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Marco Damilano per "L'Espresso"
"Se nel 2013 il fenomeno esplodesse a livello nazionale con parole d'ordine come l'uscita dall'euro o il rifiuto di pagare il debito pubblico, per il Paese sarebbe il disastro. E L'Italia nella sua storia non è aliena dal buttarsi nel caos". Parla l'ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri.
Pubblichiamo qui di seguito ampi stralci dell'intervista di Marco Damilano a Massimo D'Alema. La versione integrale è in edicola sull'Espresso di venerdì.
All'indomani delle elezioni amministrative Massimo D'Alema, il più tenace difensore del sistema dei partiti, alza la diga contro l'anti-politica: «E' stato un voto tra il rischio greco e la possibilità francese.
Non ci sfuggono i segnali di malessere e le domande di cambiamento che sono rivolte anche a noi, ma quello che più mi ha impressionato è vedere come gran parte dell'informazione abbia assegnato la vittoria a Grillo.
Non dovrebbero esserci dubbi su chi ha vinto le elezioni: il centrosinistra e il Pd sono passati da 54 a 98 sindaci. E invece questa notizia è stata completamente occultata da una parte della stampa».
Parma non conta nulla? Eppure sembra una metafora dell'Italia: un Comune governato dalla destra, in dissesto e sotto inchiesta. Chi voleva l'alternativa avrebbe dovuto rivolgersi al Pd. E invece...
«Parma non è un caso esemplare, è l'eccezione. A Parma non governavamo da dieci anni e dietro al candidato 5 Stelle si è schierato tutto il centrodestra. Personalmente non sono affatto stupito di quel voto. Noi abbiamo vinto a Brindisi, Alessandria, Lucca, nel resto del Paese. E c'è qualche eccezione che deve far riflettere».
Tutto bene, dunque? Non la preoccupa che un elettore su due sia rimasto a casa? La crisi del sistema non riguarda anche il Pd?
«Certamente c'è una crisi del sistema politico, c'è un distacco preoccupante tra cittadini e istituzioni, ma noi rappresentiamo l'unica forza nazionale, l'unica possbilità di dare una guida politica al Paese. Naturalmente non da soli, in una situazione estremamente difficile, con un grave malessere sociale e con forze che agiscono per smantellare l'unica prospettiva politica in campo».
Quali forze?
«Una parte della borghesia italiana. Quelli che dicono: meglio Grillo del Pd. Quelli che giocano sul patto tra gli industriali e gli indignati. Per quale prospettiva è difficile dirlo. Ci sono molti progetti velleitari, accorati appelli in direzione di Montezemolo, c'è chi attende l'arrivo del Cavaliere bianco, tutto purché non si esca a sinistra dalla crisi del berlusconismo.
Anche Berlusconi fu un modo di non uscire a sinistra dalla crisi della Prima Repubblica. L'errore politico che commettemmo allora, nel 1994, fu l'illusione dell'autosufficienza della sinistra. Non ci accorgemmo che il mondo conservatore e anticomunista non aveva più rappresentanza politica ma non per questo aveva smesso di essere la maggioranza dell'elettorato. C'era un vuoto e fu riempito da Berlusconi. Per evitare di ripetere l'errore dobbiamo costruire un asse di governo basato sull'alleanza tra progressisti e moderati».
Lei ha definito Grillo «un impasto tra Bossi e il Gabibbo». Dopo Parma lo ripeterebbe?
«Guardi che non è un insulto... Bossi ha fondato un grande partito che ha governato l'Italia per dieci anni. E il Gabibbo è un personaggio che ha attecchito... Mi riferisco alla violenza verbale, all'uso dell'insulto. E comunque il populismo non è un caso solo italiano. La radice culturale è l'anti-politica, ma adesso che il grillismo esprime sindaci, diventa un fenomeno politico.
Ora, dobbiamo renderci conto che noi siamo un grande Paese europeo, con vincoli economici internazionali. E dobbiamo immaginarci cosa potrebbe succedere se nel 2013, nel compiacimento generale, un fenomeno di questo tipo dovesse esplodere a livello nazionale con parole d'ordine come l'uscita dall'euro o il fatto che non dobbiamo pagare il debito pubblico.
Capisco che tutto questo faccia divertire i media e che la sinistra vecchia, noiosa e burocratica venga presa a ceffoni... Ma dobbiamo tutti renderci conto che se dovesse vincere una forza di questo tipo per l'Italia sarebbe il crac».
Al crac ci siamo già arrivati, per colpa - anche, non solo - della classe politica...
«Questo lo può dire il cittadino arrabbiato, che fa bene a esserlo, anche se magari dovrebbe arrabbiarsi con se stesso se ha votato per Berlusconi o per Bossi. Il governo Prodi nel 2008 ha lasciato l'Italia con un debito al 103,5 per cento e 34 punti di spread, come la Germania.
E' profondamente ingiusto e non onesto verso la storia reale del nostro Paese mettere nello stesso mazzo tutti i politici. In questo modo si colpisce la democrazia, che consiste nella capacità di distinguere e nel diritto di scegliere. Quando viene meno questo, scatta il qualunquismo e si apre la strada a ogni tipo di avventura.
Con tutta la saggezza di questo mondo, con l'equilibrio e l'apertura alla società civile e alle competenze che abbiamo sempre dimostrato, chiedo alla borghesia, agli imprenditori, ai grandi editori: con chi volete governare l'Italia? Qual è il disegno? Dove si vuole arrivare? Prima di bombardare l'unica prospettiva di governo bisognerebbe pensarci bene».
Massimo D'AlemaBEPPE GRILLOMASSIMO DALEMA gabibboLUCA MONTEZEMOLO AI BOX FERRARI
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