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Ettore Livini per “la Repubblica”
La Grecia va in pressing per riuscire a sbloccare nuovi prestiti entro la fine del mese e dribblare una crisi di liquidità che si fa ogni giorno più dura. «Noi abbiamo fatto la nostra parte. Ora tocca ai creditori fare un passo verso di noi per incontrarci a metà strada», ha detto il premier Alexis Tsipras.
«C’è un’intesa su gran parte delle riforme», gli ha fatto eco il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. E secondo le indiscrezioni, Atene sarebbe pronta a chiedere un Eurogruppo straordinario entro fine mese per provare a convincere Bruxelles a girarle almeno una prima tranche dell’ultimo pacchetto da 7,2 miliardi di aiuti.
Non sarà facile. I falchi della Ue hanno già alzato il fuoco di sbarramento: «Il clima delle trattative è migliorato – ha ammesso il ministro delle Finanze di Berlino Wolfgang Schaeuble – ma di sostanza se ne vede ancora poca». Il governo ellenico proverà nei prossimi giorni a fargli cambiare idea, presentando un piano per la riforma fiscale del Paese in linea con le richieste dei creditori e, probabilmente, accelerando l’iter delle privatizzazioni del Porto del Pireo e di 14 aeroporti per cui è in stand-by un accordo con i tedeschi di Fraport.
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La crisi della Grecia è stata sul tavolo di un incontro tra Mario Draghi e il numero uno del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde a Washington in cui il governatore della Bce ha sottolineato come «il quantitative easing andrà avanti fino a quando sarà necessario», sostenendo che «si è rivelato più potente delle previsioni di molti».
Nessun accenno invece all’ennesima provocazione di Varoufakis, che ha proposto di «sostituire i prestiti della Bce in scadenza quest’estate con l’intervento del Fondo salva-Stati», ipotesi che «riempie di paura l’anima di Draghi», ha aggiunto, preoccupato di una rivolta della Bundesbank.
«I finanziamenti della Bce alle banche del Partenone è catalogabile in qualche modo come finanziamento al Paese», ha detto sibillino in un’intervista ad Handelsblatt il presidende della Buba, Jens Weidmann Eurotower ha acceso la spia dell’allarme anche per i ripetuti attacchi di uomini di Syriza al governatore della banca centrale di Grecia Yannis Stournaras, ex ministro del governo di centrodestra di Antonis Samaras.
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«Non mi dimetto malgrado le pressioni dell’esecutivo - ha detto lui – Segnalo tra l’altro che sono stato io a suggerire il modo per pagare i 760 milioni di prestiti in scadenza con l’Fmi la scorsa settimana». Rata rimborsata mettendo mano a un fondo speciale depositato proprio presso il Fondo.
La fretta del governo di arrivare a un’intesa, del resto, ha una spiegazione facile: la necessità di riaprire i rubinetti dei finanziamenti, saldamente in mano – purtroppo per Tsipras – a Bce, Ue e Fmi. La prossima scadenza è quella degli stipendi di fine mese (servono 1,5 miliardi circa). Poi a inizio giugno ci sono da pagare altri 305 milioni a Washington. «Il nostro compito è guardare a tutti gli scenari ma non pensiamo a una Grexit», hanno detto ieri i vertici del Fondo.
I mercati, piuttosto cinici, hanno invece già preso posizione nel caso di default. I titoli della canadese Fortress Paper hanno guadagnato il 75% in una settimana alla Borsa di Toronto sulle voci di un accordo con il governo di Atene non commentato dal vertice – per la stampa della dracma o di una valuta parallela.
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