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UN’ALLEANZA CON IL NULLA INTORNO - NIENTE NOZZE TRA PD E M5S IN 5 REGIONI SU 6 - E NELL’UNICA REGIONE IN CUI E’ STATO STRETTO L’ACCORDO, IN LIGURIA, IL CANDIDATO GIALLOROSSO, FERRUCCIO SANSA, RISCHIA LA BATOSTA - LA BASE DEL MOVIMENTO SI È RIBELLATA NELLE MARCHE - IN PUGLIA LA GRILLINA LARICCHIA HA FATTO RESISTENZA AL PATTO CON EMILIANO - IL CENTRODESTRA INFATTI MIRA AL BOTTINO PIENO, QUEL 5-1 CHE SIGNIFICHEREBBE RIBALTAMENTO TOTALE DELLA SITUAZIONE E FINE DEL GOVERNO…
Carlo Tarallo per “la Verità”
GIUSEPPE CONTE E MICHELE EMILIANO
Niente unione di fatto tra Pd e M5s: come La Verità ha più volte sottolineato nei giorni scorsi, i pentastellati umbri e marchigiani hanno resistito al pressing effettuato da Giuseppe Conte e dal Pd, e si presentano con i loro candidati a presidente in entrambe le regioni. In Puglia Antonella Laricchia è in campo contro Michele Emiliano, presidente uscente del Pd, e Raffaele Fitto, di Fdi, che guida la coalizione di centrodestra; nelle Marche, Gianni Mercorelli è il candidato presidente per il M5s, e se la vedrà con il competitor del Pd, Maurizio Mangialardi, e con Francesco Acquaroli, candidato di Fdi per il centrodestra.
Accordo Pd-M5s dunque chiuso solo in Liguria, ma il giornalista Ferruccio Sansa ha scarsissime probabilità contro l'uscente Giovanni Toti. Per il candidato del M5s nelle Marche, Mercorelli, la trattativa tra M5s e Pd per un'alleanza in extremis è stata «inesistente, un'operazione mediatica del Pd, che non ha mai avuto una volontà reale di trattare, è la verità. Non che noi fossimo in fibrillazione per andare con il Pd in regione», aggiunge Mercorelli, «ma non c'è stata alcuna reale apertura. Se qualcuno si vuole convincere che a 48 ore dalle presentazione delle liste una proposta del genere fosse vagamente credibile tra documenti e trafila burocratica, si illude.
È un'operazione mediatica del Pd che vuole far passare il movimento come quelli brutti e cattivi».In realtà, qualche tentativo c'è stato, ma condotto in maniera confusa e sbagliando i tempi. Innanzitutto, il Pd ha semplicemente promesso poltrone in giunta ai grillini, senza mai mettere sul tavolo l'unica proposta politicamente seria da fare: su due regioni in bilico, dividere le candidature alla presidenza, dandone una al M5s e sostenendola. La tigna con la quale i dem hanno preteso che fosse il M5s a ritirare i propri candidati ha innervosito, comprensibilmente, la base pentastellata.
Errori su errori si sono accumulati negli ultimi giorni, a partire dall'appello di Giuseppi Conte a costruire un'alleanza: il premier ha rimediato una figura barbina, poiché la sua preghiera è caduta nel vuoto, e ha implicitamente ammesso che il risultato delle regionali avrà ripercussioni sul suo governo. Il centrodestra infatti mira al bottino pieno, rappresentato da quel 5-1 che significherebbe il ribaltamento totale della situazione attuale. Al voto vanno, lo ricordiamo, Marche, Puglia, Campania e Toscana (attualmente governate dal centrosinistra) e Liguria e Veneto (centrodestra) .
Il Pd, se tutto va bene, conserverà la Campania (dove però Vincenzo De Luca è tutto tranne che un sostenitore del governo Conte). In Toscana la leghista Susanna Ceccardi ha buone chance di ribaltare i pronostici. Il Veneto di Luca Zaia è blindato, così come, a quanto segnalano i sondaggi, la Liguria di Giovanni Toti. Ecco perché Marche e Puglia decideranno il destino di Conte: un doppio ribaltone rappresenterebbe una vera e propria disfatta per i giallorossi, e il presidente del Consiglio sarebbe obbligato a trarne le conseguenze. Altro che rimpasto: se le cose andassero male in queste due regioni, Conte potrebbe essere messo in condizione di dire addio a Palazzo Chigi.
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