“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Francesco Melchionda per perfideinterviste.it – Estratti
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Nel desolante panorama culturale della nostra destra – sempre più famelica di incarichi e nomi da piazzare, ma al contempo, arida di idee e contenuti di natura intellettuale – spicca il nome di Marcello Veneziani che, con i suoi scritti spesso polemici, e in compagnia di pochi altri battitori liberi, è uno degli ultimi moschettieri a rendere animato e frizzante il dibattito nel torbido mondo delle lettere.
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Marcello Veneziani, pugliese, settantenne, o quasi, se non sbaglio. Che ricordi ha della sua Puglia, di quando, insomma, era un brutto anatroccolo?
Dei ricordi molto vivi, anche perché gli anni più significativi sono quelli iniziali. Ora che mi ci fa pensare, come non ricordare il mare di Bisceglie, le partite di calcio interminabili, il mio tifo per la Fiorentina e, ovviamente, la mia famiglia, per la quale ho sempre avuto una venerazione assoluta. È tutto un mondo, quello che le ho appena descritto, che ti rimane conficcato per sempre.
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Perché le stava sul cazzo il Sessantotto? Per mero principio?
Sin da quando c’era il Sessantotto, io mi sentivo istintivamente dall’altra parte. Quando, ad esempio, vidi i contestatori che lanciarono le uova fuori dal Teatro della Scala, io feci un tema a scuola in cui scrissi che le uova marce non sono delle idee. La differenza tra me e loro era essenzialmente questa: loro contestavano i loro padri, io contestavo il mio tempo.
Si sentiva già vecchio, allora…! Più di quanto non lo sia ora…
Mi sentivo già saggio, che è diverso. Ma sognavo a mio modo rivoluzioni, conservatrici, trasgressioni ma nel senso opposto della tradizione…
Chi non sopportava di quella generazione sinistrorsa che, poi, ha fatto carriera, spesso senza meriti, e nei giornali e nelle università?
Non ho mai avuto avversioni di tipo personale; era il tipo umano che mi dava fastidio, ed erano troppi, francamente. Col tempo, alcuni di questi li ho anche conosciuti e i rapporti, poi, sono anche cambiati, diventando delle amicizie, pur nel legittimo dissenso che ancora oggi persiste.
Tipo?
Mughini, Cacciari, Tronti, Cassano, Mario Capanna, tanto per fare degli esempi…
Da dove nasce il suo amore per gli intellettuali conservatori, emarginati? Si identificava con la loro storia? O, perlomeno, provava a farlo…
Tutto, probabilmente, è nato col Sessantotto. Ero diventato un contestatore dei contestatori che si opponevano all’autorità, ai padri, alla tradizione; per me, era un buon motivo per leggere e capire tutto quello che veniva da loro criticato e contestato. Mi sono innamorato di certi autori, quindi, andando controcorrente. Più erano maledetti e più mi incuriosivano. Mi laureai in filosofia con una tesi su Julius Evola… Inevitabile, amando certi autori, considerare i miei contemporanei dei pigmei rispetto ai giganti del passato.
GIORGIA MELONI - CONFERENZA STAMPA DI FINE ANNO - 9 GENNAIO 2024 - FOTO LAPRESSE
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In una recente intervista, ha parlato di mafia culturale perpetrata dalla sinistra…
Sì, confermo. Mi riferisco in particolare ai criteri di selezione nelle università, nell’editoria, nella stampa, nelle giurie e nei premi letterari. E i criteri di selezione sono di tipo mafioso perché prescindono dalla qualità dei tuoi scritti, conta l’affiliazione, la cosca di riferimento, gli amichetti. Sei considerato da loro un oggettivo ostacolo, un nemico da cancellare o da ignorare.
C’è ancora questa mafia, secondo lei?
Assolutamente sì, e non dico nulla di nuovo. Già duecento anni fa ne parlava Leopardi, è una consorteria, una camorra letteraria, e ideologica…
francesco melchionda marcello veneziani
Anche lei, quindi, è vanitoso al punto da bramare premi che, ad essere onesti, non fanno guadagnare un cazzo?
No, francamente, ai premi – come dice Petrolini- non ci tengo né “ci tesi mai”.
