VIAGGIO AL TERMINAL DEL DATAGATE – L’ASILO A SNOWDEN E’ UNO SCHIAFFO AGLI USA: A RISCHIO IL VERTICE PUTIN-OBAMA DI SETTEMBRE

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Nicola Lombardozzi per "La Repubblica"

Lo schiaffo annunciato agli Usa è arrivato all'alba. Edward Snowden, l'ex agente dell'Nsa ricercato dagli Stati Uniti, ottiene il visto russo per un anno e lascia la prigione dell'aeroporto ringraziando Putin e inneggiando alla «sconfitta di Obama, che non rispetta le leggi».

Dopo qualche ora di attesa e di concitate valutazioni, la Casa Bianca risponde dicendosi «profondamente delusa» ma soprattutto mette in discussione il summit tra i due Presidenti previsto a Mosca ai primi di settembre prima del G20 di San Pietroburgo: «Ne valuteremo l'utilità in un clima in cui il nostro rapporto di collaborazione è di ministri degli Esteri e della Difesa in programma per la compromesso». Intanto sono già a rischio gli incontri preparatori a livello prossima settimana.

Tutto prevedibile se non per i tempi. In molti pensavano che Mosca avrebbe tirato un po' più per le lunghe ma probabilmente l'ipotesi di ricevere Obama, tenendo contemporaneamente Snowden bloccato in aeroporto, è stato valutato ancora più complicato da gestire che la prossima inevitabile tensione tra i due paesi. In ogni caso da ieri Snowden è formalmente sotto la protezione del governo russo che gli ha concesso un asilo politico provvisorio valido fino al 31 luglio del 2014. Dopo 39 giorni, ha dunque lasciato all'alba il settore transiti di Sheremetyevo per trasferirsi in una località segreta.

Dal punto di vista legale può andare dove gli pare a patto di rimanere entro i confini del paese più grande del mondo. Più realisticamente, è sotto costante controllo dei servizi segreti russi che lo seguono sin dal suo arrivo da Hong Kong e che adesso sono ufficialmente responsabili della sua sicurezza.

Appare infatti assolutamente poco credibile il racconto del suo avvocato russo Anatolj Kutcherena, buon amico dei vertici delle forze dell'ordine, che nel pomeriggio, a fuga avvenuta, raccontava una versione romantica ma insostenibile della vicenda: «Gli è stato consegnato il visto. Lui ha fatto la valigia. Ha passato i controlli e poi ha preso un taxi al parcheggio. Non so dove sia andato».

In realtà il trasferimento sarebbe avvenuto con la solita scorta discreta di agenti in borghese. Con Snowden c'era anche Sarah Harrison, avvocato, giornalista del
Guardian e militante di WikiLeaks che lo segue e lo assiste sin dall'inizio della sua avventura. Su dove siano adesso nascosti entrambi, è cominciata ovviamente una fiera di illazioni abbastanza improbabili: una caserma, un residence per militari, un ospedale, un campo profughi. Seguendo gli esempi di altri casi di personaggi "custoditi" dalle autorità russe, la tesi più attendibile resta quella di un appartamento protetto nei pressi della capitale.

Ma la caccia al nascondiglio della Talpa sarà lunga e con poche speranze. Di certo Snowden avrà dovuto accettare alcune condizioni e, tra queste, quelle di tenere un profilo il più basso possibile senza venire allo scoperto. Lo stesso Putin, tempo fa, esaltando Snowden e paragonandolo addirittura al premio Nobel Sakharov, dissidente dei tempi dell'Urss, aveva precisato che «Snowden dovrà garantirci di non danneggiare ulteriormente gli interessi americani».

Del resto il danno maggiore è ormai fatto. Nessuno, nemmeno l'avvocato Kutcherena, può credere che dopo tanti giorni Snowden non abbia mai rivelato segreti importanti ai suoi angeli custodi dell'aeroporto di Mosca. Resta soprattutto una questione di principio e di immagine internazionale. L'eventuale annullamento del summit da parte di Obama sarebbe certamente un brutto colpo per l'immagine della Russia ma il Cremlino sembra aver calcolato i rischi. Putin in persona nei giorni scorsi avrebbe risposto durante colloqui informali e segreti con lo stesso Obama che «la Russia è stata costretta in un angolo dalla aggressività americana che ha impedito in ogni modo il trasferimento di Snowden in un altro paese».

A consolare il Presidente russo per i grattacapi diplomatici in arrivo c'è il grande successo di immagine tra la maggioranza dei russi che accolgono sempre con particolare soddisfazione ogni sgarbo agli storici rivali americani. I notiziari tv trasmettono in continuazione la commozione di Papà Snowden che ringrazia il Presidente e il popolo russo: «Avete salvato mio figlio».

Perfino storici dissidenti e accaniti oppositori del Cremlino sono, una volta tanto, d'accordo con Putin. Come la novantenne Ljudmilla Alekseeva: «È il paradosso russo. Liberiamo Snowden che è un paladino dei diritti umani. Proprio noi che non li rispettiamo affatto».

 

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