DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
1 - GIOVANI DISILLUSI E FAMIGLIE IMPOVERITE PERCHÉ DISERTA LE URNE LA METÀ DEGLI ITALIANI
Estratto dell’articolo di Aldo Fontanarosa per “la Repubblica”
Famiglie con tanti guai economici, che vivono i giorni della «grande disillusione». Giovani dimenticati dai partiti, per calcolo statistico: sono pochi, nel Paese dell'inverno demografico; dunque non ricevono una sincera attenzione. Persone infine che avrebbero bisogno di ritrovare un sogno, un ideale dentro una politica invece arida e calcolatrice.
In questo clima difficile, oltre la metà dell'Italia fa una scelta senza precedenti per le europee: non va alle urne. Nelle oltre 61 mila sezioni del Paese, si è presentato appena il 49,67% degli aventi diritto (meglio il dato dove si celebravano anche le amministrative). Nel 1979, alle prime consultazioni comunitarie, gli astenuti erano un "partitino" del 14,3%. Nel 2019, alle precedenti europei, la percentuale si era spinta comunque a quota 56,12. Ora gli astenuti sono la maggioranza assoluta. E impressionano i dati del voto nel Sud (43,73%) e nelle isole (37,31).
Poveri senza prospettive; giovani neanche raggiunti dalla politica; idealisti senza più ideali, con un qualche disorientamento a sinistra. «Sono loro gli astenuti di questo 2024», dice Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis.
Il 2 maggio, nel suo Rapporto sullo "Stato dell'Unione", proprio il Censis ha previsto un calo in quello che è il triangolo delle Bermuda del disagio economico: «Negli ultimi 15 anni, un terzo dei cittadini europei ha subito una riduzione visibile del reddito disponibile. E queste famiglie sono largamente concentrate in Spagna, Grecia e qui da noi, in Italia».
Nazioni mediterranee — dall'astensionismo ora galoppante — dove un esercito di «cittadini perduti» è entrato in una stagione di nebbie, tra disagi materiali ed altri, psicologici. Questo virus a tenaglia risparmia invece Portogallo, Francia e Germania dove l'affluenza è in crescita.
Conclude Valerii: «Ci eravamo illusi che gli elettori sarebbero tornati ai seggi stimolati da una congiuntura unica. Oggi tutte le figure istituzionali sono donne: la nostra premier, la presidente della Commissione Ue e del Parlamento europeo, infine quella della Bce. Invece un effetto di trascinamento per mano delle leadership femminili non c'è stato nel Paese».
[...] Ci sono poi 4,2 milioni di anziani con più di 65 anni che sono affezionati al rituale delle elezioni. Di questi, oltre 2,8 milioni hanno ormai delle difficoltà gravi di movimento (e spesso non vanno ai seggi); ma non sono così ammalati da poter invocare il diritto di voto in casa. E ancora: ci sono altri milioni di persone che lavorano lontano dal Comune di residenza e dal seggio (l'unico) dove potrebbero presentarsi.
Anche tra di loro c'è chi vorrebbe scegliere, ma è scoraggiato da fatica o costi del viaggio (una semplificazione è stata sperimentata per i soli studenti). Al partito di questi "astensionisti involontari" è dedicato il Libro bianco che una commissione di esperti, guidata da Franco Bassanini, ha presentato 2 anni fa.
Il 2 maggio 2022, il volume ha suggerito poche, ragionevoli misure che avrebbero permesso di recuperare stabilmente al voto milioni tra italiane e italiani. «Quando lo abbiamo mostrato ai gruppi parlamentari», racconta al telefono l'ex ministro Bassanini, «tutti i partiti lodarono il nostro lavoro e promisero di impegnarsi per mettere in campo i rimedi che suggerivamo. Sono sorpreso perché molto poco è stato fatto per davvero». [...]
2 - NON HA VOTATO NEANCHE UNO SU DUE URNE DESERTE, IL BARATRO DEL SUD
Estratto dell’articolo di Massimiliano Panarari per “La Stampa”
[…] uno dei vincitori autentici da noi è il partito dell'astensione. Con qualche elemento in controtendenza in altri Paesi europei, poiché quella per l'Europarlamento è appunto la somma di 27 votazioni nazionali; e, dunque, una presenza alle urne che è stata più robusta in Francia e un'affluenza "record" (alla luce dei precedenti) in Ungheria e a Malta.