A Sabelli Fioretti ha detto, nel lontano 2006, che la parola fascista le piaceva, perché le dava l’idea di libertà e trasgressione. Era solo un modo, il suo, di fare l’inutile bastian contrario?
Era un modo per rappresentare il mio spirito controcorrente rispetto agli altri; non sono mai riuscito a separare questa diversa lettura del fascismo dall’idea di libertà. Probabilmente, ho detto più volte, se fossi nato e cresciuto sotto il regime fascista, sarei stato un dissidente o un antifascista. Dubito che molti degli antifascisti di oggi sarebbero stati antifascisti in quell’epoca. Forse questa è la differenza.
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Che c’entrava lei, con Repubblica? Anche lei uno dei tanti cortigiani di Scalfari?
Furono loro a contattarmi, in realtà. Antonio Polito, che all’epoca era uno dei vicedirettori del giornale, su incarico di Scalfari, mi chiamò per propormi una collaborazione. Io scrissi per un annetto, anche articoli abbastanza scandalosi per la Repubblica, come la mia difesa di Pasolini reazionario antimoderno, che fu criticata sul Corriere della sera da Maria Antonietta Macciocchi ed Enzo Siciliano. Erano tempi abbastanza trasgressivi, in cui erano possibili questi incroci pericolosi. Poi arrivò Ezio Mauro e tagliò queste eresie, rialzò i muri tra destra e sinistra.
Come mai? Chi glielo comunicò?
Mi avevano commissionato un articolo per il Venerdì, io l’avevo scritto, mi telefonò un redattore, credo che fosse Recanatesi, per revocarmi la richiesta dell’articolo e dunque s’interrompeva la collaborazione.
Come mai finì nel cda della Rai? Altro fallimento? Non c’entrava niente con la televisione, lei sempre così chino sui libri…!
In realtà, stavo facendo da poco un programma, anche con buoni ascolti, su Rai2. Come un fulmine a ciel sereno, mi arriva la chiamata in cui mi si annuncia la nomina nel Cda come consigliere. Illusoriamente, accettai perché pensavo di poter incidere e fare qualcosa di utile per la Rai. Credevo ancora a una riforma culturale della Rai. Fu un triennio, in verità, molto operoso ma alla fine trascorso invano perché tutto finì nel dimenticatoio. Mi sono pentito tantissimo di aver fatto quell’esperienza perché quando stai in Rai hai un’immagine davvero negativa…
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Chi erano quelli che hanno cercato, allisciandola e leccando le sue pantofole, una sua sponda, per raccomandare troie travestite da soubrettes o incompetenti?
Ci hanno provato in molti, ad essere sincero, ma non hanno trovato terreno fertile. Una delle cose più belle che ricordo di quel periodo è stato quando uscì una intercettazione sui giornali…
E quindi?
Due persone importanti, che per carità di patria non voglio citare, parlavano di come piazzare delle persone in Rai. Ad un certo punto uno dice all’altro: è inutile che ci provi con Veneziani perché tanto “lui pensa solo ai cazzi della cultura,” nel senso che non mi occupavo di nomine, o di attricette ma di strategie, di nuovi canali, di politiche culturali…
I suoi libri, sebbene interessanti, non vendono alla maniera di Cazzullo; sui giornali si guadagna poco. Come fa a campare? È ricco di famiglia, vive di stenti, si fa mantenere?
Non sia così tragico, editori e giornali mi trattano decorosamente. Riesco a vivere anche grazie all’attività di autore, e a vivere anche bene. Faccio una saggistica totalmente diversa da quella di Cazzullo, non si possono paragonare i generi; nel mio genere vendere in media diecimila copie a libro non è poco.
Non le piace la saggistica di Cazzullo?
È un altro tipo, la sua è un’editoria commerciale che non toglie libri alla cultura alta, ma si rivolge a non lettori o ipo-lettori, un pubblico diverso. Anche nell’editoria c’è la scuola elementare e poi c’è il liceo, l’università…
Non leggerebbe mai i libri di Cazzullo?
Non posso leggere tutto e di tutto, devo essere selettivo; non sono oggettivamente interessato a quel tipo di saggi divulgativi.
Prova invidia dinanzi al suo successo editoriale?
