DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Feminine power
the divine
to the demonic
BRITISH MUSEUM
Great Russell Street, Londra WC1B 3DG
fino al 25 Settembre 2022
Antonio Riello per Dagospia
Le leggendarie collezioni del British Museum annoverano talmente tanti oggetti che il museo può produrre, quasi in continuazioni e senza troppi sforzi, mostre sostanziose e capaci allo stesso tempo di adeguarsi agli esigenti dettami delle mode culturali.
FEMININE POWER, curata da Belinda Crear, rappresenta pienamente questo genere di situazione: è infatti una dotta e appagante lettura antropologica della Sacralità dal punto di vista femminile.
La ricca griglia storico-geografica non tralascia in pratica nessun aspetto della faccenda. Presenti anche dei frammenti di Arte Contemporanea: una aggressiva "LILITH" 1994) di Kiki Smith (bronzo in prestito dal Metropolitan Museum di New York), un bel disegno di Judy Chicago, un magnifico pastello di Paula Rego e una sgargiante Bollywoodiana "KALI" (2022) fatta appositamente dall'artista bengalese Kaushik Ghosh. Un
La prima sezione, "Creation & Nature" illustra i miti della creazione. Dall'India la generosa ma pericolosa dea Lakshmi. Le classiche dee Mediterranee Demetra e Persefone.
Una esplicita statuetta, Sheela-na-gig, legata alla mitologia celtica, che offre bene in vista la propria vulva allo spettatore. Curiosamente questo genere di sculture di piccole dimensioni presenzieranno per parecchi secoli (e abbastanza disinvoltamente) all'interno e all'esterno delle chiese Cristiane in Irlanda e nel Galles (Gustave Courbet con la sua "Origine del Mondo" sembra aver avuto dunque parecchi predecessori....). Le colorate divinità creatrici delle acque note in Africa Occidentale come Mami-Wata invece passano con gli schiavi l'Atlantico e diventano parte dei complessi ed inclusivi rituali Caraibici.
"Passion & Desire", la parte successiva, ha il suo corporeo epicentro nelle civiltà Mesopotamiche. Nel novero dei pezzi notevoli anche la cosiddetta "The Queen of The Night", una celebre raffigurazione in altorilievo della dea Ishtar. L'Afrodite (Venere) della mitologia classica fa ovviamente la sua bella parte. Gli spiriti-corpi del Tantra Indiano anche. Dalla Bolivia le bellissime maschere della mistica creatura China Supay, sono quelle usate nei festeggiamenti danzanti della "Diablada" (un nome molto suggestivo oltre che esplicativo).
"Magic & Malice": donna e peccato (e non solo quello "originale"). E' la volta dei racconti biblici con Eva e la sua misteriosa ed affascinante rivale Lilith (consacrata alla notte e alla Luna è un personaggio associato alla paura nella tradizione Ebraica).
Gli Aztechi credevano in una creatura ambigua e feroce, Chiuateted, protettrice delle donne morte di parto. Nell'isola di Bali una quasi-diabolica dea danzante è la fantasmagorica Rangda. Il passaggio verso le streghe e i malefici viene naturale: dalla Hekate Greca che sovraintende l'Aldilà alle pratiche magiche delle fattucchiere il passo è breve.
Il British Museum ecumenico (e soprattutto sempre con l'ansia di esser accusato di aver escluso qualcosa o qualcuno) dà ampio spazio perfino al movimento Wicca, ovvero ad una associazione di "Streghe" contemporanee che ha una sua significativa presenza nel mondo Anglosassone.
"Justice & Defence" ha a che fare con divinità spietate e guerriere come Sekhmet, adorata (e temuta) dea Egizia dalla testa leonina. La saggia Athena (Minerva) non potrebbe mancare ovviamente. L'inquietante dea Kalì, tradizionalmente legata al Bengala e all'India dell'Est, sa certamente farsi rispettare, ma la sua cattiva fama è dovuta probabilmente soprattutto ai racconti coloniali Britannici, genere Rudyard Kipling.
In Italia il suo feroce culto è stato reso popolare dai libri di Emilio Salgari.
L'ultima parte, "Compassion & Salvation", celebra le dee protettrici e finalmente l'atmosfera inizia ad essere un po' piu' rassicurante. Spadroneggiano, esempi di consolazione, la dea Iside (di origini Egizie ma poi una presenza molto comune in tutto il Mediterraneo orientale) e la Vergine Maria. La figura della Madonna viene vista sotto diversi punti di vista culturali e religiosi, c'è anche chi la vede (in una prospettiva storica) come un rimpiazzo di successo dei culti precristiani di Iside. La vicenda delle affascinanti "Madonne Nere" è comunque affrontata (ma forse non abbastanza approfondita).
Un posto a parte la vicenda della Virgen de Guadalupe: la prima apparizione mariana nel Nuovo Mondo (avvenuta in Messico nel 1531) che dà origine ad un culto tuttora vivacissimo nel mondo dell'America Latina dove convivono tranquillamente robusti elementi Cattolici e sottili reminiscenze precolombiane.
Ad ogni sezione è affiancata un'ospite che commenta ad alta voce (proiettata su molteplici video disseminati nelle sale) il rapporto tra i manufatti in mostra e le rivendicazioni femminili (fino alle teorie del femminismo post-contemporaneo). L'approccio è senz'altro inedito e stimolante.
sheela na gig tradizione celtica.
Le relatrici sono di grande rilievo culturale ed accademico: Bonnie Greer, Mary Beard, Elizabeth Day, Rabia Siddique, Deborah Frances-White. C'è però un problema, non certo di merito ma piuttosto di modalità espositiva: le voci delle commentatrici rimbombano ovunque con un volume eccessivo e le loro ubique apparizioni danno corpo ad un atmosfera orwelliana onestamente non proprio piacevole. Ci si sente perfino un po' storditi all'uscita.
La propaganda strombazzata, anche se di valori condivisibili, meritevoli e rilevanti, finisce paradossalmente per respingere più che attirare. Molto curioso che i movimenti di liberazione (qualsiasi essi siano) finiscano troppo spesso per adottare proprio gli stessi metodi degli oppressori (anche dei più biechi).
culto mariano nel mondo islamico
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