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DAGOREPORT - SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER…
1. UNA MOSSA CHE DIVIDE GLI ECONOMISTI MA POTREBBE AIUTARE LE PICCOLE IMPRESE
Francesco Spini per “La Stampa”
Se il premier Matteo Renzi, innalzando l’uso del contante da mille a tremila euro, voleva riportare l’Italia al livello francese ha preso una topica: un mese e mezzo fa Parigi ha legiferato in senso opposto, portando il limite a mille euro. Eppure l’idea di agevolare l’uso del contante come «adiuvante» per un’economia in (lenta) ripresa divide gli economisti tra sconcertati e possibilisti.
Ecco, per esempio non parlatene a Vincenzo Visco. Vi dirà, l’ex ministro delle Finanze con Prodi e D'Alema, che trattasi di «un’idea pessima, incomprensibile, ingiustificabile, inutile che favorisce evasione, riciclaggio e corruzione». D’accordo con lui un autorevole osservatore internazionale come l’economista del Ceps, Daniel Gros, il quale si dice certo che la mossa «non darà stimoli all’economia, la gente non spende di più perché può usare più contanti». Chi invece non si scandalizza è Francesco Daveri, economista (Università di Parma e Bocconi), collaboratore de lavoce.info.
renzi trova venti euro per terra
«In un contesto in cui il governo attraverso provvedimenti come la “voluntary disclosure” punta a mettere una data di fine ai comportamenti di evasione più eclatanti - dice - questa mossa può eliminare alcuni vincoli stringenti che in alcuni casi creano molti disagi». E i limiti sui contanti sono particolarmente sofferti «dai piccoli imprenditori e dai piccoli commercianti, che sono quelli che ancora oggi ne fanno un maggior uso. E sono queste categorie, i “piccoli”, quelle che oggi soffrono, messe a dura prova dalla globalizzazione e dalla grande distribuzione».
L’economista fa l’esempio degli artigiani, «che non stanno uscendo vincenti in nessun modo da questo periodo. In questa fase, si può dar loro respiro con una maggior libertà sui contanti, come contrappeso a una definizione certa, che non lasci spazio a ulteriori proroghe o condoni, dei comportamenti passati non tollerabili sul piano fiscale». Il rischio, però, è che si tolleri un po’ di nero «che non fa Pil, ma che al limite lo può diventare nella misura in cui il reddito non dichiarato viene consumato».
Ma la manovra del governo è anche «una pacca sulle spalle» a chi proprio non riesce a digerire la moneta elettronica, tra carte di credito e Bancomat. Strumenti che stentano a farsi largo, anche perché, ricorda Daveri, «il 21% della popolazione ha più di 64 anni, e spesso a quell’età non si ha dimestichezza con la tecnologia: non è sempre tutto e solo un desiderio di sfuggire al Fisco».
Argomentazioni che non convincono uno come Visco. «Siamo il Paese che ha il più alto tasso di evasione dopo la Grecia. E siamo un Paese che ha un problema di malavita organizzata e di corruzione: fare un provvedimento del genere è semplicemente assurdo», dice. Fosse per lui limiterebbe l’uso del contante a 500 euro, «il taglio di banconota più elevato». Perché quello annunciato «è un provvedimento che non incide sui consumi ma facilita chi deve riciclare denaro sporco». Pensare di facilitare i consumi togliendo le regole «può essere vero in Medio Oriente, non in un Paese sviluppato che vuole competere con la Germania».
Opinioni condivise da Daniel Gros. «Tale mossa non porterà ad avere maggiore domanda, le grosse spese non si fanno con i contanti». Insomma: «Non c’è ragione per cambiare il limite attuale: non ci sono studi che dimostrino che il limite all’utilizzo dei contanti sia d’intralcio alla crescita». E poi ci sono i mali d’Italia: «Con un provvedimento come quello annunciato da Renzi la corruzione spicciola diventa più semplice. Nei Paesi scandinavi si potrebbe levare qualunque limite, altrove bisogna essere più severi, altro che...».