Perché dovrei? Abbiamo finalità diverse, ci rivolgiamo a piani diversi, è come se invidiassi Sinner…Ma se non gioco a tennis, che c’entra?
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Che talento ruberebbe a Giordano Bruno Guerri?
Siamo molto diversi, abbiamo intrapreso strade opposte, gli riconosco il pregio di aver scritto delle biografie molto belle, penso a quella su Bottai, Marinetti, Mussolini e D’Annunzio. Detto questo, non gli ruberei nessun talento! Lui frequenta la storia, io il pensiero; abbiamo inclinazioni diverse.
C’è un intellettuale che invidia in Italia?
No, e anche se non me ne rendo conto, magari cova in me un’implicita presunzione, con punte di mitomania…
Quali direttori, nella sua lunga carriera da editorialista, ha disprezzato? Chi è stato quello più liberticida?
Ho scritto su una marea di giornali, e mi sono legato lungo la mia vita a cinque sei giornali, dunque sono stato infedele o epurato. Probabilmente, ho avuto più problemi con gli editori che con i direttori. I direttori forti mi hanno sempre lasciato libero.
Come mai Alessandro Sallusti, nel 2015, la licenziò dal Giornale? Lei, cosa aveva combinato?
francesco melchionda marcello veneziani
Io, nulla, in realtà. Formalmente non si trattava di un licenziamento, ma di un prepensionamento per lo stato di crisi del giornale; nella pratica fu un vero e proprio siluro perché esprimevo posizioni non proprio omogenee rispetto al berlusconismo. L’unica avvisaglia che avevo avuto, prima di essere scacciato, avvenne qualche mese prima. Sallusti mi telefonò dicendo stranamente: Marcello, scrivi quello che vuoi, ma lascia stare la signora (Francesca Pascale). Ovviamente, quando me ne andai, denunciai la cosa.
Scrivendo cosa?
Dissi che non era un semplice prepensionamento ma una defenestrazione vera e propria; fino a pochi giorni prima lo stesso direttore mi diceva che la mia rubrica era la più letta del Giornale, era pieno di elogi. Poi il contrordine…
Cosa scrisse contro la Pascale di così diabolico?
Non ricordo bene, mi pare un paio di battute sui suoi orientamenti politici legati al Gay pride, qualche ironia sui cagnolini trattati allo stesso modo dei cortigiani del berlusconismo. Con Feltri, probabilmente, non sarebbe mai successo.
Reputa Sallusti un debole, quindi?
FRANCESCA PASCALE - FOTO LAPRESSE - 3
I direttori come i premier hanno vita lunga se, come si dice da noi, attaccano l’asino dove vuole il padrone. Per questo ho diretto solo giornali che ho fondato io.
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Non prova vergogna, lei sempre così snob e con la puzza sotto al naso, per questa pseudo destra al governo?
Ho dei motivi di dissenso, ma non di vergogna. Questo è il clima, questa è la politica, anche altrove.
Lei è più fascista o meloniano?
Nessuno dei due. Ho un giudizio diverso rispetto a quello corrente in tema di fascismo; nei confronti della Meloni ho un’istintiva simpatia e la conosco da più di vent’anni, ma dissento per alcune scelte che ha fatto…
Tipo?
marcello veneziani foto di bacco
In politica estera, per esempio, nella scelta della sua classe politica, nella mancata coerenza con i programmi iniziali, salvo recuperare nei comizi; ma so bene che può restare al governo solo a quelle condizioni, altrimenti la fanno smammare. Anzi, non l’avrebbero fatta nemmeno entrare: lo scrissi sin da quando vinse le elezioni.
Non pensa che la grandissima colpa della Meloni, oltre alla sua cronica allergia alle critiche, sia quella di essersi scelta una classe dirigente imbarazzante, mediocre?
marcello veneziani foto di bacco (2)
Il problema è che non ha scelto, segue il criterio della fedeltà e dell’appartenenza al suo clan. Ha una classe dirigente mediamente modesta come modesta è buona parte della compagine di governo. Ma gli avversari e gli alleati non stanno messi meglio.
È una colpa non aver scelto!
Avrebbe dovuto lavorarci prima di andare al governo, formare una vera classe dirigente, e non solo una claque di fedelissimi militanti e poco altro.
