DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Massimo Gaggi per il Corriere della Sera
Donald Trump a passo di carica e America sull' ottovolante nella prima settimana della nuova presidenza. Alle raffiche di tweet sparati a tutte le ore che non sono cessati né sono diventati meno aggressivi col trasloco dell' imprenditore miliardario alla Casa Bianca, si è sommata l' onda degli ordini esecutivi presidenziali coi quali è stata avviata la sistematica demolizione di quanto fatto da Obama negli ultimi otto anni, dalla sanità all' immigrazione.
Una settimana avvolta in un gran polverone sollevato dagli scontri quotidiani con la stampa, dall' estrema suscettibilità di un presidente ossessionato dalla sua immagine, dall' improvvisazione di alcune misure apparse subito di difficile applicazione o con un impatto negativo: dal conflitto col Messico, un partner e alleato essenziale, agli iracheni che hanno servito gli Stati Uniti bloccati ieri al loro arrivo in America per effetto dei nuovi ordini di Trump sull' immigrazione dai Paesi islamici.
Quando la polvere si depositerà dovremo, però, prendere atto che d' ora in poi avremo a che fare con uno stile di governo e con un' America molto diversi da quelli che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni perché Trump, dopo averci sorpreso vincendo le primarie e poi le elezioni, ci sta sorprendendo per la terza volta dando attuazione (o almeno provandoci) alle promesse fatte al suo elettorato durante la campagna per le presidenziali, comprese quelle più estreme.
Difficile dire dove tutto questo porterà a livello di relazioni internazionali: dipenderà dalla velocità e profondità dell' alterazione, già iniziata, degli equilibri mondiali attuali, costruiti proprio con la regia americana. E bisognerà vedere quali saranno le reazioni dei Paesi che Trump mostra di voler contrastare con una contrapposizione muscolare, Cina in testa.
Ma una cosa è chiara: Trump, capo di un Paese che rimane molto potente militarmente e anche commercialmente per la vastità del suo mercato, ma con gran parte della popolazione che si è impoverita negli ultimi decenni, è convinto che il mondo sta beneficiando di una generosità - import senza limiti e «ombrello» difensivo per gli alleati - che gli Stati Uniti non sono più in grado di finanziare. Ed è deciso a cambiare questa situazione a partire dalla sostituzione del libero scambio dell' era della globalizzazione, con accordi bilaterali nei quali far pesare di più la forza del mercato Usa.
Le incognite sono, ovviamente, molte: dal rischio che tutto questo inneschi una nuova ondata di antiamericanismo, ai dubbi sull' efficacia delle mosse di Trump che non ha esperienza di governo e ha firmato ordini esecutivi senza consultare le agenzie federali competenti per verificarne la praticabilità. Sullo sfondo, poi, la questione del rapporto col Congresso repubblicano: Trump lo ha già messo sotto pressione e lui per ora applaude anche misure che non condivide.
«Il presidente - dice il repubblicano Jason Chaffetz, presidente della Commissione Riforme della Camera - è un imprenditore che vuole tutto e subito, come in azienda. La politica non funziona così: si renderà conto che è capo di un' azienda con 535 consiglieri d' amministrazione».
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