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Danilo di Diodoro per "www.corriere.it"
Definizioni
Quando una persona è molto ansiosa rispetto al proprio stato di salute, prima o poi qualcuno gli dirà che è ipocondriaco, anche se il termine ipocondria è in realtà sparito dall’ultima versione del Manuale diagnostico e statistico dell’American Psychiatric Association (Dsm 5).
Il problema però esiste e viene identificato in due manifestazioni molto simili tra loro: il disturbo da sintomi somatici (il livello di ansia per la salute è alto ed è associato a sintomi somatici) e il disturbo da ansia di malattia (in questo caso è presente solo l’ansia per la salute).
C’è anche una nuova frontiera online dell’ansia per la salute. Avrebbe potuto essere chiamata «ipocondria 2.0», ma si è affermato invece il termine «cybercondria». Alcuni usano la definizione di «ipocondria digitale». Termini diversi che indicano tutti la possibile relazione tra la ricerca di informazioni mediche su Internet e lo sviluppo di crescenti preoccupazioni per la propria salute.
Quanti ne soffrono
Il disturbo da sintomi somatici colpisce tra il 4 e il 6% della popolazione generale. Colpisce circa il 17% delle persone che si rivolgono al medico di medicina generale. È più frequente tra chi soffre di fibromialgia, sindrome da fatica cronica o sindrome dell’intestino irritabile.
Campanelli d’allarme
Monitoraggio continuo: l’attenzione continua verso sensazioni del corpo che spinge l’ ipocondriaco a monitorarsi più volte nella giornata, fino a rendere difficile occuparsi della vita quotidiana.
Verifiche bibliografiche: l’ipocondriaco prima o poi cercherà in rete (e non) informazioni inerenti al suo disturbo. Ma l’autodiagnosi non è facile e quindi facilmente si riconoscerà in patologie che non lo riguardano.
Ricerca di confronti: chi è concentrato sulle sue possibili malattie tende a portare il discorso verso la ricerca di pareri, esperienze simili e rassicurazioni.
Controlli ed esami: l’ipocondriaco va spesso dal proprio medico, ma di rado trova una rassicurazione duratura. Consulta diversi specialisti, si sottopone a esami non necessari, ha sempre dubbi sull’innocuità dei sintomi.
Le caratteristiche
«È una sensazione subdola e corrosiva quella di pensare che il nostro benessere fisico sia minacciato da qualcosa di ignoto e di terribile che potrebbe accadere», dicono Gordon Asmundson, professore di psicologia e chinesiologia al Canadian institutes of Health Research, e Steven Taylor, professore al Dipartimento di psichiatria dell’Università della British Columbia, in Canada, autori del libro “La paura delle malattie.
Affrontare e superare l’ansia per la salute e l’ipocondria” (Edizioni Centro Studi Erickson). «Come tutte le forme d’ansia, anch’essa implica cambiamenti comportamentali, fisiologici e nelle convinzioni e nei pensieri della persona; e anch’essa può variare da un grado moderato a uno grave e acuto». Sebbene l’ipocondria tenda a essere una condizione che si protrae nel tempo, spesso si manifesta con momenti in cui l’ansia per la salute è maggiore e altri in cui quasi ci si dimentica delle proprie preoccupazioni.
Non tutti gli ipocondriaci si comportano allo stesso modo. Ce ne sono alcuni che continuano a cercare rassicurazione dai medici, a sottoporsi a esami di laboratorio, a farsi ricoverare, senza peraltro trarne un beneficio definitivo; altri che hanno invece un comportamento opposto: proprio perché temono le malattie e le pratiche mediche, cercano di rifuggirle, evitando di sottoporsi a qualsiasi controllo.
La «ruminazione psicologica»
In uno studio che ha messo a confronto il funzionamento psicologico di chi soffre di depressione con quello di chi soffre di ipocondria, ricercatori tedeschi guidati da Daniela Mier del Central Institute of Mental Health di Mennheim, hanno scoperto che chi soffre di ipocondria tende alla cosiddetta «ruminazione psicologica», un rimuginare di pensieri sempre attorno agli stessi temi.
Dicono gli autori di questo studio: «Ricerche effettuate su campioni di studenti hanno già dimostrato l’esistenza di una relazione tra il livello di ruminazione psicologica e ansia per la salute, suggerendo che il fenomeno della ruminazione possa svolgere un ruolo centrale nello sviluppo dell’ipocondria». Esiste anche una possibile sovrapposizione tra le ruminazioni mentali dell’ipocondria e quelle di chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo.
