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Federico Rampini per "la Repubblica"
«Non avrò nessuna indulgenza, i responsabili pagheranno, sono scandalizzato». No, Barack Obama non allude alla Siria. Anche se è di quella che avrebbe voluto parlare. La conferenza stampa congiunta con il premier britannico David Cameron, nella East Room della Casa Bianca, doveva affrontare soprattutto temi globali: la Siria, il prossimo G8 sotto presidenza inglese, il trattato di libero scambio Usa-Ue. Invece Obama è costretto, sulla difensiva, a parlare soprattutto di politica interna.
E' lo "scandalo fiscale" che domina le attenzioni a Washington, e monopolizza gran parte delle domande dei giornalisti. L'Internal Revenue Service (Irs), cioè quel settore del ministero del Tesoro che gestisce le entrate fiscali, è al centro di uno scandalo serio. Per sua stessa ammissione, l'Irs ha compiuto degli accertamenti fiscali "mirati" contro organizzazioni e movimenti di destra.
Nel mirino degli ispettori del fisco sono finiti - non in modo innocente o casuale, bensì volutamente selezionati dal mucchio - diversi gruppi vicini al Tea Party (movimento antitasse di destra) e altre sigle politiche che fanno parte dell'universo conservatore. Una sorta di accanimento fiscale, ha spinto alcuni funzionari delle entrate a prendere di mira gli avversari politici dell'Amministrazione Obama.
Lo scandalo ha origine da un'ispezione interna, in seguito alla quale l'Irs ha dovuto fare delle scuse pubbliche agli indagati. Ma le ammissioni del fisco non fanno che infiammare l'ira dell'opposizione repubblicana.
Obama alla prima conferenza stampa post-scandalo appare teso, a tratti titubante, di fronte alla tempesta politica che sembra confermare "la maledizione del secondo mandato", che spesso colpisce i presidenti rieletti. L'amministrazione fiscale,
dice accanto a Cameron, «non deve mai essere percepita come un'autorità di parte, mossa da pregiudizi, la sua azione deve essere neutrale». Promette di reagire con severità .
«Non tollero queste cose, e troveremo la verità su quel che è accaduto. Se dei funzionari dell'Irs sono coinvolti in comportamenti come quelli descritti, e cioè prendevano di mira deliberatamente dei gruppi conservatori, è inaccettabile e dovranno risponderne».
Obama dichiara di avere appreso dello scandalo solo venerdì scorso, quando sono uscite le prime indiscrezioni sui giornali.
L'ufficio dell'Irs di Cincinnati, che ha il compito di controllare quelle ong non-profit che godono di un privilegio fiscale (le donazioni fatte a queste ong sono deducibili dall'imponibile) cominciò nel 2010 a fare ricerche sistematiche sui gruppi che avevano le parole "Tea Party" o "Patrioti" nelle loro ragioni sociali. Via via la selezione si allargò ad altri movimenti politici di destra, anti-tasse, anti-Stato, anche anti-abortisti.
Un'associazione che fa campagna contro l'aborto, la National Organization for Marriage, sostiene che i funzionari del fisco avrebbero perfino passato le sue dichiarazioni delle imposte agli avversari. Lo scandalo è come manna dal cielo per i repubblicani, che già si stanno mobilitando per avviare una serie di inchieste parlamentari sull'accaduto. «Faremo un'indagine completa», promettono il capogruppo repubblicano al Senato, Harry Reid, e il deputato repubblicano Max Baucus che presiede la commissione Finanze.
In questo clima pesante per Obama, la Siria finisce quasi nell'ombra, comunque in secondo piano. Eppure anche quello è un dossier sul quale il presidente appare in difficoltà . Di fronte alle testimonianze su nuove atrocità , Obama e Cameron ieri hanno espresso la speranza che il presidente russo Vladimir Putin si unisca ai loro sforzi per convincere il governo di Damasco a togliersi di mezzo. Ma né Obama né Cameron hanno mostrato di illudersi troppo sulla buona volontà di Putin al riguardo.
«Da grande potenza mondiale - ha detto Obama - la Russia ha un interesse e ha un obbligo» a contribuire alla cacciata del presidente siriano Bashar al-Assad. Poi però lo stesso Obama ha evocato le diffidenze della Russia verso la politica estera americana. Il presidente ha anche detto che «la miscela esplosiva» della violenza in Siria è giunta ormai a un livello tale da rendere problematico il successo dell'azione diplomatica. «Non prometto che sarà efficace - ha osservato -perché una volta che vengono scatenate le furie, è difficile rimettere le cose a posto».
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