro italiani. Ed è stato proprio il tassista libico, dopo alcune ore, a riferire ai dirigenti della Bonatti cosa era accaduto quella sera. La notizia è stata poi segnalata al ministero degli esteri italiano ed alla nostra intelligence che avrebbe già agganciato i rapitori dei nostri connazionali.

 

italiani sequestrati in libia   cantieri bonattiitaliani sequestrati in libia cantieri bonatti

Non si tratterebbe dunque di trafficanti di esseri umani ma di una banda di criminali che in passato avrebbe già messo a segno altri rapimenti conclusi senza vittime. E a confermare che si tratti di una organizzazione che non ha nulla a che fare con gli scafisti è stato ieri pomeriggio anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per la sicurezza della Repubblica Marco Minniti ascoltato al Copasir. «La pista degli scafisti non è da considerare - ha detto Minniti - Si tratta sostanzialmente dell’iniziativa di una banda di soggetti non legati al terrorismo e che probabilmente cercano di monetizzare questa azione».

 

Smentita decisamente dunque l’ipotesi circolata nelle prime ore, quella del rapimento come mezzo di ricatto all’Italia per l’arresto di alcuni scafisti libici nelle scorse settimane. «Una via impercorribile, che va quindi va esclusa», ha concluso il sottosegretario. Ad ogni modo, secondo la nostra Intelligence, «si spera in una soluzione positiva anche se la situazione è molto complessa e delicata. Il pericolo è che i tempi si allunghino. Occorre individuare delle fonti con cui interloquire che siano attendibili e che possano portare in tempi rapidi a una soluzione della vicenda».

 

Marco Minniti Marco Minniti

A confermare ulteriormente che i rapitori non sono dei trafficanti di esseri umani è il colonnello libico Abid Zaidi, ex gerarca del regime di Muhammar Gheddafi. «Gli italiani sono stati rapiti lungo la strada che collega al Zuara e Sebrata e che passa per Mellitah: in quella zona non ci sono i trafficanti di migranti. È piuttosto un’area controllata dalle milizie di Jaish Al Qabail, che si definiscono appartenenti all’esercito libico, ma in realtà sono bande criminali».

 

L’unico rischio, anche secondo alcune fonti libiche, è che i tempi si allunghino. In quel caso la banda potrebbe “vendere” ad altre bande i quattro italiani compromettendo il buon esito della vicenda.

(Ha collaborato Mark Micallef )