DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
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Sotto il tendone rovente al centro dei Giardini della Biennale, in una Laguna calda e appiccicosa che ha fatto togliere la giacca all'algido Koolhaas ( eppur suda!) la Fundamental Biennale di Architettura ha sparso moltissimi premi.Più del solito. Menzioni e Leoni. Ex aequi e omaggi. Ha celebrato una signora di nero vestita dall'aria decisa ed energica ( Phyllis Lambert) ribadendo il principio che non è architetto chi progetta edifici ma anche chi costruisce persone e menti. E lei, grande mamma di tutti gli architetti, che ha aiutato all'epoca Mies van der Rohe ad edificare il Seagram Building e ,in tempi più recenti, ha fondato e guidato scuola&archivio celebri nel mondo, ha innalzato il Leone d'oro alla carriera sotto i flash dei fotografi come una consumata star.
Il miglior padiglione lo ha vinto la Corea .E una folla di coreani curatori si è riversata entusiasta sul palco travolgendo la giuria (di non-architetti) e l'esile ministro Franceschini che ha premiato in questo caso un desiderio di riunificazione, l'idea di progettare un padiglione per entrambe le Coree e la multimediale rappresentazione fatta di video-mostre-disegni-memorie di un paese tagliato in due metà. Insomma come è scritto nelle motivazioni “ una ricerca che supera i confini dell'architettura e guarda alla realtà geopolitica”.
Si sono duplicati i Leoni d'Argento. E uno è andato in Cile per un padiglione di grande forza scenografica che immortala il pannello di cemento prefabbricato: già simbolo di rovina contemporanea. L'altro invece è rimasto in patria, qui nelle Corderie di Monditalia in quella Milano Due dove si mescolarono urbanistica e tv, potere e vita quotidiana o, come è scritto per mano dei giurati “ dimostrazione di quanto il potere dei media possa occupare altri spazi sociali sia fisicamente che polticamente”
E poi... una valanga di menzioni speciali che lascia il sospetto che la giuria non fosse molto omogenea e deve aver discusso parecchio prima di decidersi. Perchè il rigore della Francia che ha egregiamente risolto il tema “Absorbing modernity” sotto la ferma guida di un commissario storico della modernità quale Jean Louis Cohen non ha molto a che fare con la messa in scena divertente e spettacolaredel padiglione Russo che ha costruito una finta fiera dell'edilizia dove performer vendevano pezzi di decorazione e di stili della tradizione. Mentre l'ottimo Canada indaga socialmente e urbanisticamente la zona artica dimostrando che nelle periferie del mondo il moderno non ha costruito città ma solamente edifici, basi militari, baracche funzionali, porti che spuntano nel nulla dei ghiacci.
padiglione Canadapadiglione Cile
E con la sensazione che i padiglioni sono questa volta la vera ossatura e il punto di forza di questa Biennale il pubblico si allaccia le scarpe e comincia a trottare dalla Corea al Cile, dal Kuwait a Taiwan ovvero dai Giardini all'Arsenale, da San Marco Vallaresso alle Zattere. Il mondo a Venezia da oggi apre le porte.
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