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R.Ar. per “la Stampa”
Succede anche a lui, di essere assolto: Totò Riina viene scagionato dall’accusa di essere stato mandante della strage di Natale del 1984, l’attentato al Rapido 904 che fece 17 morti e 267 feriti, nella Grande Galleria dell’Appennino, nei pressi di Vernio. La mafia però c’entra, eccome: l’alleanza tra boss e terroristi neri era già ampiamente emersa e aveva portato alla condanna all’ergastolo del cassiere di Cosa nostra, Pippo Calò, e di un uomo di sua fiducia, Guido Cercola (morto suicida in cella, dieci anni fa), oltre che di un altro personaggio legato a Calò, Francesco Di Agostino (24 anni), e di un artificiere tedesco, Friedrich Schaudinn (22 anni). L’ex parlamentare missino Massimo Abbatangelo, assolto dall’accusa di strage, ebbe invece sei anni con l’accusa di detenzione di esplosivo.
La posizione di Riina era stata evidenziata nel 2011, dai pm di Napoli, che poi trasmisero gli atti per competenza territoriale a Firenze. La formula dell’assoluzione di ieri è quella che un tempo era dubitativa, ma la sentenza della Corte d’assise del capoluogo toscano soddisfa in pieno il legale del superboss, l’avvocato Luca Cianferoni, pronto a ribadire le tesi dei complotti orditi con la mano dei Servizi segreti deviati, con l’uso di Riina come «parafulmine».
Secondo il pm Angela Pietroiusti, che aveva chiesto l’ergastolo, contro l’imputato non c’era solo il «teorema Buscetta», sulla responsabilità del vertice dell’organizzazione: «Riina esercitava potere - aveva detto la Pietroiusti in requisitoria - Solo con la sua autorizzazione è stato fornito l’esplosivo a Calò e solo Riina poteva deciderne la destinazione. Aveva dunque dato un contributo decisivo».
Quella fu poi la prima strage mafiosa compiuta colpendo nel mucchio, senza un obiettivo definito, come era invece avvenuto a Palermo con l’eccidio costato la vita al giudice Rocco Chinnici, ucciso con due carabinieri di scorta e col portiere dello stabile in cui abitava.
La strage del Rapido 904, compiuta fuori dalla Sicilia, si lega, secondo i pm, agli attentati del 1992 contro Falcone e Borsellino, fino alle autobombe dell’anno dopo ancora in Toscana, agli Uffizi, ma anche a Roma e Milano. La bomba del 23 dicembre 1984 fu anche una reazione ai mandati di cattura del maxiprocesso, le stragi del ’92-’93 una risposta alle condanne di quel giudizio. Ha commentato l’avvocato Cianferoni:«Questi processi rendono simpatici anche imputati difficili come Riina. Il convitato di pietra è lo Stato».
STRAGE SUL RAPIDO 904
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