DAGOREPORT - A RACCONTARLO NON CI SI CREDE. RISULTATO DEL PRIMO GIORNO DI OPS DEL MONTE DEI PASCHI…
Armando Besio e Teresa Monestiroli per la Repubblica
Un paio di quadri scomparsi all’improvviso dalle pareti. E una quarantina rimasti al loro posto ma coperti con vistosi cerotti. Per scongiurare il distacco del colore. L’aria molto fredda (sotto zero) e molto secca che ha ghiacciato Milano ha fatto venire i brividi anche all’impianto di condizionamento della Pinacoteca di Brera.
L’allarme è scattato nella notte tra giovedì e venerdì. L’umidità relativa nelle sale era scesa sotto il livello di guardia. Una minaccia per i dipinti, specie per quelli su tavola. Il legno “respira”. Se la temperatura e l’umidità variano troppo repentinamente, il supporto si dilata e la pellicola di colore rischia di sollevarsi e poi staccarsi.
È accaduto al Cristo alla colonna del Bramante, uno dei capolavori del museo, icona del Rinascimento. Subito trasferito nel laboratorio di restauro. Così come un’altra opera del tardo Quattrocento, le Storie di San Gerolamo dipinte dal veneziano Lazzaro Bastiani. Ieri i visitatori al posto dei quadri hanno trovato le fotografie con l’annuncio “in restauro”.
Ancor maggiore la sorpresa di fronte alla quarantina di dipinti lasciati nelle sale ma incerottati. Cioè ricoperti, più o meno vistosamente, con sottili fogli di carta velina giapponese. Un modo per fermare l’eventuale distacco del colore in attesa di più approfondite verifiche. Il più famoso tra i quadri “velinati”(il termine tecnico è questo) è la Pala Montefeltro di Piero della Francesca, caposaldo della pittura mondiale, “sequestrato” a Urbino ai primi dell’Ottocento dagli agenti di Napoleone e portato a Milano per arricchire la nascente “Grande Brera” imperiale.
Tra gli altri dipinti su tavola a rischio, e intanto curati con i cerotti, figurano la Madonna con il bambino di Giulio Campi, il San Gerolamo di Bartolomeo Montagna, una Madonna del Sampietrino, una Vergine con la crocifissione dell’Ortolano. Il condizionamento della Pinacoteca è governato da quattro motori, al servizio di trentotto sale. Che l’allarme sia scattato è un buon segno. Lo è meno il fatto che le sale non abbiano resistito a un clima sì rigido, ma non inedito per Milano. La notizia sembra aver colto di sorpresa la direzione di Brera, che ancora ieri sera non aveva diffuso alcun comunicato ufficiale.
È la prima brutta notizia che turba il lavoro di James Bradburne, l’effervescente direttore manager anglocanadese al vertice di Brera, dal Palazzo Strozzi di Firenze, in seguito alla riforma Franceschini. «Tutta colpa di un terremoto climatico, ma non è successo nulla di irreparabile» minimizza Bradburne.
«Abbiamo messo i quadri in sicurezza, il Bramante doveva andare comunque in restauro e lo anticiperemo, il museo è sotto controllo e nei prossimi giorni proseguirà il monitoraggio ». Il direttore, impegnatissimo, e finora con successo, nella promozione di Brera, teme le accuse di scarsa attenzione alla tutela del patrimonio: «Ma non è così, la tutela è la nostra priorità».
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