FORMULA CRASH - BIANCHI PEGGIORA, IL CIRCUS DELLA F1 SI INTERROGA SULLA SICUREZZA - ALONSO: SÌ ALLE MONOPOSTO CHIUSE PER PROTEGGERE LA TESTA DEI PILOTI - VALENTINO ROSSI CONTRO LA DIREZIONE DI GARA: “AVREBBERO DOVUTO FERMARE LA CORSA. PERCHÈ ERA LÌ QUELLA GRU?”

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Marco Mensurati per “la Repubblica

 

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Ora dopo ora, dalla terapia intensiva dell’ospedale di Yokkaichi, in Giappone, arrivano notizie sempre peggiori sullo stato di salute di Jules Bianchi. La situazione, apparsa subito gravissima dopo l’incidente di domenica scorsa, adesso è talmente disperata che la notte è a rischio. Qualche cinico, nei mille capannelli, addirittura glielo augura: i danni cerebrali subiti sono terrificanti.

 

A Sochi, dove lo spettacolo deve continuare, c’è una luce scintillante, di mare, e il cielo che sembra di smalto è l’unica cosa bella di una giornata in cui tutti vorrebbero essere altrove. Il clima è quello degli incubi: erano vent’anni che la F1 non viveva momenti come questi, e un senso di immortalità si era ormai impadronito di tutti. Un’illusione. E così un nuovo, sconosciuto pudore si è impossessato delle parole e dei pensieri del paddock.

 

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Sarà un caso, ma per la prima volta da anni, la conferenza stampa di presentazione della gara di domenica, non è il solito ricettacolo di luoghi comuni e banalità. Cosa stiamo qui a fare? Cosa ci spinge a rischiare la vita? si chiedono oggi i piloti. E la cosa bella è che si rispondono: «Siamo qui a condividere la nostra passione per la competizione – dice Sebastian Vettel, il neo ferrarista – e siamo pure fortunati perché possiamo farlo guidando le macchine più veloci del mondo, le migliori. Però è vero, c’è sempre qualche rischio connesso a tutto questo. Anzi, parecchi rischi. Ma forse è proprio tutto questo pericolo che ci dà quella sensazione che ci fa sentire vivi».

 

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Alonso, l’uomo cui Sebastian ha appena soffiato il posto in Ferrari, ascolta e annuisce. Di Bianchi, lui, era amico personale, a Maranello giocavano a ping pong, andavano in bicicletta, si sfidavano ai giochini della “mind room” Ferrari, quelli per aumentare reattività e visione periferica. E adesso, pensarlo intubato in quel letto, gli stringe il cuore. E anche pensare a se stesso, domani, chiuso dentro una Ferrari a far finta di voler correre. «Andrò in pista per lui – promette con una faccia che fa impressione – cercherò di essere il più professionale possibile, ma la testa sarà lì, con Jules».

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Però qualcosa deve cambiare: «La Fia dovrebbe testare l’idea del cupolino per le monoposto. Siamo nel 2014, abbiamo la tecnologia per una cosa del genere, sugli aerei funziona. Quasi tutti gli incidenti del motorsport degli ultimi anni hanno causato danni alla testa, quindi evidentemente quella è una parte in cui la sicurezza non è al top. Io stesso nel 2012 a Spa potevo morire. Mi sono salvato per una decina di centimetri».

 

VALENTINO ROSSI CADUTA VALENTINO ROSSI CADUTA

L’idea del cupolino fu bocciata già una volta nel 2011: non era così sicura, si disse. Ostacolava l’estrazione rapida del pilota in caso di incidente (deve avvenire in 5 secondi) e causava problemi in caso di incendi o fumo. Però l’impressione è che quelle valutazioni furono un po’ frettolose, dettate più da una resistenza culturale che altro, come spiega Vettel: «La F1 si è sempre fatta con le macchine aperte, non so se mi piacerebbe il cupolino. Però al momento preferisco non avere opinioni».

 

VETTEL VINCE IL GRAN PREMIO DEL CANADAVETTEL VINCE IL GRAN PREMIO DEL CANADA

Chi ce l’ha, un’opinione, è Valentino Rossi che da Motegi si scaglia contro la direzione di gara: «Avrebbero dovuto fermare la corsa. E la gru non doveva essere lì» ha detto il pilota prima di farsi fotografare davanti alla scritta “forza jules #17”. Una delle tante iniziative di supporto che in queste ore stanno comparendo in serigrafia su caschi e livree. Anche su quella della Marussia di Chilton. L’altra Marussia, quella di Bianchi, invece, non sarà in pista. Nessun terzo pilota. E’ stata iscritta alla gara come da regolamento, ma rimarrà nei box, col motore spento.