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Francesco Malfetano per "Il Messaggero"
«Noi lo sappiamo da giugno che i vaccini antinfluenzali non sarebbero bastati per tutti, e lo abbiamo segnalato più volte, anche al ministro Speranza. Ma ora siamo in ritardo lo stesso e non ci sono dosi a sufficienza per studenti e lavoratori». Almeno qualcuno sulla questione vaccini ci aveva visto lungo.
Quando all'inizio dell'estate, come fanno ogni anno, i farmacisti italiani come racconta l'associazione di categoria FederFarma - hanno inviato gli ordini ai fornitori per le dosi di vaccino antinfluenzale, hanno capito subito che qualcosa non andava.
Le loro richieste sono infatti state rigettate in maniera inusuale dalle case farmaceutiche e dai fornitori intermedi. «Non sono più disponibili», recitava la risposta agli ordini che, peraltro, erano stati più corposi degli altri anni (+50%) in ragione del fatto che nelle farmacie ci si aspetta una corsa al vaccino.
Con i sintomi del Covid che rassomigliano a quelli dell'influenza di stagione l'immunizzazione può essere determinante. Soprattutto per quella fascia di popolazione attiva, studenti e lavoratori, che per uno starnuto di troppo rischiano di restare nuovamente chiusi in casa per giorni in attesa del tampone. Pericoli di cui è consapevole anche l'Organizzazione mondiale della Sanità che ieri, per bocca dell'epidemiologa Maria Van Kerkhove, prima si è detta preoccupata per l'aumento dei ricoveri e poi ha definito «cruciale» avere una «buona copertura» del vaccino antinfluenzale.
LE SEGNALAZIONI A loro però, uomini e donne sotto i 60 anni e bambini sopra i 6, non si è pensato per tempo. Oggi infatti, a diversi mesi distanza dalle prime segnalazioni, i vaccini destinati alla popolazione attiva sono solo 250 mila. Vale a dire in media 13 dosi per ognuno dei 19mila punti vendita italiani.
Un'inezia rispetto al milione e 500 mila richiesto dai farmacisti per tutti coloro che non rientrano nei soggetti a rischio. Le 17,5 milioni di dosi annunciate nei giorni scorsi dal Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, non sono infatti destinate a loro e saranno distribuite a partire da inizio ottobre come nelle intenzioni del ministero, riportate su una circolare di giugno attraverso Asl e centri vaccinali per tutelare anziani e bambini.
Solo nell'1,5% dei casi, le 250 mila dosi appunto, le fiale arriveranno in farmacia per servire il resto del Paese, nonostante la richiesta dei farmacisti si aggirasse attorno al 7,5% del totale. Stime che però, secondo quanto fa sapere il ministero della Salute non sono in linea con le loro previsioni. «Sono tantissimi pazienti», dice Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale, «a chiedercelo, molti dei quali non si erano mai vaccinati prima».
Il problema, però, «è che il vaccino non arriverà prima del 15 ottobre, ci informano le aziende, anche se le indicazioni istituzionali invitano a vaccinarsi ai primi di ottobre. Questo sta creando, oltre a una discrepanza informativa, un'aspettativa dei pazienti a cui non abbiamo modo di rispondere». Eppure, proprio secondo sindacati e associazioni di categoria, le risorse a cui attingere almeno in parte ci sarebbero. Ogni anno infatti il 10% - ma alcune case farmaceutiche parlano del 20% - dei vaccini regionali destinati alle Asl vengono resi senza essere stati utilizzati.
Una soluzione al momento non presa in considerazione. Ad esserlo invece, come suggerito dal ministro Roberto Speranza, è invece cercare di reperire le dosi mancanti all'estero rivolgendosi a fornitori a cui abitualmente non si fa ricorso. Questo però allungherà ancora i tempi perché importare farmaci comporta l'obbligo di nuove certificazione sul singolo prodotto quantomeno da parte dell'Aifa, l'agenzia italiana del farmaco.
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