L’ansia si impara in casa
Sembra che un ruolo importante nella genesi dei timori ipocondriaci sia da attribuire a elementi provenienti dall’influenza familiare. Secondo gli psicologi Alessandro Bartoletti e Giorgio Nardone, esiste una vera e propria educazione ipocondriaca, un «copione familiare educativo basato sulla paura delle malattie» che facilmente si trasmette di generazione in generazione.
Effetti più o meno simili li ottiene anche un’educazione iperprotettiva: «È ormai dimostrata la correlazione tra pattern educativi iperprotettivi e genesi di disturbi fobici. È così che anche un clima educativo non dichiaratamente fobico nei confronti delle malattie – ma fobico in generale – porta a strutturare paure ipocondriache».
Fattori che aumentano il rischio di ipocondria
Scarsa scolarizzazione
Basso livello socioeconomico
Storia familiare di malattie croniche
Storia di abusi sessuali o di altri traumi nell’infanzia o da adulti
Sesso femminile
Storia di malattia cronica nell’infanzia
Concomitanza di altri disturbi di salute fisica o psichica
Categorie di persone a rischio per motivi professionali
Alcune categorie di persone sono esposte a un aumentato rischio di pensieri ipocondriaci per motivi professionali. Gli studenti di discipline mediche e infermieristiche si trovano a un certo punto del loro percorso di studio a scoprire quanto sono numerose e varie le forme patologiche che possono colpire l’organismo umano.
Quasi tutti sperimentano la tendenza verso l’autodiagnosi, proiettando sul proprio corpo quanto stanno imparando. Nella maggior parte dei casi il fenomeno tende a esaurirsi. Queste forme transitorie di pensiero ipocondriaco non sono considerate veri e propri disturbi di ansia da malattia.
Le cure
Chi soffre di ipocondria può ricorrere a diversi trattamenti psicoterapici o farmacologici. «Il medico di medicina generale spesso è il primo interlocutore e può svolgere un ruolo di rassicurazione temporaneamente efficace», dice Laura Bellodi, primario del Centro disturbi d’ansia e disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano.
«Tuttavia a lungo termine questa forma di sostegno tende a perdere valore quando entra nel circolo vizioso delle richieste ripetute. Certamente più utile è la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che addestra a riconoscere a livello cognitivo le distorsioni di pensieri ed emozioni e all’uso di strategie nella vita quotidiana. Infine, i farmaci di modulazione della neurotrasmissione serotoninergica come i triciclici e gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina, hanno una moderata efficacia.
Il loro limite, non irrilevante per una terapia che dovrebbe essere protratta nel tempo, è rappresentato dai possibili effetti collaterali, che rischiano di innescare un’ulteriore fonte di preoccupazione ed essere motivo di interruzione del trattamento».
I terapeuti
Chi è alla ricerca di terapeuti in grado di trattare disturbi ipocondriaci può trovarli sia nei Dipartimenti di salute mentale delle Aziende sanitarie, sia negli studi di psichiatri e psicologi privati. «Ai dipartimenti di salute mentale si rivolgono di solito persone che a causa dell’ipocondria hanno un pesante peggioramento della qualità di vita lavorativa o familiare, e quindi hanno bisogno anche di una rete di supporti psico-sociali» dice Bellodi.
«Se raggiungere un risultato positivo è già da considerarsi un obiettivo ambizioso, affinché si mantenga nel tempo, è necessario che ci siano anche condizioni ambientali favorevoli. Basti pensare infatti alle riattivazioni di preoccupazioni ipocondriache o di ansia per la salute quando ci sono malattie, o peggio lutti, in famiglia o tra gli amici. Inoltre, per il mantenimento dello stato di benessere raggiunto, ci deve essere un’attenzione continuativa al rinforzo di meccanismi mentali favorevoli e di strumenti comportamentali che facilitino l’adattamento».
Come trattarli - Cinque consigli
Evitare i rimproveri, che possono essere umilianti: il disturbo non è una fantasia, chi ne soffre va rispettato.
Incoraggiare a un percorso terapeutico mirato: va aiutato a seguire un percorso razionale che esplori la possibile esistenza di qualche patologia organica.
Scoraggiare i test «fai da te» per calmare l’ansia, quando i sintomi sono sfumati e transitori è bene iniziare l’esplorazione diagnostica con test ed esami semplici, rinviando quelli più complessi. Evitare il «fai da te».
Accogliere le preoccupazioni senza sminuirle: è fondamentale avere a disposizione un medico in grado di accogliere le preoccupazioni senza sminuirle, ma che sia deciso nel mantenere il controllo del processo di cura.
Scongiurare il ripiegamento su se stessi: una volta escluse patologie significative è importante aiutare la persona a condurre una vita normale.
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