Ma se l’alternativa sono i tecnici o quelli che stanno ora all’opposizione, lunga vita alla Meloni, Giorgia for ever.
Tutta la sinistra che conta, compresi i trombettieri delle case editrici, è adorante e in ginocchio dinanzi ai libri su Mussolini di Scurati. Lei cosa ne pensa? Li ha letti almeno o il suo è il classico pregiudizio tipico di chi critica senza leggere e documentarsi?
Si può scrivere una biografia in più volumi, ignorando i primi quarant’anni di vita di Mussolini, quando era socialista, rivoluzionario, interventista, combattente, giornalista? Poi quanti errori, a partire dalla considerazione puramente criminale di un uomo e di un regime: come dire che gli storici che se ne sono occupati hanno perso tempo, era pura delinquenza. E se un pazzo delinquente ha goduto così a lungo del consenso internazionale, popolare e culturale, vuol dire che erano scemi e complici tutti quanti, statisti, scrittori, storici, popolo italiano? I giudizi storici vanno articolati, altrimenti si giudica da psicopatici…
FRANCESCA PASCALE - FOTO LAPRESSE - 2
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Quando si separa dalla sua prima moglie, arriva ad un passo dalla depressione, così racconta. La sua ex, addirittura, le rovina i libri, li brucia, o glieli fa sparire… Marcello, cosa aveva combinato? Si era invaghito di qualche fica nel momento in cui tutti la cercavano?
Sono quelle cose che capitano a tanti uomini, solo che la sua reazione fu esagerata, tutto si sarebbe ricomposto in modo più civile. Ci furono strascichi giudiziari e di altro genere…
Non si vergognò di averlo scritto su Libero e reso pubblico. Si espose ad una irrisione importante e ridicola…
Fu una scelta dolorosissima, ma era l’unico modo per recuperare quei libri, perché avevo vanamente fatto ricorso alle forze dell’ordine e al magistrato. E quando mi annunciava che questi libri sarebbero stati incendiati, l’unica cosa che potetti fare era quello di scriverlo pubblicamente e denunciarne lo scempio, visto che né i carabinieri né i magistrati potevano intervenire in casa. E la mattanza di libri finì, recuperai i libri. In realtà il danno era assai minore di quello che mi era stato annunciato, più simbolico che reale.
Che libri erano? Se lo ricorda?
I libri che erano stati bruciati erano per esempio le Enneadi di Plotino o il Così parlo Zarathustra di Nietzsche, libri cui tenevo in modo particolare, e lei lo sapeva. Ma poi tutto fu superato, dimenticato.
Da quello che ho letto, non ha mai fatto follie in amore; quando ha avuto le sue prime pulsioni sessuali?
Come tutti, nell’età dell’adolescenza, ma le prime storie le ho avute dopo i diciotto anni. A differenza di quanto dichiarano di solito gli altri, non sono stato precoce ma tardivo.
Ha sempre detto a Sabelli Fioretti che, nelle faccende amorose, oltre ad essere imbranato, è sempre stato passivo; lo è ancora?
Per certi versi, sì. La mia è un’attitudine psicologica… Nei rapporti umani sono molto fatalista, se le cose devono accadere, accadono; ho poi una ritrosia all’uso attivo del telefono, non chiamo mai nessuno, non corteggio. Sono stato sempre più inseguito, più corteggiato che corteggiatore. Forse sono anche timido…
Arrivato all’autunno della sua vita, il cerchio si stringe sempre più; come se lo immagina il suo futuro?
Scrivere finché Dio mi dà la luce; ho un sereno rapporto con il tempo che scorre inesorabilmente, cerco di rendere fertile la malinconia dell’età grave.
giordano bruno guerri - la torre di babele
Si sente già vecchio?
Sotto molti aspetti, mi sento vecchio, sì… Ma con amor fati, senza fare tragedie, lo sapevamo dall’inizio, e l’alternativa alla vecchiaia non è in fondo migliore, finché è una vecchiaia lucida e operosa…
(...) Non ho certezze, però penso di avere ancora qualcosa da dire, e da scrivere. Mi sento più saggio, più lungimirante e sereno del passato. I lettori, eventualmente, mi faranno capire quando devo smettere…
marcello veneziani marcello veneziani foto di bacco (2)marcello veneziani foto di bacco (1)
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