Mentre qui ha votato solo il 49,7%, e dunque l'astensionismo detta legge; del resto, l'Italia è il Paese che, insieme al Portogallo, ha avuto di recente i tassi di crescita più significativi del numero di persone che non si recano al seggio.
[…] Proviamo allora a ricapitolare alcuni numeri. Le europee del 2019 avevano visto una partecipazione superiore al 50% degli aventi diritto al voto nell'Unione, il dato più rilevante dall'introduzione dell'elezione diretta, avvenuta nel 1979. L'Italia, pur rimanendo uno degli otto Paesi Ue con la maggiore mobilitazione di elettori, ha vissuto un incessante trend decrescente, iniziato con l'instaurarsi della Seconda Repubblica.
Guardando alla serie storica si è così passati dall'85,7% del ‘79 (a fronte della media continentale del 62%) giù giù fino 54,5%. Questo tipo di votazione, va inoltre ricordato, vede una media di votanti tra il 10 e il 15% inferiore a quelli delle elezioni politiche.
E il trend dunque si è confermato anche nelle scorse ore, con l'eccezione delle Isole, dove probabilmente ha giocato un ruolo quella forma di contrasto alla caduta della partecipazione che è la consultazione amministrativa, mentre non è servito a granché quell'unicum tutto nostro che è la dilatazione a due giorni dell'orario di apertura dei seggi spacciata appunto come un incentivo ad andare a votare.
Verosimilmente anche per l'abbinata con il voto locale, infatti, l'affluenza in Piemonte e in Emilia-Romagna supera il 55%. Restando comunque di poco sopra la soglia della metà del corpo elettorale, a riconferma del restringersi progressivo e (almeno apparentemente) inesorabile della "democrazia partecipata".
E viene così da dire che c'è una notevole dose di paradosso vista l'invocazione a ogni piè sospinto di maggiore partecipazione e democrazia diretta (che, difatti, possiede un nucleo soprattutto ideologico, e sarebbe preferibile chiamare col suo vero nome di «direttismo democratico»).
Un processo che va nella direzione dell'assimilazione dell'Italia alle altre nazioni europee, dove si vota sempre di meno – con qualche eccezione –, e la minore partecipazione elettorale viene da lontano.
GIUSEPPE CONTE VOTA ALLE ELEZIONI EUROPEE 2024
Diversi politologi sottolineano che l'astensionismo non va "criminalizzato", e che nelle nostre democrazie liberali un tasso di voto che si attesta sulla metà degli aventi diritto è quello giustappunto fisiologico. Tutto vero, certamente, ma se la storia conferma in pieno tale valutazione per il mondo anglosassone, si deve altresì constatare come nei Paesi latini e mediterranei – Italia su tutti – l'affaticamento, la disillusione e la sfiducia nei confronti degli attori della democrazia rappresentativa siano cresciuti di pari passo con la desertificazione delle urne.
E, in generale, da qualche tempo in maniera sempre più allarmante il disordine informativo alimentato dalle interferenze maligne delle potenze autocratiche punta proprio a far crescere il numero degli astenuti per turbare lo svolgimento del processo elettorale nelle democrazie occidentali.
SANTA GIORGIA MURALE BY ALEXSANDRO PALOMBO SULLA MELONI DOPO LE EUROPEE
E, dunque, nel nostro caso in particolare l'astensione va necessariamente interpretata come un segno di crisi di legittimità del sistema politico. Non si va a votare per una molteplicità di motivazioni: per protesta, perché non si è convinti dell'offerta vigente di leader e partiti, per lanciare deliberatamente un segnale di disaffezione nei confronti della classe dirigente che si presenta – il "non voto" è un voto, come si usa dire. [...]
Oppure, ancora – ed è l'aspetto più spinoso – non si va a votare perché si nutre una sfiducia sistemica nei confronti della capacità (o della volontà) della politica di risolvere i problemi concreti delle persone che arriva a estendersi sino alle istituzioni stesse.
A questo proposito, l'astensionismo massiccio segnala, infatti, la ricomparsa della «questione meridionale», che ha penalizzato in primis il Movimento 5 Stelle. Ma che – alla luce, per esempio, del tasso di non voto a Caivano, indicato come "vetrina" dell'azione di governo – dovrebbe impensierire almeno un po' anche Giorgia Meloni e FdI.
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