
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
Comunali 2016, ovvero come ti disintegro dalle fondamenta il silenzio elettorale. Sui social urlano tutti, candidati e militanti. E la domanda si impone: ha senso smontare i palchi dei comizi e arrotolare le bandiere se la propaganda straborda sul web? «Un post di un politico su Facebook — ricorda Juan Carlos De Martin, docente di Informatica — può raggiungere potenzialmente un miliardo di persone. E se faccio un gruppo di 200 persone su Whatsapp, non è come se stessi parlando in una piazza?».
E dire che per difendere la quiete di ogni vigilia elettorale il legislatore aveva pensato a tutto, in quel lontano 1956: «Sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, l’affissione di giornali murali e manifesti». A tutto, ma non al web. Una trottola di parole, suoni e immagini che nessuno può fermare:
«Pensa davvero che sia possibile regolare tutto questo? — riflette il sociologo Alessandro Rosina — Guardi i giovani: se decidono di informarsi, non ce la fanno a stare fermi. Non è che il livello della comunicazione sale fino al sabato elettorale e poi si raffredda di colpo: è impossibile ». Rigorosi sui comizi, insomma. Intransigenti sui manifesti. Ma la Rete sembra una giungla. «Con le chat puoi registrare audio e farli circolare, come fosse un mega comizio. Tutto diventa virale — aggiunge Rosina — come un’epidemia ».
Qualcosa va cambiato, par di capire. Lo sostiene anche chi, come lo storico e deputato dem Andrea Romano, denuncia la violazione del silenzio di Virginia Raggi. Dove? Sul web, naturalmente: «Si tratta di una previsione antica, nata in un’Italia diversa. Ma i candidati questa regola devono rispettarla». Più drastico Matteo Salvini, re dei social: «Norma fuori dal mondo e dal tempo».
Cancellare il divieto o soltanto limarlo, questo è il dilemma. E soprattutto: non sarà come tentare d’arginare il mare con un secchiello? «Non credo — risponde De Martin — Ricordo che 5 anni fa c’era chi diceva che con internet i cinema avrebbero chiuso e la musica commerciale sarebbe scomparsa. Sono stati smentiti dai fatti».
La sondaggista Alessandra Ghisleri (Euromedia Research) invoca invece solo un po’ di chiarezza: «Noi non possiamo pubblicare i sondaggi negli ultimi 15 giorni. Quanto al silenzio elettorale, basterebbe solo stabilire se si tratta ancora di un principio giusto o sbagliato». Se si ignorano le urla, resta comunque in bocca il sapore di un costante “sdoppiamento” tra piazza reale e virtuale. Il risultato è paradossale: «Lo so — ammette Orfini — ho denunciato pubblicamente la rottura del silenzio sui social. Come commento? Non posso parlare, c’è il silenzio elettorale...».
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