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le armi sono estensione del pene
Nico Hines per Daily Beast
I ragazzini sudasiatici cresciuti in Occidente sono interessati al sesso e allo sport come chiunque altro, ma i loro genitori, mai davvero integrati, li spingono nelle braccia dell’ISIS. Sarebbero loro i colpevoli di questa epidemia di giovani sessualmente frustrati che finiscono a lottare per lo Stato Islamico.
Dopo due anni passati con decine di terroristi pregiudicati, islamisti pentiti e un ex militante noto con il nome di “Padrino della jihad britannica”, la regista Deeyah Khan ha realizzato il documentario “Jihad, a British history”, vincitore di un Emmy, dove il tratto comune degli intervistati è la presenza di padri che non riescono a scendere a patti con la sessualità occidentale, più aperta, e che convogliano la propria frustrazione sui figli, maltrattandoli o reprimendo le loro urgenze sessuali. Nove volte su dieci, i loro padri li hanno picchiati, questo racconta la regista, lei stessa figlia di immigrati pachistani e afghani.
Padri rigidi, talvolta uniti a madri severe, spesso rifiutano di accettare l’interesse dei figli per la modernità, li isolano in casa, come succede nella società alle minoranze. E così la radicalizzazione cresce. Reclutatori del terrore on line e predicatori di odio diventano per questi ragazzi dei padri surrogati, si occupano di loro, si interessano alla loro giornata.
L’ex terrorista intervistato Alyas Karmani, ora è imam a Bradford. Racconta di essere stato portato alla jihad da radicali carismatici: «Se qualcuno mostra di comprenderti e ti sostiene emotivamente, se qualcuno ti abbraccia e mostra compassione e affetto, l’effetto è potentissimo».
Nelle famiglie i maggiori screzi riguardano il sesso. I giovani musulmani imparano che fare sesso prima del matrimonio è vietato e che sono i genitori a scegliere la moglie. Allo stesso tempo vanno a scuola con non musulmani, e vedono che i loro amici si comportano diversamente. Qui sta la disfunzione. Dice Karmani: «E’ tutta colpa del sesso, tutto parte e torna al sesso. Questi ragazzi vogliono solo le ragazze».
Unirsi all’ISIS è la promessa di sfuggire alle pressioni parentali, allo stato di minoranza e alla frustrazione sessuale. E’ un modo per mostrarsi cool, portare una pistola è un’estensione del pene, è come dire: «Guarda, ora sono potente. Le ragazze mi guardano e vogliono diventare mia moglie».
Munir Zamir, un altro ex accolito intervistato, racconta che già negli anni ’80 i soldati jihadisti avevano questo potere seduttivo: «Ero affascinato da Abu Muntasir, piccolo, tutto vestito di nero e con turbante, che riusciva a prendere dieci infedeli a botta. Mai visto nessuno vestito in maniera così leggendaria, come un vero guerriero. Usava bene le parole e io ero in prima linea. Ma ho rinunciato, sono felice di essere stato un codardo».
Da allora la propaganda jihadista è notevolmente “migliorata”. Spiega la regista: «Il fatto che qualcuno possa vendere la morte ai giovani musulmani e renderla così affascinante significa che noi altri non siamo stati in grado di vendere bene la vita. E’ un fallimento di tutti».
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