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VERDINI PRESCRITTO PER GLI APPALTI DELLA SCUOLA MARESCIALLI DI FIRENZE E S’INCAZZA PURE: “SAREI STATO ASSOLTO COMUNQUE”. DI BATTISTA: “ECCO CHI CI GOVERNERA’ SE VINCONO I SI” - AL SENATO SCOPPIA LA GRANA ALBERTINI: QUAND’ERA SINDACO DIFFAMO’ ROBLEDO. PALAZZO MADAMA VOTA L’INSINDACABILITA’ - CASSON COME DIBBA: ECCO CHE SUCCEDE SE VINCE IL REFERENDUM

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1. DENIS SALVATO DALLA PRESCRIZIONE PER LE PRESSIONI SUGLI APPALTI

 

Carmelo Lopapa per la Repubblica

 

FRANCESCO MARIA DE VITO PISCICELLI FRANCESCO MARIA DE VITO PISCICELLI

La prescrizione salva Denis Verdini. Almeno dall’accusa di concorso in corruzione nella vicenda appalti per la Scuola Marescialli di Firenze. In primo grado era stato condannato a due anni. Ieri il processo di secondo grado si è chiuso con una sentenza di “non luogo a procedere per intervenuta prescrizione”.

 

La sua posizione era stata stralciata, in un processo che aveva già visto condannare in via definitiva l’ex presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci, l’ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis, l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli e il costruttore e amico del senatore Riccardo Fusi. La ristrutturazione era una delle grandi opere previste per i 150 anni dell’Unità d’Italia.

RICCARDO FUSIRICCARDO FUSI

 

L’ex coordinatore di Forza Italia viene informato dagli avvocati Franco Coppi e Marco Rocchi mentre è al lavoro nella sede del suo partito, Ala, in via Poli a Roma. La prescrizione era scattata già in estate, il 20 luglio, come sottolinea la difesa dopo la polemica esplosa ieri. La Corte d’appello l’ha solo ufficializzata.

 

La reazione di Verdini - che filtra dopo una serie di incontri con deputati e senatori che gli sono più vicini - sembra più di delusione che di soddisfazione. «La polemica sa di giudizio politico. Avevo fiducia nell’assoluzione, ne ero convinto, se si fosse arrivati fino in fondo qualsiasi giudice avrebbe verificato l’inconsistenza delle accuse - si è sfogato il senatore -. C’era anche un vizio di forma che avrebbe portato all’annullamento certo della condanna. La verità è che se c’è di mezzo Verdini, la cosa più facile se non si può condannare è prescrivere ».

 

maria elena boschi denis verdinimaria elena boschi denis verdini

Fuori dalla sede di Ala però l’uscita di scena causa prescrizione fa gridare allo scandalo. Il M5S punta il dito contro il senatore e alleato del governo Renzi. Alessandro Di Battista accusa: «È finita a tarallucci e vino. Verdini, padre costituente delle riforme di Renzi, è stato prescritto. Noi avevamo depositato in Parlamento da mesi una legge per bloccare la prescrizione quando c’è un rinvio a giudizio o una una condanna di I grado. Questi sono i soggetti che decideranno sul nostro futuro se dovessero vincere i Sì».

 

Doris Lo Moro, senatrice pd ed ex magistrata, invece non si stupisce: «La prescrizione è un caposaldo del sistema a garanzia dell’imputato, ma quanto avvenuto deve servire da stimolo ulteriore per lavorare al prolungamento dei termini. Purtroppo sulla sospensione, proposta dal M5S, non ci sarebbe mai stata maggioranza». Considerazione «pretestuose» secondo la difesa di Verdini, dato che «qualsiasi nuova norma non inciderebbe sui processi in corso». La sostanza non cambia, reato ormai estinto.

 

 

2.  L’IMMUNITA’ DI ALBERTINI S’INCROCIA CON IL REFERENDUM

 

Liana Milella per la Repubblica

 

gabriele albertinigabriele albertini

«Una spada di Damocle sul futuro Senato delle autonomie se dovesse passare anche in aula l’insindacabilità per l’ex sindaco Albertini. Tutti potrebbero fruire di uno scudo anche per fatti commessi quando non erano senatori ». Dice così Felice Casson, l’unico dem che, nella Giunta per le Immunità, martedì sera ha votato contro la piena concessione dell’insindacabilità per Gabriele Albertini per via delle sue accuse contro l’ex procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. Era l’autunno del 2012, e lui era parlamentare europeo. Ma proprio il Parlamento di Strasburgo gli ha negato qualsiasi scudo perché contro il magistrato aveva parlato per via del suo precedente ruolo di sindaco. Al Senato invece hanno votato per la piena copertura il Pd in compagnia di Forza Italia, Ncd (partito di Albertini), Lega, Buemi (Psi). Due assenti nel Pd. Contro M5S e Casson.

 

E Casson dice adesso: «Quello che è avvenuto con Albertini è il preludio di quel che potrebbe succedere se vincesse il sì al referendum. Sindaci e consiglieri regionali potrebbero accampare privilegi di casta e immunità giuridiche per il passato richiamando come precedente proprio questo caso. Sarebbe uno sconvolgimento dei principi costituzionali ». Sul caso non ha dubbi il costituzionalista Valerio Onida: «L’insindacabilità copre l’esercizio di funzioni parlamentari, se non si è deputati o senatori in quel momento non se ne può fruire».

felice cassonfelice casson

 

Ma quella di Albertini è una corsa contro il tempo, ormai ingaggiata dalla maggioranza, e dal Pd in prima fila. Visto che l’ex sindaco potrebbe non votare più con la maggioranza. L’obiettivo è “salvare” l’ex sindaco da una sentenza penale, in calendario a Brescia il 7 novembre, che potrebbe anche non essergli favorevole. L’accusa è di calunnia aggravata, e il tribunale civile della stessa città lo ha già condannato in primo grado per diffamazione ai danni di Robledo. Accusato dal senatore alfaniano, come ha detto durante i lavori della Giunta la relatrice dem Rosanna Filippin, di «un accanimento inusitato» ai suoi danni. La sfida ora è ratificare in aula il verdetto della Giunta.

valerio onidavalerio onida

 

Per questo, già nella capigruppo di ieri, Laura Bianconi di Ncd ha chiesto di mettere subito la questione all’ordine del giorno. Detto fatto, l’insindacabilità per Albertini figura come ultimo punto nel calendario della prossima settimana. Circola già una data, il 3 novembre, che potrebbe comportare, visti i tanti argomenti in discussione, anche l’esplicita richiesta di un anticipo del caso Albertini. Che d’un balzo, nonostante sia stato deciso in Giunta appena martedì, andrebbe al voto dell’aula, mentre la decadenza per Augusto Minzolini – condanna definitiva per peculato a due anni e sei mesi il 12 novembre 2011, via libera della Giunta il 19 luglio 2016 – è stata addirittura cassata dal calendario.

CAMERA ARDENTE DI GERARDO DAMBROSIO ALFREDO ROBLEDO CAMERA ARDENTE DI GERARDO DAMBROSIO ALFREDO ROBLEDO

 

Per “salvare” Albertini – voto segreto in aula, pronostici favorevoli per lui – resta una settimana. Il 7 novembre il Tribunale di Brescia va a sentenza. Se il Senato gli concede prima l’insindacabilità le possibilità sono due: il tribunale prende atto e si adegua. Oppure i giudici optano per un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta. Comunque la sentenza è rinviata.