2. “BASTA SHOPPING IN FRANCIA E SVIZZERA - ADESSO SI TORNERÀ A COMPRARE IN ITALIA” - GIOIELLIERI E ATELIER: COLPITI PER ANNI DAL TETTO SUL DENARO CASH
Emanuela Minucci per “La Stampa”
Il gioielliere torinese amava parecchio le sue vacanze in Croazia. Fino al giorno in cui non vide campeggiare sulle vetrine delle oreficerie di Zagabria la scritta «Benvenuti». Scritto così, in italiano, perché il messaggio era diretto agli italiani. «Erano passate poche settimane dall’approvazione del famigerato decreto “Salva-Italia” - ricorda Gian Piero Monticone, gioielliere storico di Torino, consigliere della Federpreziosi - e capimmo da messaggi come quello che il tetto di 1.000 euro in contanti suonava come una campana a morto per i nostri fatturati».
Basta «Rolex», fine delle collane di perle Akoya e dei «Trinity» di Cartier. Stop ai gioielli tracciabili, insomma, che finiscono con le loro appariscenti file di zeri sulla carta di credito. E se proprio si doveva comprare, vai con la tecnica spezzatino: mille li dò in contanti, un’altra tranche con la carta di credito, il resto con l’assegno. «Soprattutto - spiega con un sorriso Santo Garaffo, creatore di gioielli da oltre quarant’anni, con tripla scintillante vetrina a due passi dal Caval’d Brons - se il gioiello in questione è un regalo che non può prescindere dalla privacy».
Per capirci: il braccialetto che non è per la moglie o che la moglie vuole comprarsi senza che il marito lo possa scoprire dalla carta di credito. Da quando l’ex premier Monti nel 2011 mise questo tetto dei 1.000 euro come cifra massima di contanti da spendere, in Piemonte - regione di confine in cui ci si mette poco a raggiungere Francia o Svizzera per comprare borse di Chanel o Hermès senza troppe complicazioni - è nato il fenomeno dello shopping migrante. Ed ecco spiegato il motivo per cui ieri a Torino, come nel resto d’Italia, nelle boutique del lusso è tornato il sorriso e in certi casi pure le flûte di Prosecco ghiacciato da offrire ai clienti.
RENZI E MONTI A PALAZZO VECCHIO
Ieri la bella notizia. L’innalzamento del limite di spesa «cash» a 3 mila euro restituisce fiato a un’economia che da anni si vedeva scippare i clienti dai negozi d’Oltralpe o altre mecche dello shopping meno penalizzato, come il Montenegro o la Croazia. Ed ecco chiarito il motivo per cui fino a ieri si avvistavano torinesi e milanesi a spasso per Nizza o Cannes con le borse di Vuitton fresche di negozio: «Le nostre boutique sono state penalizzate da questa restrizione - racconta Giorgina Siviero titolare della boutique San Carlo dal 1973 esclusivista di grandi firme - ricordo il primo Natale post decreto-Monti, fu una Caporetto».
A fornire le cifre esatte di questi anni difficili per l’acquisto di un gioiello come di un’opera d’arte, un pezzo d’antiquariato o uno zainetto di Prada, pensa Maria Luisa Coppa vicepresidente di Confcommercio Italia: «Il settore gioielleria ha conosciuto una battuta d’arresto del 20-30 per cento, mentre il lusso in generale ha tenuto grazie agli acquisti degli stranieri (i giapponesi su tutti, ndr) che non hanno un limite di spesa: in ogni caso accogliamo questo provvedimento per il quale ci siamo battuti parecchio con grande soddisfazione».
E anche se qualche commerciante dice che ci crederà soltanto quando la notizia diventerà legge si esulta da Chanel - dove le borse, come sottolineano le commesse, «non hanno un prezzo, ma un valore» - come nelle gallerie d’arte contemporanea dove un pezzo può anche stare sotto i 3 mila euro: «L’innalzamento della spesa in contanti è un fatto positivo - dice il gallerista Riccardo Costantini - ma per noi sarebbe opportuno ottenere in cambio di una tracciabilità totale, l’abolizione di ogni spesometro e l’Iva sulle opere d’arte al 22 per cento, quando in Francia è al cinque».
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