stadi chiusi

APRITE GLI STADI - BARBANO (''CORRIERE DELLO SPORT''): C’È PIÙ CARICA VIRALE SUGLI SPALTI DI UNO STADIO O IN UNA METROPOLITANA, IN UN AUTOBUS, IN UN TRENO, IN UN AEROPORTO, IN UN SUPERMERCATO? SI DIRÀ: LO SPORT È UN OPTIONAL, E NON UN BENE O UN SERVIZIO PUBBLICO ESSENZIALE. MA UNA RISPOSTA COME QUESTA VALE IN UN’ECONOMIA DI GUERRA. ALLORA LA DOMANDA DIVENTA UN‘ALTRA: NOI SIAMO IN GUERRA?''

 

Alessandro Barbano per il ''Corriere dello Sport''

 

STADIO OLIMPICO TORINO CHIUSO PER CORONAVIRUS

Ragioniamo a mente fredda: c’è più carica virale sugli spalti di uno stadio o in una metropolitana, in un autobus, in un treno, in un aeroporto, in un supermercato? Per rispondere a questa domanda non serve un virologo. Basta un cittadino comune, o un politico, che, di questi tempi, è la stessa cosa. E la politica ha risposto chiudendo gli stadi, e non anche tutto il resto. Si dirà: lo sport è un optional, e non un bene o un servizio pubblico essenziale. Ma una risposta come questa vale in un’economia di guerra.

 

Allora la domanda diventa un‘altra: noi siamo in guerra? A giudicare dagli scaffali vuoti di alcuni supermercati di Milano e dai cittadini con la mascherina in fila davanti alle casse sembrerebbe che sì, ci sentiamo in guerra. Quando una democrazia reagisce agli attacchi entrando in guerra, rinuncia a molte cose. Per esempio al calcio.

 

alessandro barbano

   Si dirà ancora che il nemico è acerrimo e infido, perché si nasconde dietro un misterioso e inafferrabile paziente zero. E che, se ha già fatto tre vittime e 26 ricoveri in rianimazione su 150 contagiati, non si può chiamarlo “influenza”. Davanti a questa evidenza scientifica non resta che alzare le mani. Lo ha fatto anche il presidente del Coni, Giovanni Malagò, rimettendosi alla decisione delle autorità. Ma una domanda, alle stesse autorità, ci sia consentita.

 

Se chiudere le mura di interi centri abitati e inseguire la presunta catena del contagio umano non sono serviti a stanare e circoscrivere il virus, perché quello ti sguscia da ogni dove, non dobbiamo dotarci di una strategia più chirurgica e socialmente meno invasiva? I piani di prevenzione e di contrasto non possono avere un prezzo sociale ed economico più alto della loro stessa efficacia sanitaria. Il prezzo di un Paese che chiude rischia di fare più grande l’emergenza.

 

    Ragionate a mente fredda, uomini delle istituzioni, quando, oggi, deciderete se continuare a fermare il calcio in tutte le aree dove il Coronavirus si allarga, cioè ormai in gran parte del Paese. Non cedete alla tentazione di piegare il pericolo al gioco della competizione politica, o di farne il paravento dei vostri irrisolti conflitti. E non nascondetevi dietro il parere degli scienziati, peraltro non univoco.

tifosi con la mascherina allo stadio olimpico

 

Le misure che adotterete sono politiche, e toccano a voi. Dovete assumerle con la responsabilità e il coraggio di chi cerca un difficile punto di equilibrio, non con la preoccupazione di precostituirvi un alibi di fronte al rischio di un’epidemia che dilaga. Il calcio, lo sport non sono ostacoli da saltare, né vittime sacrificali da esibire, ma alleati per difendere la qualità della vita civile in un momento difficile. Proteggeteli.