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Corinna De Cesare per il Corriere della Sera
«Ha presente la lastra che le danno in ospedale quando fa una radiografia? Quando gliela consegnano non è pagata né da lei, né dalla Asl. Ma dai fornitori».
Sandro Vivoli è un imprenditore fiorentino che si è trasferito a Roma dagli anni 70. Vive a Monteverde, ha due figli di 40 e 31 anni che lo aiutano a mandare avanti la sua attività , un'azienda che fa forniture ospedaliere («ma la prego, il nome della società non conta»): pellicole, monitor, attrezzature elettromedicali. Ma un lavoro del genere, nella Regione in cui la sanità è al collasso, si fa piuttosto complicato. Soprattutto se il 70% del fatturato, 6 milioni di euro, dipende dalle Asl.
«Così era nel 2006 - spiega oggi Vivoli al telefono con non poca rabbia -. Avevo una ventina di dipendenti ma le cose si sono fatte via via sempre più difficili». Lo Stato, spiega l'imprenditore, è sempre stato in ritardo nei pagamenti.
«Ma a Roma siamo passati da forniture pagate a 300, 350 giorni a periodi in cui l'attesa si allungava a dismisura fino anche a 600 giorni». All'inizio la procedura era sempre la stessa: Vivoli si presentava in banca con il contratto di fornitura in mano e gli veniva concesso il credito secondo quello che i tecnici chiamano "factoring". Poi qualcosa è cambiato. «A un certo punto mi hanno detto "mi dispiace ma non possiamo più accettare"».
L'esposizione dell'azienda è aumentata, i crediti vantati nei confronti dello Stato pure, ma la liquidità è terribilmente diminuita. «Non riuscivo più a pagare i contributi ai miei dipendenti - aggiunge Vivoli - allora sono andato allo sportello Inps e ho chiesto una compensazione. Visto che lo Stato mi deve dei soldi, ho pensato ingenuamente, perché l'Inps non si prende quello che devo da lì?».
Non è mai stato possibile e alla fine il signor Vivoli viene denunciato alla procura della Repubblica: «Dovevo pagare 35 mila euro all'Inps mentre le Asl mi dovevano due milioni e mezzo di euro». à finita che gli hanno concesso la rateizzazione del pagamento, ma tra interessi e sanzioni «il debito è aumentato del 30%. Eppure - spiega - quando è lo Stato a doverti pagare, ti fanno firmare una rinuncia agli interessi».
Il reato è stato prescritto. «Ma l'umiliazione no - ci tiene a sottolineare - soprattutto se in quell'attività ci credi, hai investito le tue risorse e il tuo tempo. E non potevo neanche più partecipare alle gare d'appalto pubbliche a causa del Durc».
Ossia il documento unico di regolarità contributiva che attesta se un'impresa è a posto nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi. Con tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa nei confronti dell'Inps ad esempio o dell'Inail.
Al danno quindi, quello di non ricevere i crediti vantati nei confronti dello Stato, si aggiunge la beffa con la denuncia, gli interessi da pagare per le rate e l'impossibilità di partecipare ad altre gare. «Mi hanno tolto in pratica il diritto al lavoro, lo stesso garantito dalla nostra Costituzione. La verità è che ci portano all'esasperazione - lo sfogo di Vivoli - perché se lo Stato non ti paga e tu conti sui suoi pagamenti, non riesci più a pagare neanche i tuoi dipendenti».
Che nel frattempo sono diventati 11, quasi la metà rispetto al 2006. «Sono arrivato alla conclusione che più fornivo allo Stato e più mi indebitavo in un meccanismo perverso che in tutti questi anni ha fatto centinaia di vittime con il fallimento di tantissime aziende. Ora il governo dà il via libera a 40 miliardi per ripagare i debiti che ha nei confronti delle imprese - aggiunge Vivoli - ma i danni di tutti questi anni chi li paga e chi li pagherà ?».
La soluzione per Sandro è stata quella di dirottare il business sul settore privato, diminuendo l'esposizione con il pubblico. La sua azienda ha oggi un fatturato di circa 3 milioni di euro e i contratti con le Asl pesano solo per il 10%. «E nonostante ciò vanto 400 mila euro di crediti dalle Asl da circa sei mesi».
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