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Andrea Morigi per ''Libero Quotidiano''
Per uno che tiene una rubrica settimanale sul Fatto Quotidiano, finire al centro di un' indagine per appropriazione indebita di denaro è decisamente più imbarazzante che per altri. Se poi l' indagato è anche un vescovo che ha fatto della moralità pubblica la sua bandiera, sferzando i politici corrotti, il profilo del personaggio si arricchisce di un' inattesa disinvoltura.
Peccato che monsignor Domenico Mogavero, interlocutore diretto e frequente della Stampa e della Repubblica almeno quando si tratta di mettere all' indice i comportamenti altrui, non mostri altrettanta franchezza e spontaneità, ora che è chiamato lui a rispondere di presunte anomalie nella gestione dell' economato della diocesi di Mazara del Vallo, di cui è vescovo dal 2007. I giudici che lo hanno interrogato contestano proprio a lui, oltre che a don Franco Caruso, ex economo della diocesi mazarese accusato anche di malversazione, un ammanco di 180mila euro.
Spento il cellulare, Mogavero non risponde nemmeno alla prediletta Famiglia Cristiana. Delle proprie vicende personali, parla solo attraverso il suo avvocato Stefano Pellegrino, il quale spiega che i fatti «sono risalenti agli anni 2010-2011». Sua Eccellenza ci aveva messo un po' ad accorgersi che forse nella gestione della Curia c' era qualcosa di poco chiaro. Erano stati necessari sette anni a scoprirlo, secondo le rivelazioni del settimanale Panorama, che il 12 giugno 2014 avevano portato alla luce il buco di 5.598.090 euro nel bilancio della piccola diocesi.
Ruberie o inadempienze. Comunque, tutte «denunciate alla Procura dallo stesso vescovo lo scorso anno», spiega il legale, anzi «al primo sospetto di irregolarità gestionale del servizio economato della diocesi, il vescovo provvide ad incaricare due consulenti fiduciari per verificare la corretta applicazione della normativa canonistica e concordataria nella gestione della Diocesi, nonché accertare la regolarità della redazione dei rendiconti e dei finanziamenti della Cei». Insomma, il prelato non rinuncia al proprio ruolo di fustigatore dei costumi, anche ecclesiastici.
Quell' abito da moralizzatore, tuttavia, sembra stargli un po' più stretto dei paramenti liturgici firmati Giorgio Armani che ama indossare. Anzi, subito dopo la pubblicazione dell' inchiesta di Panorama monsignor Mogavero afferma che le notizie pubblicate sono totalmente infondate e perciò querela il settimanale, a cui non resta a quel punto che rendere nota la registrazione di una drammatica riunione diocesana, avvenuta qualche settimana prima (il 14 maggio 2014), in cui il presule ammetteva il gravissimo dissesto finanziario della diocesi e annunciava che in pratica non era rimasto più neppure un euro in cassa.
In tempi di Vatileaks, di scandali e di corvi, servono dosi più massicce di prudenza rispetto al passato. Lui stesso era stato inserito in una lista di vescovi in odore di massoneria. Senonché, l' attenzione di monsignor Mogavero è sempre stata rivolta ad altre emergenze.
Soprattutto l' immigrazione, definita un fenomeno culturale, piuttosto che un pericolo poiché «non sono certo i migranti a impoverire famiglie e pensionati italiani ma una mentalità di corruzione pubblica e privata che prolifera senza vergogna», spiegava il 20 agosto scorso alla Stampa. Non si riferiva mica alla disastrosa situazione finanziaria del proprio territorio ecclesiastico. Semmai minimizzava l' impatto degli sbarchi, invitando a «mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c' è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede.L' islam non vuole cancellare le radici cristiane in Occidente».
Armani e il vescovo di Mazara Domenico Mogavero
Nei confronti di coloro che il patrimonio di civiltà lo vogliono difendere, invece, si era lanciato a testa bassa il 22 giugno, prendendosela con le famiglie che due giorni prima avevano protestato contro il progetto di legge sulle unioni civili. e aveva dichiarato alla Repubblica che serve il dialogo sulla teoria del gender.
armani e il vescovo di mazara domenico mogavero x
Per contro, nel 2010, si era mostrato assai più duro nei confronti dell' allora premier Silvio Berlusconi, il cui «stile di vita non da oggi è deleterio: perché non ancorato a valori prima di tutto umani, oltre a tradire quelli cristiani, nei quali pure lui si professa credente». Insomma, i gay sì, ma gli eterosessuali no. Come la pagliuzza nell' occhio altrui, serve a dimenticare la trave nel proprio.
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