renzi gentiloni

LA VENDETTA E’ PIATTO DA MANGIARE DAVANTI ALLE URNE – IL DUCETTO MANDA AL MASSACRO I MINISTRI CHE GLI FANNO OMBRA. A PARTIRE DA GENTILONI, PER FINIRE A MINNITI, GUARDA CASO I NOMI PD PIU’ PAPABILI PER IL DOPO ELEZIONI – PER ER MOVIOLA POSTO (A RISCHIO) NELL’UNINOMINALE A ROMA. PER IL MINISTRO DELL'INTERNO QUELLO IN CALABRIA (SICURO AL CENTRODESTRA) 

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Francesca Schianchi per la Stampa

 

GENTILONI E RENZI

Gli incontri coi territori cominceranno lunedì: in tre giorni, al quartier generale del Pd di Largo del Nazareno, sfileranno i coordinatori regionali con le loro proposte di candidatura. Ma già ieri il segretario Renzi, tornato a Roma, ha incontrato il capogruppo Ettore Rosato e alcuni dirigenti del partito per impostare la volata finale sulle candidature. Le riconferme, le new entry, la società civile. E alcuni dubbi ancora da sciogliere: come comportarsi coi ministri e il presidente del consiglio.

 

Perché Renzi vorrebbe tutti schierati come kamikaze nei collegi uninominali, ma tra Palazzo Chigi e partito più di uno si interroga preoccupato: e se figure di primo piano come il premier Gentiloni o il ministro Minniti finissero sconfitti nella battaglia uno contro uno dei collegi, anche se salvati dal listino proporzionale, non sarebbe un clamoroso boomerang?

 

renzi mattarella gentiloni

«Giocheremo la nostra partita anche nei collegi», predicava ieri su La Stampa il ministro Graziano Delrio, comprendendo in quel «noi» la squadra dei ministri. «Beh, certo, a lui tocca Reggio Emilia dove il Pd è forte Ma un conto è candidarsi in Emilia, un conto a Reggio Calabria», sospira un compagno di partito facendo un esempio non casuale, la città d' origine del titolare dell' Interno Marco Minniti, suo collegio naturale.

 

Un territorio molto complicato da espugnare per i dem, dove sarebbe necessaria una campagna elettorale casa per casa, impegno difficile per chi è ancora in carica al Viminale. E infatti, chi è in confidenza col ministro racconta che lui non abbia nessuna intenzione di candidarsi nella sua città.

 

DELRIO BICICLETTA

Una contrarietà a cui alcuni amici nel partito aggiungono un' altra solida ragione: nel caso dopo le elezioni ci fosse uno stallo, il suo nome è uno di quelli già circolati come possibile premier di larghe intese. Ipotesi che non sarebbe praticabile, però, se uscisse da una cocente sconfitta personale in un collegio.

 

Stessa ragione per cui ci si chiede se sia il caso di esporre la figura di Paolo Gentiloni. Premier ancora in carica, possibile uomo di mediazione in un ipotetico esecutivo del presidente, nel partito stanno ragionando con Renzi se sia una buona idea farlo rischiare nel suo collegio naturale, a Roma, che per il Pd è in bilico. Preoccupazione condivisa nel partito come a Palazzo Chigi, dove sanno bene che il capo dello Stato preferirebbe vederlo fuori dalla mischia, lontano dai toni esasperati di campagna elettorale, mantenere uno standing istituzionale per l' oggi e, chissà, magari anche per domani, carta di riserva di un eventuale post-voto difficile.

marco minniti (5)

 

«Pensiamo che sia positivo che i ministri, figure con grande visibilità, portino un contributo correndo nei collegi. Ma la linea non è ancora decisa e anche noi ci poniamo domande di opportunità», ammette Rosato. L' ipotesi più accreditata per andare incontro ai desiderata del segretario senza imporre a premier e ministri rischi di sconfitta, è dislocarli in collegi sicuri. E allora, se Delrio e Franceschini non avranno problemi ad affrontare il voto degli elettori a Reggio Emilia e a Ferrara, altri - a cominciare da Gentiloni - potrebbero trovare riparo in luoghi più accoglienti di quelli da cui provengono.

 

FRANCESCHINI AL COLOSSEO 2

«Non ci sarà un criterio unico per tutti i componenti del governo, si valuterà caso per caso», fanno sapere dal partito. In autunno, ai tempi del viaggio per l' Italia in treno, il segretario ha ribadito spesso come avrebbe messo le «punte» del partito alla prova della sfida uninominale, sperando in un effetto trascinamento sul proporzionale. A poco più di venti giorni dalla chiusura delle liste, è venuto il momento di decidere dove. Un sudoku delicato che nei palazzi del governo seguono con attenzione.